venerdì 8 novembre 2013

Aurora: sul viale del cinema e del tramonto

Aurora è un quartiere della VII Circoscrizione di Torino, molto vicino al centro storico cittadin, delimitato a nord da corso Vigevano e da corso Novara, a est dal fiume Dora Riparia, a ovest da corso Principe Oddone e a sud da corso Regina Margherita.
Il quartiere occupa oggi entrambe le rive della Dora Riparia nella parte bassa della città e si caratterizza per cinque nuclei nettamente distinguibili: il rione di Valdocco, particolarmente conosciuto per il santuario di Maria Ausiliatrice, il rione di Borgo Dora, l'abitato antico, individuabile nella zona dove si sviluppa il più popolare Mercato delle Pulci di Torino, (comunemente chiamato Balon e ospitato nelle strade attorno alla via San Giuseppe Benedetto Cottolengo), il rione di Porta Palazzo, sede del più grande mercato scoperto cittadino nonché, secondo molte statistiche, dell'intera Europa, ospitato in Piazza della Repubblica; il Borgo Rossini, zona prevalentemente di vecchia edificazione cresciuta con un mix fra residenza ed attività industriali, artigianali e commerciali che si va ridefinendo senza discontinuità traumatiche e il quartiere Porta Milano che gravita attorno alla storica Stazione di Torino Porta Milano, oggi sede del Museo Ferroviario Piemontese. A questi si aggiunge l'area della prima e seconda industrializzazione della città, racchiusa nel triangolo tra corso Vigevano, corso Giulio Cesare e la Dora.

Aurora è un quartiere ricco di edifici che attestano le molte trasformazioni subite dalle borgate che lo compongono nel corso di oltre tre secoli. Restano alcune tracce delle canalizzazioni e delle officine azionate dall'energia idraulica e gli edifici industriali testimoniano i mutamenti avvenuti nelle aziende dall'inizio del secolo. Dal tardo Medioevo, lungo un canale derivato dalla Dora e attualmente coperto, e che prese il nome di canale dei Mulini, si stabilì un primo nucleo di opifici dotati di ruote idrauliche. Esso prese consistenza tra il Seicento ed il Settecento insieme all'abitato fuori dalla porta Doranea (corrispondente circa all'attuale piazza della Repubblica). Nel borgo Dora avevano sede concerie, battitori da panno, peste da canapa e da olio; su essi dominava il grande complesso dei Molassi, i più importanti mulini per granaglie della città, di origine medioevale, ristrutturati nel Settecento. Vi erano inoltre due setifici, costruiti alla fine del Seicento, considerati come le prime industrie del Regno Sabaudo, di cui oggi non rimane traccia. Infine, qui sorgeva la Regia Polveriera, oggi trasformata in Arsenale della Pace, a cura del Sermig. Nel 1964 infatti, su iniziativa di Ernesto Olivero (bancario torinese), viene fondato a Torino il Sermig (Servizio Missionario Giovani), con l'obiettivo di aiutare i bisognosi in città. Nel 1983 il Sermig decide di investire sul quartiere che sta lentamente diventando uno dei simboli dell'immigrazione extracomunitaria e in particolare trasferisce la sua sede nel cosiddetto Arsenale della Pace: originariamente un'antica fabbrica di armi in disuso, dal 1983 grazie anche al lavoro gratuito di tanti giovani che credono nel progetto di Olivero, si trasforma in una sorta di monastero metropolitano aperto 24 ore su 24, punto di riferimento per i bisognosi in città.


Storico quartiere popolare, ricevette un intenso fenomeno di inurbazione dalla fine del XVIII secolo, in particolare sotto il regno del re di Savoia Vittorio Amedeo III. Intenso sviluppo ricevette anche durante gli anni della grande industrializzazione torinese (confinando tra l’altro con altri borghi tipicamente protoindustriali e popolari, come Vanchiglia – vedi itinerario Vanchiglia).
Nel 1850 Borgo Dora contava più di 20.000 abitanti, per gran parte operai, tanto da essere considerato il quartiere operaio più grande di Torino. Sul finire degli anni ottanta il quartiere, a forte impronta industriale, comincia un declino di residenti in concomitanza con la chiusura di molte fabbriche (su tutte la Fiat Grandi Motori di via Cuneo). Giocano sul destino del quartiere le dismissioni di imponenti fabbriche nei quartieri confinanti, soprattutto in Borgata Vittoria e San Donato. Negli anni ottanta viene chiusa anche la stazione di testa della ferrovia Torino-Ceres (stazione di Torino Porta Milano di corso Giulio Cesare), arrestando il capolinea alla stazione di Torino Dora GTT. Il quartiere è ad oggi a forte presenza extracomunitaria, così come i vicini quartieri di Barriera di Milano e di Vanchiglia.

Il primo percorso in Aurora parte di fronte alla chiesa di San Gioacchino, nata in sostituzione dell'antica chiesa parrocchiale del Balon dedicata ai SS. Simone e Giuda ed edificata su progetto dell'architetto Carlo Ceppi tra il 1876 ed il 1882. Semidistrutta da una bomba durante la seconda guerra mondiale (bombardamento del 13 luglio 1943), venne ricostruita nel 1946. È a tre navate, divise da colonne in marmo "rosso di Verona"; l'altar maggiore presenta un baldacchino di marmo; a capo delle navate laterali sono state ricostruite le Cappelle, rispettivamente dedicate al S. Cuore di Gesù ed al Cuor di Maria; il gruppo ligneo di "San Giuseppe e Gesù Bambino" è del Meissner (val Gardena), il pulpito in legno scolpito è dell'architetto Baiano. Gli affreschi della "Via Crucis", danneggiati, sono stati restaurati nel 1952 dal prof. Emilio Fiorio.

Proprio difronte al 15 di corso Giulio Cesare si trova Porta Milano: stazione rosso chiaro e beige, con una simmetrica facciata decorata con timpani neo-classici e liberty; un tempo stazione terminale della ferrovia Torino-Ceres, a collegamento delle Valli di Lanzo con il centro cittadino,  ospita oggi la sede distaccata del Museo Ferroviario Piemontese e l'officina manutentiva dei rotabili del Gruppo Torinese Trasporti.


Poco più avanti verso Nord, il Ponte Mosca è un ponte in pietra sulla Dora Riparia edificato tra il 1823 ed il 1830; sostituiva un vecchio e non più funzionale ponte in legno e prende il nome dall'architetto Carlo Bernardo Mosca che ne curò il progetto. Questo ponte che certamente rappresenta l'opera architettonica più ardita della Torino ottocentesca, è lungo 50 metri, ha una sola campata ed un arco fortemente ribassato. Per la sua realizzazione occorse modificare l'alveo della Dora Riparia nel tratto in prossimità del ponte e predisporre una particolare armatura che ne evitasse il crollo.


Proseguendo sulla ciclopedonale lungo la Dora, all’altezza della stazione GTT Dora di via Fiocchetto si incontra prima un enorme murales tatuato in bianco e nero sulla facciata di un palazzone in mattoni anni trenta e poi si prende corso XI Febbraio per raggiungere al 15 di via Fiocchetto il Centro Culturale Dar al Hikma, che in arabo significa Casa della Sapienza e che risponde in modo vario e complesso alla crescente domanda di servizi culturali e sociali a Torino da parte dei numerosi associati e dalla comunità immigrata di cultura araba e mediorientale in senso più generale. Il centro ha una duplice missione: da un lato far scoprire una modalità di approccio alla vita secondo ritmi più attenti al benessere della persona, attingendo a ciò che di meglio si può trarre da due culture diverse ma complementari come quella araba e quella italiana, contestualmente poi si vuole offrire assistenza a coloro che sono da poco tempo in Italia e che potrebbero avere bisogno di aiuto pratico e immediato per esempio grazie allo sportello assistenza immigrati Extrainforma dell’Ufficio stranieri del comune di Torino ed altri sportelli della VII Circoscrizione comunale ospitati all’interno del Centro.

Presso il Centro si trova un Hammam totalmente ristrutturato, luogo di benessere ma anche di incontro sociale, un ristorante che propone pranzi veloci a mezzogiorno e più sofisticati la sera con uno chef specializzato in cucina italiana e araba, una piccola caffetteria chiamata Il Caffè dei giornalisti, realizzata sul modello dei caffè orientali (con arredi che provengono infatti dal Marocco e non sono servite bevande alcoliche) e così denominato in virtù del legame con l’omonima associazione culturale di Torino, una biblioteca, l’emeroteca e una sala di lettura oltre che un’aula per lezioni e piccoli incontri specialistici.


Prima di ritornare su una delle arterie del quartiere, corso Regio Parco, si può dare un’occhiata veloce alle Torri Rivella all’incrocio tra il lungo Dora e corso Regio Parco: la coppia di edifici, amabilmente soprannominati "zuccheriere", prende il nome dal committente Francesco Rivella, che vi aveva trasferito la sede del suo noto atelier di pellicceria frequentato da una clientela di livello internazionale. Con la propria attività imprenditoriale Rivella portò siginficative innovazioni nel settore della pellicceria introducendo la tintura delle pelli di castoro nei colori al tempo più popolari e ricorrendo in modo massiccio alla pubblicità per promuovere i propri prodotti. I due edifici furono progettati nel 1929 dall'architetto Eugenio Vittorio Ballatore di Rosana, uno dei protagonisti del Liberty torinese noto per la sua esperienza in grandi strutture sportive grazie alla realizzazione dello Stadium e del Motovelodromo Fausto Coppi. Nelle Torri Rivella è stato riconosciuto l'intento di reinterpretare il concetto ottocentesco di accesso dei boulevards urbani (in questo caso corso Regio Parco), come già sperimentato nella stessa Torino in via Roma-piazza Carlo Felice e corso Gabetti. “È altresì nota la volontà di creare un'opera altamente simbolica e riconoscibile ma, al tempo stesso, capace di inserirsi in un contesto architettonico complesso, caratterizzato dalla vicina cupola guariniana del Duomo e dalla celeberrima Mole Antonelliana.”
Entrambi gli edifici contano otto piani fuori terra e i prospetti sono scanditi da fasce di intonaco grigio e laterizio rosso e si sviluppano su posizione angolare facendo della loro speculare simmetria il punto di forza. Pur assomigliandosi, sono in realtà molto diversi e differiscono prevalentemente nell'impianto decorativo di chiaro gusto Déco, nonché nel trattamento di spigoli e nella morfologia dei pinnacoli del corpo centrale.

Seguendo verso sinistra corso Regio Parco, si raggiunge il complesso ex Ceat, ora con uffici ENI (ex-Italgas), dalle forme razionali, grigie e marmoree. Il processo di deindustrializzazione che ha visto "scomparire" dal territorio urbano molte aziende manifatturiere ha liberato in questi anni notevoli spazi. Uno di questi, rappresentato dall', è stato utilizzato per realizzare abitazioni ed uffici.
Insieme a quello effettuato presso il Basic Village, l’intervento con cui ex fabbrica di pneumatici della Ceat è stata trasformata in uffici e abitazioni rappresenta la più significativa "modifica" dell'assetto urbanistico del quartiere. Da luogo di grande produzione materiale questa zona di Corso Regio Parco è diventata residenziale, ospitando però anche attività del terziario. Il risultato della trasformazione di quest'area, i cui lavori sono durati dal 2005 al 2008, sono 60 loft di varie dimensioni e 12 "ville urbane" realizzate sui tetti. La superficie complessiva degli spazi ricavati è di 13.500 mq, equamente divisi tra uffici e abitazioni. “La grande qualità dell'intervento di riqualificazione dell'edificio ha permesso di mantenere intatta la struttura originaria e di "alleggerire" la sua imponente presenza grazie all'accorto uso di colori e materiali. L'intervento ha utilizzato soluzioni tecniche innovative (uso dell'acqua di falda per rinfrescare l'edificio durante il periodo estivo; pareti ventilate con rivestimenti in Alucobond e vetrate basso-emissive dotate di paratie regolabili elettricamente).” La realizzazione è avvenuta ad opera dell’azienda di costruzioni DE-GA S.p.A. che è poi diventata anche partner dell'operazione immobiliare.


Passeggiando attraverso il vialetto pedonale a schiena d’asino di corso Regio Parco, fatto di ciottoli, panchine e alberi, l’atmosfera cambia e sembra quasi di trovarsi in un boulevard alberato parigino solo un po’ più stretto. A questo punto le deviazioni consigliate sono due: in via Parma, 33 (subito dopo via Foggia) si può vedere l’intervento dell’artista fiorentino Vittorio Corsini, curato da Francesca Referza per i due studi torinesi di architettura BSA (Bottega Studio Architetti) e Giacosa-Palitto (giacosapalitto): una palazzina la cui facciata è stata trasformata grazie a una “pelle” in acciaio corten e in cui i quattro balconi fungono da elementi poetici. Ognuno recita parole diverse: UNO-ODO, DUE-SENTO, TRE-ASCOLTO e nel quarto I GOT IT. L’illuminazione serale bianco-latte evidenzia le scritte sulla facciata scura. “Si tratta del primo intervento di un progetto la cui firma distintiva sarà costituita proprio da una “seconda pelle” d’autore che rivestirà gli edifici degradati della città riqualificandoli sotto il profilo estetico”; poco prima, infatti, una casa ad angolo con un giardino al posto del tetto e una trama d’acciaio a nido d’ape al posto delle pareti esterne.

Per la seconda, occorre svoltare in via Pisa e percorrerla quasi tutta fino a incontrare via Bologna: qui infatti è statto fissato un nuovo tassello del progetto Nuvola, sotto la guida Lavazza. Il nuovo quartier generale di uno dei marchi che hanno fatto la storia del caffè italia­no sorgerà in quella che è stata ribattezzata come la prima "smart street" italiana con spazi verdi, impianti di illuminazione led a basso consumo, panchine, rastrelliere e connessio­ne wi-fi libera.
Il nuovo centro direzionale Lavazza raggrupperà 500 dipendenti torinesi, re­cuperando così parte del complesso storico dell’area che ospitava la vecchia centrale elettrica Enel. Il progetto complessivo prevede una riqualificazione da 19mila metri quadri firmata dagli architetti Cino Zucchi e Cristiano Picco. Oltre 2.500 saranno destinati all’attività didattica, ad esposi­zioni, conferenze e laboratori.
Dal 4 ottobre è già attiva al n° 5 la nuova sede la nuova sede di IAAD, Istituto d'Arte Applicata e Design di Torino, nella parte già ristrutturata (la prima) sempre nel progetto di Cino Zucchi e Cristiano Picco di quello che diventerà il centro direzionale Lavazza. Con l’occasione dell'inaugurazione della nuova sede sono organizzate anche due mostre: una dedicata ai progetti degli studenti IAAD, con lavori per Poltrona Frau e Lamborghini; e una mostra di Lavazza sul progetto Nuvola per la riqualificazione del Quartiere Aurora.


Si ritorna su corso Regio Parco e precisamente nella rotonda all’incrocio con corso Verona, ma si rimane in ambito artistico con il tram stanziale del progetto Diogene, dove ha sede la Residenza Bivaccourbano che si pone all’interno del panorama di residenze internazionali e diventa in tal senso una sorta di botte di Diogene, nella quale l’abbandono di tutto ciò che è superfluo lascia spazio alla pratica del fare, della pratica e della riflessione tra artisti.
Il progetto Diogene Bivaccourbano intende favorire lo scambio e la mobilità degli artisti, riducendo le strutture dedicate a tale scopo a pochi elementi essenziali, individuando e avvalendosi della rete preesistente di servizi pubblici di Torino, al fine di limitare i costi e convogliare le risorse nella realizzazione di una struttura abitativa essenziale, evitando la costruzione e la gestione di sistemi permanenti complessi.
Il programma Diogene Bivaccourbano può ospitare da uno a tre partecipanti che verranno selezionati da una commissione formata dagli artisti componenti del progetto Diogene. Il periodo di residenza ha una durata massima da sei a nove settimane e l’organizzazione offre ai partecipanti tutto il supporto logistico ed economico necessario per la realizzazione del proprio progetto e lavorerà alla creazione di una rete di relazioni con le istituzioni e i soggetti dell’arte contemporanea.
Gli artisti invitati, durante la permanenza in città, risiedono quindi all’interno del bivacco (Tram) progettato e costruito dal gruppo Diogene e hanno a disposizione un kit che garantisce l’autosufficienza del modulo abitativo (un pannello fotovoltaico a 12 volt, una stufa e un fornello a gas, un wc chimico-portatile, doccia), una mappa della città con le indicazioni dei servizi esistenti.

Poco oltre a sinistra la struttura gialla a ponte è il Basic Village, sede del gruppo BasicNet, che è stato il primo esempio di un grande intervento di riqualificazione di una fabbrica nella zona Nord di Torino. La costruzione dell'edificio industriale originario (dove lavoravano i telai del vecchio Maglificio Calzaturificio Torinese), avvenuta a più riprese tra gli anni Trenta e Cinquanta del secolo scorso, rispetta i tipici canoni delle costruzioni industriali del tempo. La struttura comprende oggi 20.000 mq di esercizi commerciali, bar, ristorante e altre attività con una singolare l'interpretazione  dei piani alti dell'edificio, dove sono stati ricavati spazi verdi. All'interno del suo perimetro sono stati anche ricavati alcuni loft e uffici.

Prima di girare in via Padova e inoltrarsi nel cuore storico del quartiere, si può osservare sulla sinistra, poco dopo il Basic Village, l'edificio ideato dall'architetto Carlo Pession su commessa dello studio specializzato in marchi e brevetti Jacobacci&Partners dove un tempo sorgeva un'officina artigianale con annessa abitazione.
In due fasi successive è stato realizzato sul lato verso il viale un edificio per uffici di sette piani ed un corpo più basso a "C" di tre piani fuori terra affacciato sul cortile interno. Caratteristica la posizione decentrata dei due ingressi: quello principale, rivolto verso la città, è coronato da una pensilina metallica a forma di onda che penetra all'interno dell'edificio ancorandosi alla colonna libera d'angolo. Con la sua leggera sporgenza la pensilina invade lo spazio della strada e contribuisce a segnalare la presenza dell' edificio. Attualmente l'edificio è sede del Centro Estero per l'Internazionalizzazione, organizzazione che si occupa di promuovere all'estero le imprese piemontesi.

Quasi all’angolo con via Padova, in via Cagliari al n° 42 si trova la “casa" del cinema di Torino: il Cineporto, anche se il nome corretto è Casa dei Produttori, la nuova sede del centro servizio della Film Commission Torino Piemonte che ha trovato collocazione nella la cittadella del cinema ospitata in un edificio dove si svolgeva l'attività imprenditoriale della famiglia Colongo. Il complesso è stato realizzato tra il 1908 e il 1915 su progetto di Giuseppe Momo. Dopo un lungo periodo di abbandono l'edificio è stato completamente recuperato, nel pieno rispetto delle caratteristiche e dell'identità dell'architettura originaria.
L'edificio si estende oggi su una superficie di 9.000 mq, suddivisi in 18 blocchi comprensivi di uffici per le produzioni ospiti (fino a 5 in contemporanea), sale costumi, attrezzeria, lavanderia, sala casting e una sala cinema (il Movie) che ospita conferenze, la visione dei giornalieri e proiezioni in 35 mm e Digital Video. La struttura è parzialmente aperta al pubblico. La Piola del Cine, ristorante tipico piemontese collocato al suo interno, offre ristoro ai lavoratori che occupano La Casa dei Produttori e alla gran mole di comparse e visitatori che quotidianamente transitano nell'edificio e organizza spesso cene a tema nell’ambito della cucina piemontese.


Il legame della zona con il cinema è dimostrato anche dalla presenza in via Mantova, 38 dell’ex-stabilimento Ambrosio, storico teatro di posa dell'Ambrosio Film, tempio del cinema muto costruito su progetto di Pietro Fenoglio nel 1911, che , ristrutturato, dal 2001 ospita il teatro L'Espace e la Compagnia Sperimentale Drammatica e la sua ricca programmazione, nonché importanti manifestazioni di respiro internazionale, rassegne e festival. Nel 1911 la casa di produzione Ambrosio decise di costruire nuovi impianti riadattando ad altri usi il vecchio stabilimento; il nuovo lotto è a poche decine di metri dal vecchio studio, compreso fra le vie Mantova e Modena e la riva della Dora. Il nuovo complesso, edificato da Pietro Fenoglio, appare concepito con buona conoscenza dei problemi tecnici, risolti con alcune brillanti soluzioni. Fenoglio imposta il gran teatro di posa con robusti pilastri di ferro a reggere le incavallature del tetto vetrato a due falde sormontato da un lucernario; il teatro, sopraelevato rispetto al terreno, sorge su un basamento in cemento armato, sotto il quale si trova uno spazio di uguali dimensioni, adibito a laboratorio e magazzino degli scenari, spazi collegati da un montacarichi che permette la comunicazione attraverso una botola. La palazzina destinata a ospitare gli uffici e alcuni laboratori tecnici era attigua al teatro di posa; affacciata su via Mantova, a due piani fuori terra, la costruzione presenta oggi una facciata inalterata dall’epoca di costruzione. Al di là di un ampio cortile, un altro corpo di fabbrica, affiancato su via Modena, ospita laboratori e garage; in fondo al cortile, un terzo fabbricato, a uso magazzino, collega le due ali del complesso. L’ampio spazio compreso fra i tre fabbricati è aperto sul quarto lato verso il fiume, da cui è separato solo da un argine erboso, fornendo in tal modo buone possibilità per le riprese in esterni.
Nella palazzina di via Mantova, al piano terreno erano collocati gli uffici di Ambrosio, Omegna, Frusta, Rodolfi e dello scultore Ridoni, quest’ultimo attiguo ad una stanza destinata ai pittori scenografi; al primo piano, spazi per gli operatori e i fotografi, e una piccola camera oscura per prova di sviluppo. Gli altri corpi di fabbrica ospitano, al piano terreno, officine e laboratori d’ogni tipo, mentre al piano superiore trovano posto il laboratorio di sartoria e il guardaroba, in comunicazione con i camerini e gli spogliatoi per gli attori e le comparse; attraverso una grande scalinata i camerini comunicano direttamente con il teatro di posa.
Lo spazio sottostante è stato rilevato recentemente, con i locali collegati, dalla Compagnia Sperimentale Drammatica - Teatro l'Espace, diretta da Beppe Bergamasco e Ulla Alasjärvi, e trasformato in un centro di spettacoli e di studi. Un’architettura industriale dei primi del Novecento, ora completamente ristrutturata con i contributi della Regione Piemonte, Comune di Torino, della Compagnia San Paolo e della Fondazione C.R.T. e trasformata nell’Espace, struttura polifunzionale adatta a rispondere alle più svariate tipologie di eventi e di pubblico.


Per una pausa supergolosa, il Bar Caffetteria Torre serve una delle granite siciliane piu buone di Torino da consumare in loco oppure all’ombra del viale alberato di Corso Regio Parco; i gusti top: mandorla e cioccolato.


Per uno spuntino etnico si può scegliere tra il ristorante marocchino El Andalus, all’interno del Centro Culturale Dar al Hikma di via Fiocchetto, 15, interessante soprattutto a pranzo offrendo un buffet con delizioso couscous di carne e verdure (ma è possibile scegliere tra varie carni, verdure e frutta), acqua e caffè a 7,50; oppure per il più raffinato e sontuoso, e altrettanto buono, ristorante indiano Gandhi al n° di 25 di Corso Regio Parco: uno dei miei preferiti di cucina indiana a Torino ed eletto qualche anno fa’ miglior ristorante indiano di Torino dalla Guida "I Ristoranti d'Italia 2013" - gruppo editoriale l'Espresso. 
Per una buona pizza napoletana, il locale è F.lli La Cozza in Corso Regio Parco, 39 all’interno del sopraccitato Basic Village; rimanendo nei pasti low cost, Aurora offre due trattorie popolari ed economiche: Trattoria Primavera in via Perugia, 19 che offre una cucina semplice e tradizionale con una buona scelta di piatti sardi (culurgiones, malloreddus, seadas, carne di cavallo alla griglia) e la Trattoria Bologna in via Bologna, 27 altrettanto semplice e popolare con piatti di derivazione piemontese (antipasti) e toscana (primi, carne e pesce).



Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti: 
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro
http://it.wikipedia.org/wiki/Aurora_(Torino)

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