mercoledì 26 marzo 2014

Mirafiori Sud: lungo i muri (della Grande Fabbrica) verso un castello (che non c’è più)


Mirafiori Sud (Mirafior Sud in piemontese) è un quartiere della periferia sud di Torino, che ne costituisce la X Circoscrizione.
Confina a nord coi quartieri Mirafiori Nord e Lingotto, a sud con Nichelino e a ovest con Beinasco attraverso il torrente Sangone e ad est con Borgo San Pietro (frazione di Moncalieri). Mirafiori deriva dal nome di un antico castello-reggia sabaudo, andato distrutto. Il quartiere fu poi noto soprattutto per l'impianto industriale della FIAT torinese, in passato molto produttivo, tanto che rese questa zona una delle più popolose della città.

Uno dei quartieri più vasti di Torino, tanto da costituire una Circoscrizione a sé, si può dividere in alcune principali macrozone: l'area occidentale, occupata principalmente dal Cimitero Sud, detto anche Cimitero Parco, che è anche il secondo cimitero della città, e dal raccordo della A55 di corso Orbassano; area stabilimento FIAT, compresa tra corso Orbassano, corso Tazzoli, corso Giovanni Agnelli, corso Unione Sovietica e via Carlo Biscaretti di Ruffìa, via Aristide Faccioli, via Plava, e via Gian Carlo Anselmetti, ed essenzialmente occupata solo da impianti industriali; area residenziale, chiamata il Villaggio, tra Via Biscaretti di Ruffia e Via Plava, nata negli anni sessanta come "Città Giardino" (nome poi assegnato ad un rione del confinante quartiere di Mirafiori Nord), in quanto inizialmente sorta con costruzioni basse, e via via popolata da alti palazzi, durante la crescita occupazionale della Fiat Mirafiori negli anni sessanta, microquartiere delle Cime Bianche, tra via Gian Carlo Anselmetti e corso Unione Sovietica e altro microquartiere compreso tra Corso Unione Sovietica, strada delle Cacce, Via O. Vigliani, Strada Castello di Mirafiori, vasta area verde del Parco Colonnetti, che comprende gli impianti sportivi del CUS Torino e quelli scientifici del C.N.R., sorto sui resti dell'antico Aeroporto di Torino-Mirafiori, altrimenti detto "Campo di Volo Mirafiori" o "Aeroporto Gino Lisa" e infine microquartiere Basse di Mirafiori, rione costituito da case basse e compreso tra via Artom e il confine coi comuni di Moncalieri (via Sestriere) e di Nichelino (torrente Sangone).

La parte occidentale del quartiere fu inizialmente popolata da alcuni insediamenti di una piccola comunità benedettina dell'Ordine cistercense di Staffarda del XIII secolo, presso quella che, qualche decennio dopo, da semplice Grangia diventerà una fortificazione, detta Castello del Drosso, sui confini con il vicino Comune di Beinasco, oggi ancora in buone condizioni.
“Mirafiori” invece, deriva dal Castello di Miraflores, oggi inesistente, quest'ultimo sorto intorno al 1580 sulle rive settentrionali del torrente Sangone, sui resti di una pre-esistente villa detta La Pellegrina, già proprietà di tal Emanuele Filiberto Pingone e rivenduta ai Savoia. Il Castello Miraflores fu quindi donato da Carlo Emanuele I alla sposa Caterina d'Asburgo e di Spagna nel 1585, da cui il nome in spagnolo. Intorno a tale reggia, si formò quindi un piccolo borgo, detto appunto di Mirafiori che nel corso degli anni è stato come inghiottito dai palazzi moderni che qui dagli anni ’50 hanno iniziato a costruire in modo intensivo. Dopo vari momenti di confronto con gli abitanti del quartiere, il Comune di Torino e la Circoscrizione 10 hanno avviato i lavori di riqualificazione per dare da una parte un nuovo volto moderno ma che contemporaneamente mantenesse la tradizione storica di questo incrocio di vicoli a sud di Torino e segnalasse quelli che erano un tempo le attività commerciali e istituzioni educative e culturali.
 
Coeva del borgo sopravvivono  su strada Castello di Mirafiori la cascina Cassotti Balbo (al civico 22) e  la Chiesa della Visitazione di Maria Vergine e di San Barnaba costruita nel 1617, per iniziativa di Vittorio Amedeo I.

La fondazione della chiesa e dell'annesso convento avvenne nel 1617, per iniziativa del duca Vittorio Amedeo I di Savoia. La chiesa nacque come esempio di stile barocco rustico con una facciata in ammattonato senza arricciatura. La pianta è a croce greca, composta da una navata centrale e da due cappelle laterali, quella sulla destra dell'ingresso dedicata a san Bernardo, mentre quella a sinistra a san Barnaba. Presso l'altare di quest'ultima venne sepolta la contessa di Mirafiori, Rosa Vercellana detta la Bela Rosin, il cui blasone venne dipinto sul soffitto. La chiesa venne eretta a parrocchia nel 1724. Una scossa sismica durante il terremoto del 1980 fece crollare il campanile della parrocchia, danneggiando inoltre seriamente parte del convento. Ad oggi è ancora sede di funzioni religiose, anche se sul retro è stata costruita una chiesa parrocchiale più moderna sempre dedicata a San Barnaba.

I poderi più antichi e le botteghe furono costruite lungo la Strada del Castello, delle quali, ad esempio, si attesta la morte di un panettiere durante la peste del 1599. Il Castello cominciò il suo declino già durante le incursioni francesi del periodo 1646-1706, mentre i Savoia decisero di costruire le loro residenze presso le attuali reggia di Venaria e la Palazzina di caccia di Stupinigi, quest'ultima un po' più a sud di Mirafiori. In questo periodo, proprio grazie alla nascente Palazzina di Stupinigi, venne costruito un enorme viale alberato che doveva collegare con il centro città, il cosiddetto "Viale Stupinigi", che diventerà l'attuale Corso Unione Sovietica; è infatti il corso principale che taglia in lunghezza l'attuale quartiere.
Nel 1867 poi, il conte Balbo donò alla comunità parrocchiale un terreno, dove fu possibile creare un piccolo cimitero nel 1876, di cui ne restano ancor oggi tracce tra corso Unione Sovietica e il torrente Sangone. Dal 1884 circa, anche una linea tramviaria raggiunse il piccolo borgo, attraverso una vaporiera della linee per Vinovo-Piobesi, che però verrà dismessa nel secondo dopoguerra.

Il Castello di Mirafiori quindi, cadde definitivamente in rovina sul finire del XIX secolo, ai tempi di Rosa Vercellana, soprannominata la "Bela Rosin", Contessa di Mirafiori-Fontanafredda e moglie morganatica di Vittorio Emanuele II. A causa dell'incuria, e soggetto continuamente alle esondazioni del vicino torrente Sangone, le rovine del Castello furono praticamente abbattute nel 1888-1890, periodo in cui fu completato l'adiacente Mausoleo dedicato alla Bela Rosin.
L’edificio, noto come il Pantheon di Mirafiori, per lo stile neoclassico che ricorda per la forma il Pantheon di Roma, luogo di sepoltura del marito Vittorio Emanuele II, fu costruito tra il 1886 e il 1888 su progetto dell'architetto Angelo Demezzi per volere dei figli di Rosa Vercellana per accogliere le spoglie della madre, più nota come la Bela Rosin. La pianta circolare ha un diametro di circa sedici metri e altrettanti di altezza. All’esterno, il frontone riporta le insegne dei conti di Mirafiori e il motto "DIO PATRIA FAMIGLIA".
Nel 1970 il Comune di Torino acquista il sepolcreto dall'ultima discendente di Rosa Vercellana, Vittoria Guerrieri Gromis di Trana e nel 1972 il parco fu aperto al pubblico. Dopo un periodo di abbandono e atti vandalici, i resti di Rosa Vercellana e dei suoi discendenti sono trasferiti al Cimitero Monumentale di Torino. Tra il 2001 e il 2005 sono stati realizzati i lavori di restauro dell’edificio e sono state apportate alcune modifiche: l'altare è stato spostato nella parte posteriore, il mosaico originale è stato sostituito con un parquet in legno, tranne che nelle nicchie, è stato realizzato un trompe l'oeil nella parte superiore, per ricordare il soffitto a cassettoni e l'apertura al centro della cupola è stata chiusa da una copertura in vetro sormontata dalla croce, a ricordo della destinazione originaria dell'edificio.

Nel 1906, proprio a Mirafiori nacque il primo ippodromo di Torino, nell'area dell'attuale Via Guala. In quell'epoca, fu il cuore di un’ippica di rango e di spessore, diretto da nobili come il conte Giuseppe Tarino do Gropello, il conte Vittorio Balbo Bertone di Sambuy, o il conte Enrico Marone Cinzano, ed ancora Federico Tesio, fino alla lunga permanenza nei consigli d’Amministrazione della stessa famiglia Agnelli, e della prospiciente fabbrica Fiat Mirafiori. L'ippodromo fu poi definitivamente dismesso nel 1958, per lasciare spazio ad un nuovo rione di palazzi.
Nell'inverno 1910-11 nacquero, inoltre, le officine aeronautiche, quindi l'Aeroporto di Torino-Mirafiori (detto anche "Campo di Volo Mirafiori" o "Aeroporto Gino Lisa"), poi utilizzato prevalentemente a scopi militari. Verrà quindi dismesso nel secondo dopoguerra, per lasciar spazio all'attuale area verde del Parco Colonnetti, e coinciderà col passaggio dell'aviazione torinese dapprima all'Aeroporto Aeritalia di Corso Marche (Torino Ovest), poi all'Aeroporto di Torino-Caselle, a nord-ovest della città (1953). Dalla fine degli anni ‘80 su quel territorio sorge il Parco Colonnetti, un parco cittadino di 385.800 m², che, assieme ai vicini Parco Sangone-Parco Piemonte, più il Parco Boschetto di Nichelino, formano una area verde periferica pressoché contigua di oltre 600.000 metri quadrati. Il Parco fu intitolato all'ingegnere e matematico torinese Gustavo Colonnetti e oggi si presenta completamente ristrutturato e dotato di percorsi interni, aree gioco per bambini, un percorso ginnico, fontane ed una vasta area è stata lasciata "selvatica" per permettere il mantenimento della fauna locale. Il CUS Torino ha qui molti dei suoi impianti sportivi principali, inclusa una pista di atletica.

Realtà importante del Parco Colonnetti, proprio all'ingresso del parco all'incrocio tra via Artom e via Panetti, è La Casa nel Parco, una nuova struttura, realizzata da parte del Settore Urbanizzazione del Comune di Torino, nell’ambito del Programma di Recupero Urbano di Via Artom. L’edificio ha una superficie di 400 mq, è suddiviso in due parti collegate da un porticato coperto ed è dotato di ampie vetrate e di un tetto seminato a erba, calpestabile.
La Città di Torino ha affidato la struttura alla Fondazione Mirafiori che a sua volta, con un bando pubblico, ne ha assegnato una parte alla cooperativa 'Il Sogno del Cavaliere' che gestisce La Locanda nel Parco, una caffetteria-ristorante. L'altra parte, invece, è attrezzata per diventare uno spazio di lavoro, di incontro, di condivisione a disposizione di tutte le organizzazioni che lavorano per il quartiere e di coloro che sono portatori di proposte che arricchiscano e stimolino il tessuto socio culturale locale e nello spazio di pertinenza intorno alla Casa sono ospitate iniziative sociali, culturali, artistiche e formative accessibili a tutti che mirano ad accrescere la conoscenza e la frequentazione del Parco Colonnetti, non solo da parte degli abitanti del quartiere, ma di tutta la città e l'area metropolitana sud.

L’altro polmone verde della zona, verso il confine con il comune di Nichelino, è il GOLF CLUB STUPINIGI con oltre 10 mila piante presenti, di 150 specie diverse, distribuite su una superfice di quattordici ettari e molto ben attrezzato per la pratica del gioco del golf.
Il Golf Club è sorto negli anni Cinquanta come driving range, per iniziativa del carrozziere Vittorio Viotti; il sodalizio vent'anni più tardi acquisisce una sua precisa identità con l'arrivo di Lauro Beltrame, il primo presidente, ed un pugno di soci fondatori. Al campo pratica si affianca il percorso a 9 buche; nel 1973 giunge l'affiliazione con il nome di Circolo Golf Stupinigi.
Un circolo a dimensioni contenute che ha potuto contare, però, sull'opera di professionisti del calibro di Alfonso Angelini, Marius Mencagli, Pippo Calì (giocatore del Senior Tour) e Dino Canonica (che vi insegna tutt’ora ) e  che ha forgiato giocatori quali Emanuele Canonica, figlio di Dino, che su questo campo ha costruito il suo drive.

FIAT Mirafiori è il più grande complesso industriale italiano nonché la fabbrica più antica in Europa ancora in funzione. Occupa una superficie di 2.000.000 di mq e al suo interno si snodano 20 chilometri di linee ferroviarie e 11 chilometri di strade sotterranee che collegano i vari capannoni. La palazzina degli uffici, che si affaccia su corso Giovanni Agnelli, è un edificio di 5 piani lungo 220 metri, ricoperto di pietra bianca di Finale. Nel suo comprensorio lavorano oggi circa 5.400 operai e l'unica vettura attualmente in produzione è l'Alfa Romeo MiTo.
Lo stabilimento fu progettato fin dal 1936 essendosi ormai rivelato insufficiente il precedente stabilimento della Fiat, quello del Lingotto.
Venne inaugurato il 15 maggio 1939 in presenza di Mussolini stesso, ma quella che doveva essere una cerimonia trionfale del regime, divenne una manifestazione di ostilità verso esso. Il Duce si trovò a parlare in un clima di freddezza dei lavoratori, segnati dal rincaro dei viveri dovuto alla politica dell'autarchia e dal timore dell'imminente guerra, che lo spazientì al punto di abbandonare il palco quando ad una sua domanda rivolta alla folla ricevette risposta solo da poche centinaia di persone sulle 50.000 presenti.
Il primo modello che sarebbe dovuto essere prodotto era la Fiat 700, un progetto rimasto incompiuto a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale. La produzione automobilistica partì realmente solo nel 1947 con la seconda serie della 500 A e la rilocalizzazione delle linee della Fiat 1100, precedentemente costruita al Lingotto.

Il 5 marzo 1943 iniziò nell'officina 19 dello stabilimento lo sciopero degli operai. In pochi giorni 100.000 lavoratori incrociarono le braccia: fu la prima grande ribellione operaia che si estenderà presto in tutte le fabbriche del Nord Italia. Passati alla storia come gli "scioperi del marzo 1943", segnarono l'inizio del crollo del regime fascista e rappresentarono il primo, vero e corale episodio della Resistenza antifascista. Danneggiata seriamente dai bombardamenti aerei durante la Seconda Guerra Mondiale, la fabbrica viene ricostruita e ampliata con un progetto di sviluppo che culmina con il raddoppio, ultimato nel 1958. A partire dal dopoguerra lo stabilimento divenne il luogo del grande sviluppo industriale di Torino carico di nuovo benessere, ma anche di grandi tensioni sociali.
Nel 1956 venne inaugurato l'ampliamento chiamato "Mirafiori-Sud", dove vennero localizzate ed ampliate le attività dello stampaggio lamiere e delle lavorazioni meccaniche (motori e cambi), mentre nell'area originale (ora chiamata Mirafiori-Nord) rimasero la lastratura, la verniciatura, l'assemblaggio, le finizioni e la pista di prova, oltre a lavorazioni minori.

Nel 1969 in piena espansione economica una grande agitazione dovuta alla scadenza triennale del contratto di lavoro dei metalmeccanici diede vita all'autunno caldo. Le rivendicazioni contrattuali si unirono alle rivendicazioni degli studenti dando vita ad un movimento che scuoterà l'Italia per oltre un decennio. Nei primi anni 70 lo stabilimento viene aggiornato per accogliere le linee di produzione di un modello molto importante per la gamma Fiat: la berlina 131 che - per rendere onore allo stabilimento che raggiunse l'apice produttivo e tecnologico in quegli anni - venne battezzata dalla Fiat come 131 Mirafiori e fu il primo modello a reintrodurre una denominazione alfa numerica. La 131 venne prodotta dal 1974 al 1983 in 1.513.800 esemplari.

Nell’area industriale oggi dismessa compresa fra corso Orbassano e corso Settembrini gestita da TNE (Torino Nuova Economia) ha preso vita a partire da ottobre 2011 la nuova Cittadella del Design e della Mobilità Sostenibile del Politecnico di Torino. Si tratta di un nuovo importante progetto per il futuro della Città fortemente voluto dagli Enti locali, da TNE e dal Politecnico di Torino che hanno sottoscritto l’accordo di programma che definisce obiettivi, tempi e modalità di realizzazione dell’intera iniziativa. La Cittadella politecnica per la mobilità soddisfa due grandi obiettivi: contribuisce a riqualificare una fetta importante dell’area di Mirafiori inserendola nel più ampio progetto di sviluppo di corso Marche della Provincia di Torino e testimonia anche e soprattutto la ferma volontà degli Enti di continuare a scommettere sul futuro dell’automotive valorizzando al massimo potenzialità e punti di forza di Torino come l’alta formazione, la ricerca, la capacità di innovazione, il design. La costruzione moderna, al n° 178 di corso Settembrini, che si inserisce perfettamente nel contesto industriale preesistente, è stata progettata dallo studio Isola Architetti che hanno ben interpretato l’esigenza di conciliare modernità e funzionalità con il contesto di fabbrica in cui è inserito. Il Centro è composto da tre blocchi per complessivi 7.500 m2 con aule, laboratori e spazi per servizi (dalla mensa alle aule studio) per circa 1.000 studenti. La seconda parte del progetto relativa alla Cittadella della Mobilità prevede la creazione di un campus nel quale potranno essere insediate su una superficie di ulteriori 15.000 m2, nuove attività formative quali ingegneria dell’autoveicolo, centri di ricerca, spazi per incubatori di impresa per nuove start-up e piccole e medie imprese che sceglieranno di operare in partenariato con l’Ateneo.

Il 2 luglio 2007, in un'area riqualificata dello stabilimento di Mirafiori, in via Plava 80, viene inaugurata l'Officina 83, sede del nuovo Centro Stile di Fiat Group Automobiles (Centro Stile FGA), il polo di riferimento per tutte le attività di stile di Fiat Group. Qui vengono concepiti i nuovi modelli dei marchi FIAT, Alfa Romeo, Lancia, Abarth, Maserati, FIAT Professional, Iveco e CNH.
Il Centro Stile FGA, con all’interno 200 persone circa, è organizzato in 9 dipartimenti: FIAT e Abarth Style; Lancia, Alfa Romeo e Maserati Style; Fiat Professional, Iveco e CNH Style; Cross Style; Color & Material; CAS e Pre-Engineering; Workshop e Style Planning.
Il primo stabilimento industriale della Fiat Mirafiori fu costruito nel 1939 e dall’inizio degli anni cinquanta, Torino diventa quindi capitale indiscussa delle grandi ondate di migrazione interna, che l’espansione dell’industria automobilistica richiama soprattutto dalle regioni meridionali. Nell'arco di un decennio, agli inizi degli anni sessanta, la popolazione nel quartiere decuplicò, arrivando a circa 40.000 abitanti.
Nel 1962 il Comune deliberò l'incremento del piano "Torino Casa", con la previsione di costruire circa 800 alloggi da assegnare in locazione. Tra il 1963 e il 1971 l'intervento pubblico di società come Gescal, Iacp e Poste favorì la costruzione di quasi 17000 alloggi. Le aree più popolari-operaie furono soprattutto presso i casermoni di Strada del Drosso e le zone di Via Farinelli, Via Vigliani/Via Artom. L'area di Via Artom, prospiciente il nascente Parco Colonnetti e di proprietà del Comune e dell'Università agraria, fu quindi destinata a edilizia residenziale pubblica; i nuovi quartieri, denominati M22, M23 e M24 comprendevano anche otto edifici di nove piani, costruiti tra il 14 aprile 1965 e il 14 aprile 1966, provvisti di 780 alloggi realizzati con tecnica di prefabbricazione integrale, un brevetto francese già definito "obsoleto" nel paese d'origine. Di questi appartamenti, 87 furono assegnati a famiglie che avevano chiesto un cambio di alloggio, 321 a vincitori di concorso pubblico, 342 a persone trasferite in modo coatto dai baraccamenti delle casermette di Borgo San Paolo (1500 individui, in media 6-7 persone per 35–38 m², con punte anche di 16-17 persone, indigenti, sinistrati, alluvionati del Polesine, ex internati) e dal casermone di via Verdi (dopo la demolizione del quale fu costruito il Palazzo delle Facoltà umanistiche, Palazzo Nuovo). Gli ex baraccati erano per lo più giovani da fuori del Piemonte, immigrati con la speranza di un miglioramento sociale e economico, che con difficoltà riuscirono poi a far fronte agli affitti relativamente alti imposti dal Comune.

Negli anni settanta, le aree del quartiere più popolari-operaie, in primis Via Artom, assunsero una connotazione negativa nell’identità attribuitale dagli altri abitanti del quartiere Mirafiori e del resto della città, poiché caratterizzate da una concentrazione di persone con problematiche sociali, vere e proprie aree isolate fisicamente e socialmente dalle zone circostanti. Erano dunque nati i "quartieri-dormitorio", palazzoni privi di servizi, di scuole, di strade asfaltate, di trasporti pubblici per il collegamento con il resto della città. Tra il 1975 e il 1983, l'allora Giunta comunale torinese di Novelli cominciò a rivolgere attenzione al quartiere, realizzando in particolare spazi di aggregazione e opportunità per gli anziani (bocciofile) e per i ragazzi (campi di calcio, impianti sportivi), scuole dell’infanzia e dell’obbligo, servizi sociali e sanitari, migliori collegamenti con i trasporti pubblici. Dalla fine degli anni novanta si possono individuare rinnovati segni di attenzione dell’amministrazione comunale, attraverso un P.R.U. (Piano di Recupero Urbano) e alcuni interventi che collegano maggiormente il quartiere al territorio circostante,come la costruzione del nuovo ponte sul torrente Sangone e il potenziamento di alcune linee di trasporto pubblico.

Al momento dell’abbattimento dell’edificio di via Garrone 73 (28 dicembre 2003) e dello smantellamento di via Artom 99, 349 alloggi su 780, il 45%, erano ancora abitati dagli assegnatari originari o da un familiare o convivente, subentrato per voltura del contratto di locazione; 349 famiglie per quarant’anni hanno abitato, e molte di queste continuano ad abitare, in via Artom, in cui hanno ormai radici profonde.
Il 2006 fu l'anno di piena riqualificazione del quartiere, e di Torino in genere, grazie alle Olimpiadi Invernali e quindi allo sfruttamento degli impianti sportivi del Parco Colonnetti, di cui rimase il ricordo delle due mascotte, "Gliz e Neve", ancor oggi raffigurate sull'angolo di V. Vigliani e V. Artom. Alla riqualificazione sociale del quartiere, ha contribuito sicuramente l’apertura al n° 102 di Via Onorato Vigliani nell’ottobre 2011 del VOV 102: il primo farmers market di Torino. L'iniziativa è frutto della collaborazione tra Città di Torino - assessorato al Commercio e attività produttive -, associazione Enzo B Onlus e la Coldiretti di Torino ed è aperto dal martedì al sabato, dalle ore 15 alle 19  proponendo una vendita diretta agroalimentare locale.

A breve distanza dal VOV 102, al n° 149 (sempre di Via O.Vigliani) un altro scrigno di delizie: dal 1953 la Pasticceria Racca, una grande pasticceria con numeri di produzione quasi industriali ma con qualità artigianale. La pasticceria nota soprattutto per i suoi ottimi panettoni e colombe, quanto mai morbidi e fragranti, prepara anche ottima pasticceria secca e fresca, tra cui quelli stragionali quali Zeppole di s.Giuseppe, pastiere e cannoli.



Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro

http://it.wikipedia.org/wiki/Mirafiori_Sud
 http://www.mirafiorisud.org/

giovedì 13 marzo 2014

Nizza Millefonti. Tra le acque e la Fabbrica: passato, presente e futuro (verso l’alto)

Il quartiere di Nizza Millefonti (Nissa Milafont in piemontese) fa parte, insieme ai quartieri Lingotto e Filadelfia, della IX Circoscrizione, a sud-est della città di Torino.
Compreso tra Corso Bramante a nord, Corso Maroncelli a sud ed il fiume Po a est, Nizza Millefonti è esteso essenzialmente in lunghezza; ad ovest invece, il quartiere costeggia l'adiacente zona Lingotto, con cui confina lungo il polo multifunzionale omonimo, l'impianto eno-gastronomico Eataly, l'Oval Lingotto, la stazione ferroviaria di Torino Lingotto, e il futuro comprensorio - grattacielo della Regione Piemonte, attualmente in costruzione, e con i relativi collegamenti a ovest attraverso il sottopassaggio stradale Lingotto, il ponte-cavalcavia di Via Passo Buole e la passerella olimpica pedonale del centro commerciale del Lingotto.

Il nome deriva da Nizza, per la via omonima che lo attraversa lungo tutto il lato ovest, chiamata storicamente così perché indirizzava verso le coste sud della Francia e infatti l'attuale piazza Giosué Carducci si chiamava anticamente Barriera di Nizza (Bariera 'd Nissa) , così come la parallela via Genova; Millefonti perché la zona, in tempi remoti, era appunto costituita da piccole sorgenti sotterranee a ridosso del fiume Po, in particolare in corrispondenza dell’attuale Parco Millefonti, delimitato delimitato da Corso Unità d’Italia, Corso Dogliotti, ponte Balbis, sponda sinistra del Po e il confine con Moncalieri nei pressi della confluenza del Sangone con il Po.

Storicamente va ricordato anche il nomignolo "Molinette", tramandato sia all'odierno Ospedale Maggiore San Giovanni Battista, sia alla sottozona in cui sorge (e cioè adiacente P.za Carducci), il cui nome deriverebbe o dall'esistenza di antichi mulini sulla sponda del Po (che si ricollegherebbe anche al nome Millefonti), oppure dall'esistenza di un solo ed unico mulino.
Nel XVII secolo, quando l'accesso a Torino era delimitato solo da Barriere doganali, sull'odierna Piazza Carducci sorgevano soltanto due magazzini merci di tre piani, con un ampio porticato, uno a destra e uno a sinistra dell'odierna Via Nizza: con l'ampliamento della città e l'abolizione delle dogane, i due magazzini vennero poi demoliti.
Un antico edificio di spicco fu la Villa Robilant, del 1731, simbolo tangibile della ricchezza e del prestigio del casato. Fu poi acquistata da Giovanni Agnelli all'inizio del XX secolo, divenendo prima una sede delle Commissioni Interne, quindi abbattuta per far spazio alla costruzione della Fiat Avio; insieme alla nascita del primo stabilimento industriale automobilistico della Fiat Lingotto (1915-1922) a fianco della già esistente ferrovia, tutta la zona, insieme al vicino quartiere Lingotto, fu rapidamente popolata. Oggi la storica Fiat Lingotto è dismessa da anni, e viene usata solo più per ricordo e come area congressi dell'azienda; tuttavia, il comprensorio e le palazzine satellite sono stati riqualificati in ciò che è un odierno e vasto polo multifunzionale, chiamato sempre "Lingotto", preso anche dal nome del quartiere limitrofo.

Nel corso della seconda guerra mondiale, a causa della sua estrema vicinanza alla via ferrata e alla Fiat, Nizza Millefonti fu pesantemente bombardato; solo pochi edifici rimasero in piedi, quasi tutti quelli della vecchia Piazza Carducci crollarono. Fu colpita pesantemente anche la Fiat Lingotto, che subì enormi danni. L'attuale conformazione del quartiere è piuttosto quella degli anni della ricostruzione, principalmente anni cinquanta, sessanta e settanta. Nel corso degli recenti decenni, durante gli scavi per lavori pubblici, nella zona furono ritrovate diverse bombe aeree inesplose sganciate dagli anglo-americani durante il 1944; in particolare una fu ritrovata sotto i giardini di Via Giulio Bizzozzero, poi una nel 2004 nella zona ex-Avio Fiat durante i lavori per la costruzione dell'Oval Lingotto, quindi nel 2011 durante i lavori della Metropolitana di Torino. Oltre a questi ordigni, durante degli scavi per il cambio delle tubature nel 1996, in Via Gavello venne alla luce l'antica rampa che collegava il deposito sotterraneo di tram a cavalli che si trovava sotto l'odierno deposito Gruppo Torinese Trasporti (ex ATM), a fianco della Piazza Carducci.
Inoltre su via Nizza, durante gli scavi del prolungamento della Metropolitana di Torino, nel 2005 furono rinvenuti altri reperti archeologici del VII secolo di vestigia longobarde già facenti parte della collezione rinvenuta nella stessa area intorno al 1910.

Le arterie principali del quartiere, che collegano il centro di Torino alla zona sud, sono Via Nizza, che parte proprio da Porta Nuova e a partire da Piazza Carducci, che prima è a doppio senso di marcia, diventa a senso unico in direzione Moncalieri, Via Genova (che costeggia per un lungo tratto l’Ospedfale Moluinette ed è a senso unico in direzione da Moncalieri al centro di Torino), Via Ventimiglia e Corso Unità d'Italia, entrambe quest’ultime a doppio senso di circolazione)
I nuclei abitativi storici della zona erano Borgata Millefonti, nei pressi della cinta daziaria Nizza, Tetti Frè, compreso tra le vie Tenda e, Osterietta, in corrispondenza dell’incrocio tra via Nizza, Via Vinovo e Via Passo Buole,  le quali verranno man mano  inglobate in un tessuto urbano più fitto e denso per la crescita parallela di impianti produttivi  che, da piccoli laboratori,  arrivano  a essere industrie di rilievo caratterizzanti la zona per quasi tutto il Novecento. La Riv, la Carpano, la  Fiat sono gli esempi emblematici che ancora oggi segnano il quartiere con i loro edifici quasi intatti ma,  a causa del processo di de-industrializzazione, completamente rivisitati nelle funzioni. 

La RIV nasce dall’iniziativa di Roberto Incerti, meccanico emiliano, che nel 1904 aveva cominciato a produrre cuscinetti a sfera in un piccolo laboratorio in via Marochetti. L’attività di Incerti attira l’attenzione di Giovanni Agnelli senior, che comprende il potenziale economico dei cuscinetti a sfera, che la Fiat sino ad allora era costretta a importare. Nel 1906 Incerti presenta un brevetto, il primo in Italia, concernente nuove tecniche per la realizzazione di cuscinetti a sfera che dà l’avvio   alla produzione su larga scala nello stabilimento RIV di Villar Perosa (acronimo di Roberto Incerti Villar Perosa).  Con la prima guerra mondiale la produzione viene riconvertita a fini bellici e il numero dei dipendenti arriva a sfiora le 2.000 unità.
Negli anni Venti l’espansione della produzione rende necessaria la costruzione del nuovo stabilimento in via Nizza 150 a Torino.La specializzazione nella meccanica di precisione fa della RIV un punto di riferimento per l’industria bellica e, nel secondo conflitto mondiale, diventa un obiettivo sensibile per l’aviazione alleata. Lo stabilimento di Torino subisce numerosi bombardamenti, il più grave dei quali si verificherà nel novembre del 1943, causando la morte di 70 lavoratori. Il dopoguerra è caratterizzato dalla ricostruzione degli impianti danneggiati e da una rapida ripresa produttiva. Negli anni Sessanta, problemi di competitività dei prodotti RIV rispetto ai concorrenti internazionali portano l’azienda alla fusione nel 1965 con la svedese SKF, a seguito della quale nel 1971 il sito produttivo di Torino viene dismesso e su quel terreno è stato costruito il centro direzionale bancario UniCredit (ex-CRT).

Nel 1786 Antonio Benedetto Carpano inventa il suo primo vermouth in una nota e frequentata bottega in piazza Castello, di proprietà del liquorista Luigi Marendazzo. Nel 1847 l’attività passa al nipote Giuseppe Bernardino, fondatore della Fabbrica di Liquori e Vermouth G.B. Carpano; quando la ditta passa ai figli Luigi e Ottavio, nel 1889, comprende due negozi per la vendita all’ingrosso e al minuto (nelle piazze Castello e Vittorio Emanuele, ora piazza Vittorio Veneto) e due magazzini oltre la cinta daziaria (in Barriera di Nizza e a Carmagnola). A fine Ottocento Carpano è tra i maggiori produttori di vermouth piemontesi e partecipa all’Esposizione Generale Italiana a Torino nel 1898. È a inizio Novecento che avvia la sua crescita industriale, con la costruzione di uno stabilimento produttivo in via Nizza, ampliato fino a raggiungere i 5.000 mq. Nel 1917 la società passa a Matilde Govone, moglie di Ottavio, che nel 1940 vende agli industriali torinesi Turati. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, alla Carpano lavorano 34 operai. I bombardamenti del 1943 distruggono quasi completamente la fabbrica, ma con l’appoggio delle banche i Turati riescono a ricostruirla e a far riprendere l’attività a ritmi elevati, decretandone il successo economico e commerciale. Il vermouth Carpano è conosciuto a livello mondiale e diventa l’aperitivo per eccellenza negli anni del boom economico. “Re Carpano”, creato da Armando Testa, è il protagonista della pubblicità aziendale dell’epoca, campeggiando nelle sponsorizzazioni sportive. Nel 1980 Silvio Turati e il figlio Attilio muoiono; la contessa Romilda Bollati di Saint Pierre, moglie di Attilio, prosegue l’impresa fino a quando nel 1982 cede il marchio alla società Branca, che trasferirà la produzione a Milano.

A partire dal 2005, lo stabilimento è stato completamente ristrutturato e recuperato per ospitare il nuovo grande progetto di Eataly, il più grande centro enogastronomico del mondo e uno dei luoghi di maggior richiamo a livello nazionale ed internazionale creato dalla mente geniale di  Oscar Farinetti in collaborazione con le cooperative del sistema Coop (Coop Liguria, Novacoop e Coop Adriatica) dove acquistare, degustare e studiare cibi e bevande di elevata qualità.
Esteso su una vasta area espositiva di circa 11.000 mq., non si tratta di un semplice mercato, perché ai prodotti sono associati i relativi saperi e sapori, alla portata di quanti sono interessati ad approfondire le proprie conoscenze sui prodotti buoni, ma anche puliti e giusti.

Una grande kermesse di itinerari del gusto ed aree tematiche didattiche, corsi di educazione alimentare o corsi di cucina tenuti da famosi chef del territorio regionale e nazionale, attività come degustazioni, aperitivi coi produttori, una biblioteca tematica e vari eventi dedicati ai prodotti del territorio. Inoltre nell'area ristorazione (8 ristoranti tematici, la caffetteria, l’agrigelateria e la pasticceria per gustare tutti i giorni oltre 100 piatti di cucina tradizionale) è possibile degustare cibi di notevole qualità direttamente sul posto o usufruire di un servizio di gastronomia da asporto. L’obiettivo che si pone è provare a percorrere una nuova via nel sistema della distribuzione alimentare e della commercializzazione dei migliori prodotti artigianali, ispirandosi a parole chiave quali sostenibilità, responsabilità e condivisione. Eataly vuole dimostrare che esiste la possibilità di offrire a un pubblico ampio cibi di alta qualità a prezzi sostenibili comunicando, al tempo stesso, i criteri produttivi, il volto e la storia di tanti produttori che costituiscono il meglio dell’enogastronomia italiana. A memoria del passato industriale della struttura, è stato allestito al primo piano, nelle stanze che un tempo costituivano l’archivio documenti e gli spazi dedicati all’estrazione delle erbe, alla combinazione degli ingredienti e alla conservazione degli estratti, il Museo Carpano: un percorso museale che fa rivivere i momenti salienti della storia e della produzione del vermouth Carpano.

Il Lingotto di Torino è  oggi uno dei più grandi centri multifunzionali d'Europa..
Nel corso della propria vita, lo stabilimento, chiuso tra Via Nizza (dal numero 230 al 294) ed un ramo del passante ferroviario di Torino, produsse decine di modelli di automobili, come la Torpedo, la Balilla, la Topolino, la Fiat 1100 R e la sportiva X 1/9 con la rivoluzionaria posizione centrale del motore. L'attività produttiva fu interrotta nel 1982, in seguito allo spostamento della produzione in altri impianti; l'ultimo modello in produzione è stato quello della Lancia Delta prima serie.

Lo stabilimento FIAT del Lingotto fu progettato e costruito, a partire dal 1915, dall'ingegnere Giacomo Mattè-Trucco, insieme con altri progettisti come Francesco Cartasegna e Vittorio Bonadè Bottino, il progetto strutturale fu realizzato dall'ingegner Giovanni Antonio Porcheddu, concessionario per l'Italia del brevetto per l'utilizzo del metodo Hennebique per la realizzazione di strutture in conglomerato cementizio armato sul modello degli stabilimenti della casa automobilistica statunitense Ford. I lavori durarono dal 1916 (quando fu iniziata la costruzione dell'Officina di Smistamento), al 1930, anche se l'inaugurazione avvenne nel 1922, alla presenza del re d'Italia. Nell'opera di Le Corbusier Vers une architecture (1923), dove sono esposte le sue teorie sulla nuova architettura, nel capitolo conclusivo del saggio, intitolato Architettura o Rivoluzione, sono riportati alcuni esempi di soluzioni innovativa, fra questi vi sono alcune immagini dell'edificio dove viene evidenziata la soluzione dell'autodromo sul tetto.
L'ingegnere meccanico Ugo Gobbato, esperto nella razionalizzazione delle attività produttive e chiamato alla FIAT dal senatore Agnelli nel 1918, venne affidata la responsabilità di smantellare le varie piccole officine Fiat sparse per Torino, e organizzare il trasferimento coordinato di macchinari e impianti al Lingotto, del quale ne assunse altresì la direzione, dimettendosi nel 1928, dopo aver raggiunto il pieno regime produttivo. Le officine erano formate da due lunghi corpi longitudinali, destinati alla produzione delle automobili, di oltre cinquecento metri di lunghezza, uniti da cinque traverse multipiano, dedicate a servizi per il personale. Alle estremità dei corpi lunghi furono costruite, tra il 1923 e il 1926, due rampe elicoidali, sempre su progetto di Mattè Trucco. In questo modo le automobili potevano accedere dal piano terra direttamente alla pista di collaudo, costituita da due rettilinei di oltre quattrocento metri di lunghezza, collegati da due curve sopraelevate.
Ispirata ai principi del taylorismo, che aveva come obiettivo principale la funzionalità produttiva, la struttura era costruita in cemento armato e aveva cinque piani.
La facciata esterna, presentava elementi decorativi che preannunciavano i temi del Razionalismo italiano. La palazzina uffici, costruita nel 1926, era dedicata a direzione, amministrazione, mensa e altri servizi.

Nel 1982 una società a capitale misto, guidata dalla Fiat, promosse una "consultazione" internazionale (il comune chiedeva un concorso di idee) per la ristrutturazione ed il recupero dello stabilimento, appena dismesso; ma tra i 20 progetti presentati non fu individuato un vincitore. Nel 1985 fu incaricato della ristrutturazione l'architetto genovese Renzo Piano.
Simbolo dell'archeologia industriale, la fabbrica è stata divisa attraverso un lungo processo di ristrutturazione tra diverse funzioni: terziario, abitazioni e alberghi, con la precedenza all'uso culturale. All'esterno la struttura è rimasta inalterata, ma all'interno le strutture sono state profondamente modificate per venire incontro alle nuove esigenze. Nel corso degli anni sono stati ricavati negli spazi del Lingotto un centro esposizioni (nel 1992), un centro congressi e un auditorium (nel 1994), due hotel (nel 1995), un centro servizi, vari uffici direzionali, un'area dedicata interamente allo shopping, con decine di negozi, bar e ristoranti (nel 2002), una pista di atterraggio per elicotteri.
La prima manifestazione organizzata nella fabbrica ristrutturata è stata il Salone dell'automobile, nel 1992. In pochi anni il centro esposizioni ha acquisito importanza: ospita oggi la Fiera Internazionale del Libro, il Salone del gusto, il Salone del vino, Artissima-fiera d'arte moderna e contemporanea, e molte altre manifestazioni di livello nazionale e internazionale.
All'interno dell'hotel Le Meridien è stato creato un giardino tropicale, mentre lo stesso hotel è stato collegato al centro congressi tramite un percorso pedonale sopraelevato dedicato allo shopping, chiamata "8 Gallery" (dalla parola "otto" contenuta nel nome "Lingotto"). Sopra la Torre Sud è stata costruita, sempre da Renzo Piano, la cosiddetta Bolla, una sala riunioni attrezzata e panoramica da 25 posti, realizzata in acciaio e cristallo, con vista sulle Alpi e sulla pista parabolica del Lingotto, ristrutturata ed è tuttora usata per le presentazioni di nuove automobili.
Nel Lingotto si trova oggi anche un cinema multisala con 11 sale, l'UCI Cinemas Lingotto, che per alcuni anni ha ospitato il Torino Film Festival.
Nella palazzina uffici, infine, restaurata da Roberto Gabetti e Aimaro Isola, sono stati insediati, infine, gli uffici direzionali di alcune aziende, tra cui la FIAT, tornata al Lingotto nel 1997. Sono stati collocati qui anche alcuni uffici del TOROC, il comitato organizzatore dei XX Giochi olimpici invernali.

Inaugurata nel 2002 all'ultimo piano del complesso del Lingotto, la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli raccoglie una selezione di opere tratte dalla loro collezione personale. Lo "scrigno" è stato disegnato sempre dall'architetto Renzo Piano per contenere una sorta di "tesoro" artistico: lo stile architettonico rappresenta un'astronave di cristalli che riprende simbolicamente lo stile futurista della fabbrica originaria. La collezione comprende 25 opere d'arte scelte da Giovanni e Marella Agnelli, più alcune esposizioni temporanee. Sono presenti tra gli altri dipinti di Canaletto, Matisse, Balla, Picasso, Bellotto e due opere scultoree del Canova.

Un argomento a parte di questo quartiere è la sotto-zona a ridosso del Fiume Po, storicamente chiamata Italia '61, compresa tra Piazza Polonia, Corso Maroncelli, Via Ventimiglia e via Zuretti. Fu un area riqualificata appunto nel 1961 in occasione del Centenario dell'Unità d'Italia, quando si crearono diverse infrastrutture immerse in un nuovo parco, tra le quali i padiglioni fierisitici del Palazzo del Lavoro (altrimenti detto Bureau International du Travail - B.I.T.) su progetto del 1959 dell'ingegner Pier Luigi Nervi, con la collaborazione dell'architetto Giò Ponti e di Gino Covre, ed del Palavela, progettato nel 1959 dagli arch. Franco Levi e da Annibale e Giorgio Rigotti (con il nome di Palazzo delle Mostre), e  ristrutturato e reinterpretato da Gae Aulenti per  i Giochi Olimpici del 2006 per ospitare le gare di pattinaggio artistico e short track; oltre a questi, furono realizzati i nuovi padiglioni fieristici tra il fiume Po e Corso Unità d'Italia, che dal 2005 ospitano un centro di formazione denominato "International Labour Office" (I.L.O.) come sede succursale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, il cinerama o "Circarama", cinematografo su schermo circolare di 360°, di fianco al Palavela, una monorotaia (ad oggi smantellata) che attraversava l'area da Nord a Sud, il grattacielo in vetro del CTO su Corso Unità d'Italia, un laghetto artificiale, il Museo dell'Automobile e lo stesso Corso Unità d'Italia, chiamata la radiale dai torinesi, che permette un veloce penetrazione nella città di Torino.

Il Museo dell'Automobile di Torino sorge su Corso Unità d'Italia, a ridosso dell'ultimo prolungamento sud del Parco del Valentino, che prende il nome di Parco Millefonti. Il Museo Nazionale dell'Automobile di Torino (MAUTO), precedentemente intitolato a Carlo Biscaretti di Ruffia ora a Giovanni Agnelli, ed è considerato tra i più importanti e antichi musei dell'automobile del mondo.
Il Museo dell'Automobile nasce nel 1932 da un'idea di due pionieri del motorismo nazionale, Cesare Goria Gatti e Roberto Biscaretti di Ruffia (primo Presidente dell'Automobile Club di Torino e tra i fondatori della Fiat). Il museo, ospitato nella sede progettata dall'Architetto Amedeo Albertini, rappresenta uno dei pochi edifici costruiti appositamente per ospitarvi la collezione di un Museo e costituisce anche un raro esempio di architettura moderna; vanta una delle collezioni più rare ed interessanti nel suo genere, quasi 200 automobili originali, dalla metà dell'800 ai giorni nostri, di oltre ottanta marche diverse, provenienti dall'Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Spagna, Polonia e Stati Uniti.

Nel 2002 i vertici del Museo iniziano a pensare ad un'opera di rinnovamento dell'Ente, sono trascorsi quarant'anni ed il Museo è ormai datato ed obsoleto, è necessario un cambiamento che lo renda più appetibile e il vincitore del concorso internazionale del 2005 per il rinnovo del Museo è stato il raggruppamento composto dall'Architetto Cino Zucchi, la Recchi Engineering srl e la Proger spa. Il progetto vincitore articola il rapporto tra la percezione veloce da corso Unità d'Italia e la definizione di un ambito pedonale più raccolto in corrispondenza del suo innesto su via Richelmy.
In sintonia con molti esempi europei contemporanei, le funzioni propriamente espositive sono integrate da una serie di attività complementari che faranno vivere il Museo dell'Automobile a tutte le ore del giorno e della sera; diventando un elemento trainante del rinnovo urbano del quadrante sud della città.
Il progetto dell'Architetto Zucchi è valorizzato con gli allestimenti dello scenografo franco-svizzero Francois Confino. L'esperienza acquisita da Francois Confino in altri progetti simili (a Torino ha già allestito il Museo del Cinema), ha aiutato ad immaginare un concetto inedito che posizionerà il Museo di Torino all'avanguardia nel campo dell'arte di esporre le auto. Il filo conduttore è "l'auto osservata come creazione del genio e dell'immaginazione umana" e ciò, innanzitutto, al fine di far conoscere e di valorizzare l'immenso bacino di talenti, l'estro creativo, l'artigianalità e le capacità imprenditoriali esistenti a Torino ed in Piemonte.
Da segnalare la vettura a vapore Bordino, costruita a Torino nel 1854, il triciclo a vapore di Enrico Pecori (1891), la vettura Bernardi (1896), la vettura Fiat 1901 e la mitica Itala 1907, che vinse la gara Pechino-Parigi nel 1907 (16.000 km. in 44 giorni); e ancora l'autotelaio Lancia "Lambda" (1923), il coupé de ville Isotta Fraschini 8A (1929) e la Cisitalia 202 del 1948.
Per la produzione estera, ben documentata, degne di nota la Ford T (1916) e la Rolls-Royce "Silver Ghost" del 1914.

Dal 2011 è in corso una grande opera nell'area ex-Avio/ponte di Via Passo Buole al confine con la zona Lingotto, dove sorgerà il comprensorio dell'altissima torre del Grattacielo della Regione Piemonte, per ospitare la Giunta, il Consiglio e gli uffici dell’amministrazione regionale del Piemonte. Il grattacielo, su progetto dell’architetto Massimiliano Fuksas secondo per altezza in Italia dopo la Torre Unicredit a Milano alta 231m, prevede 42 piani di cui due interrati: 41 saranno destinati a ufficio mentre l’attico del 43º piano ospiterà un bosco pensile accessibile al pubblico. Il progetto ha subìto numerose modifiche che ne hanno determinato la riduzione in altezza, da quella originale di 220 m a quella definitiva di 210 m. Sulle facciate è prevista l’installazione di 1.000 m² di pannelli fotovoltaici per garantire per quanto possibile l’autosufficienza energetica, unita alla costruzione di grandi superfici vetrate per ridurre la necessità di ricorrere a luce artificiale.
La superficie complessiva sulla quale sorgerà il grattacielo è di circa 70.000 m² ma sono previsti circa 60.000 m² di spazi accessori e opere esterne che prevedono anche l’insediamento di esercizi commerciali al fine di rilanciare lo sviluppo del quartiere. Il progetto del grattacielo si inserisce in uno più ampio, che prevede la realizzazione di un nuovo quartiere residenziale capace di ospitare circa 5.000 abitanti e la nuova stazione ferroviaria Lingotto, con una struttura a ponte che collegherà l'attuale scalo esistente.



In zona è possibile inoltre visitare il Centro Storico Fiat, inaugurato nel 1963, ospitato nella sede torinese di via Chiabrera in un edificio in stile liberty che è il risultato dell’ampliamento, eseguito nel 1907, del nucleo originario dell’azienda: le officine di corso Dante. Oggi, il Centro Storico Fiat ospita una vasta collezione di automobili, cimeli, modellini e manifesti pubblicitari di artisti che ricostruiscono la storia dell’azienda. Sono diversi i pezzi esposti nelle sale: dalla prima vettura, dalla 3½ Hp, all’impressionante “Mefistofele”, che nel 1924 batté il record mondiale assoluto di velocità. Ma non mancano altri esemplari come il primo trattore, il Fiat 702 del 1919, l’autocarro 18BL, che motorizzò le truppe italiane nella prima guerra mondiale, la Littorina, protagonista del trasporto ferroviario a partire dagli anni ’30 e il velivolo disegnato da Giuseppe Gabrielli e poi adottato dalla NATO, il caccia G91.



Proprio difronte, il condominio 25 VERDE: una recentissima costruzione residenziale immersa nel verde che risponde a tutti i princìpi della bioarchitettura progettata dagli arch. Luciano Pia e Ubaldo Bossolono. Un’area di 3500 mq, che fino a qualche anno fa ospitava uffici, rasa al suolo, per ospitare abitazioni all’interno di un micro – ecosistema in cui la natura fà da filtro tra l’ambiente metropolitano e quello domestico; una superficie complessiva di 9.000 metri quadrati, divisa da una parte abitativa e da un vero e proprio parco interno, piantumato con alberi e animato dalla presenza di due laghetti artificiali attraversati da passerelle aeree. Il condominio di sei piani prevede la presenza di 50 alberi nel cortile interno e di altri 150 disseminati attorno all’edificio inframmezzati da strutture in acciaio riproducenti le forme di piante e rampicanti e  incastrati tra un terrazzo e l’altro, oppure piantati all’interno di grandi vasi di 3,5 m di diametro, dando limpressione al complesso di reggersi su un’infilata di tronchi. L’autonomia energetica dell’edificio viene in parte garantita dalla sfruttamento dell’energia geotermica e la vicinanza al fiume Po infatti consente lo sfruttamento delle falde acquifere sottostanti la zona. E’ presente un generatore elettrico a pompa di calore che consente di trasferire acqua sanitaria e acqua per il riscaldamento nel periodo invernale e aria fresca per il raffreddamento delle stanze, nel periodo estivo e inoltre la presenza di una cisterna in grado di raccogliere l’acqua piovana da riutilizzare per l’irrigazione del giardino e dei tetti verdi.



Per una sosta gastronomica durante il percorso, l’offerta è quanto mai diversificata: si può scegliere tra le specialità abruzzesi della Trattoria Da Cinzia in Via Madama Cristina, 165, quasi Piazza Carducci, dove in un ambiente d’antan (è aperta dal 1972) è possibile degustare le specialità tipiche abruzzesi (i titolari sono originari di Castiglione Messer Marino in provincia di Chieti) tra cui spaghetti alla chitarra (fatti a mano), maltagliati con cozze e ceci, sagne e ceci, arrosticini, qualche specialità di pesce (soprattutto cozze, vongole, molluschi e crostacei) e molti dolci tipici (bocconotti, ostie con miele e mandorle,  parrozzi al cacao), oppure la cucina modesta e ruspante dellla Trattoria del FIAT –Fate In Fretta a Tavola dove si segnalano in particolare la Pasta e fagioli (sempre in menù) e la Torta 500 al cioccolato, i ristorantini di Eataly restano una certezza unendo varietà e qualità e per concluedere in dolcezza ci si può affidare ai gelati della Agrigelateria Sanpe’ o alla deliziosa pasticceria di Montersino, sempre ad Eataly, oppure un ottimo gelato in uno delle gelaterie storiche di Torino (è aperta dal 1960): DaSilvano in Via Nizza, 142.

Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro

http://it.wikipedia.org/wiki/Nizza_Millefonti