Il secondo itinerario in Aurora inizia dalle Porte Palatine, ancora oggi uno dei monumenti simbolo di Torino e uno degli esempi meglio conservati di porta urbica edificata all’inizio della nostra era; la porta di accesso al "castrum" romano risale al I secolo d.C. ed è uno degli esempi meglio conservati di porta romana. Usata anche dopo la caduta dell'impero romano, la Porta conservò nel tempo la funzione di palazzo-fortezza. Tradizione vuole che nel 773 vi abbia soggiornato Carlo Magno, dopo la vittoria sui Longobardi alle Chiuse: pare che vi abbiano dimorato anche Carlo il Calvo ed altri imperatori e re. Nel corso del Medioevo l'edificio cambiò diverse volte nome: nel secolo XI viene chiamato Porta Turrianica e nel seguente Porta Doranica, poi Porta Vercellina e Porta Palatii. Nel 1724 divenne un carcere, e le torri presero il nome di Torri del Viceriato. Nel 1860 il palazzo delle torri fu ceduto al municipio, il quale lo restaurò abbattendo anche le rovine vicine. La Porta cambiò ancora il nome, divenendo via via Porta Romana, poi Comitale, Doranea e finalmente Palatina.
Da un punto di vista architetonico, si tratta di una robusta costruzione in laterizio, dalla facciata scandita da due ordini di finestre, alternate da trabeazioni e lesene, fiancheggiata da due torri poligonali a sedici lati alte trenta metri. Nella facciata si aprono quattro fornici, due maggiori per il transito dei carri e due minori per il passaggio dei pedoni. Tutto l'interturrio è segnato orizzontalmente da una fascia marmorea inserita per motivi estetici, o forse per porvi un'iscrizione. Dietro la facciata si appoggiava un edificio a pianta quadrata (la statio), del quale si vedono solo le fondamenta, che ospitava il corpo di guardia. A fianco della Porta si erge un poderoso tratto di mura romane con sopraelevazione medievale. Davanti alla porta si trovano oggi copie delle statue di Cesare e Augusto.
Si capisce quindi da subito che le Porte Palatine rappresentavano la fine del centro urbano e l’imbocco del contado e non a caso il toponimo del quartiere (Aurora) va ricondotto a un'antica cascina posta indicativamente al centro del quartiere (all'angolo fra gli odierni corso Giulio Cesare e corso Emilia), nel luogo, per l'esattezza, dove oggi sorge Casa Aurora. L'edificio, che nelle carte topografiche ottocentesche risulta come cascina l'Aurora, fu trasformato dapprima in un opificio tessile (nel 1869) e, nel secolo successivo, ospitò il Gruppo Finanziario Tessile (GFT), azienda produttrice di abiti pronti; nel 1984 l'intero complesso fu ridisegnato dal celebre architetto Aldo Rossi e proprio da allora è noto come Casa Aurora.In effetti questa parte del quartiere è a cavallo tra il centro urbano, la cui vita è da sempre basata su scambi commerciali e sociali, e quelli che un tempo erano i sobborghi ma oggi fanno parte a pieno titolo della cerchia urbana; fulcro del commercio in zona è da sempre stato il Mercato di Porta Palazzo che si svolge in tutti i giorni feriali sull’ottagonale Piazza della Repubblica, vero cuore dell'area di Porta Palazzo e spesso conosciuta con il medesimo nome, tralasciando la sua vera denominazione; questa ospita dal 1835 il maggior mercato quotidiano cittadino e nell'arco di tre secoli ha visto sorgere numerosi padiglioni e strutture adibite alla funzione mercatale e, a partire dal 1996, è stata oggetto di una radicale riqualificazione con l'ammodernamento delle strutture esistenti, il rinnovo dell'arredo urbano e la realizzazione di un nuovo sottopasso stradale che ne ha migliorato la percorribilità. A gennaio del 2012 è stato inaugurato un nuovo cantiere che interessa il palazzo dell'Isolato Santa Croce, che permetterà un recupero architettonico della facciata juvarriana.
Con quasi 50 000 m² di estensione, circa 1.000 bancarelle mobili e un'affluenza stimata di circa 100.000 persone Porta Palazzo è considerato il mercato più grande d'Europa. I generi trattati sono molteplici: prodotti ortofrutticoli, alimentari, ittici, caseari ma anche carne, fiori, abbigliamento e vari articoli di uso domestico. Gestito in una buona percentuale da cittadini extracomunitari ma anche da una consistente parte di commercianti italiani, esso rappresenta un vero e proprio crocevia di etnie e culture, nonché tappa ormai immancabile di numerosi turisti.
Spicca sull’area l'antica Tettoia dell'Orologio in stile art nouveau, costruita in ghisa, ferro e vetro. Nell'ultima ristrutturazione degli anni Novanta il padiglione IV è stato rinominato Antica Tettoia dell'Orologio. Simbolo del mercato di Porta Palazzo per eccellenza, fu realizzata nel 1916 e rappresenta un tipico esempio di struttura metallica dell'epoca. Ubicata nell'area nord-est della piazza, è dedicata al solo commercio di prodotti alimentari; all'interno ospita 88 punti di vendita numerati, suddivisi in ampie corsie, mentre all’esterno ospita i banchi dei contadini - che coltivano i propri prodotti in collina e nella prima cintura agricola della città - e da qualche anno anche un interessante banco che vende ortaggi tipicamente asiatici coltivati a Carmagnola (TO) a soddisfare la richiesta sempre crescente degli immgrati cinesi che vivono in città.
Ubicati nell'area sud di piazza della Repubblica, furono costruiti nel 1836 su progetto dell'ingegner Barone, il Padiglione II che ospita il mercato del pesce, con 18 punti di vendita, e il Padiglione V che ha 53 punti di vendita e contiene (come l'antica Tettoia dell'Orologio) rivendite di carne e di generi alimentari. Insieme a questi mercati, ogni giorno vengono allestiti su strada 756 punti di vendita mobili, sui tradizionali carrettini, che diventano ben 796 il sabato.
Nell'area mercatale, è stata rifatta una nuova pavimentazione della piazza in pietra di Luserna e dove in precedenza sorgeva il mercato dell'abbigliamento, si è costruito l'edificio, in vetro traslucido e di chiara impronta contemporanea, denominato PalaFuksas (dall'architetto Massimiliano Fuksas che l'ha progettato) ma che ancora aspetta una definitiva destinazione d'uso. Realizzato su progetto di Massimiliano e Doriana Fuksas tra il 1998 e il 2001, l'edificio è stato edificato a seguito della demolizione del preesistente Mercato dell'Abbigliamento, realizzato nel 1963. L'attuale struttura, dalla forte connotazione contemporanea, è caratterizzata dall'ampio utilizzo di vetro e metallo brunato, che sottolinea la convivenza di architetture eterogenee sviluppate nell'area durante gli ultimi tre secoli. Essa conserva, al suo interno, due delle più antiche ghiacciaie sotterranee della piazza, rinvenute durante gli scavi. All'interno, un ardito sistema di rampe metalliche consente di percorrere tre dei cinque piani che ospitano locali commerciali, un ristorante e parcheggi sotterranei. L’edificio, nominato Centro Palatino, è stato inaugurato il 25 marzo 2011 e ospita al suo interno 32 negozi, un bar e un ristorante con terrazza all’ultimo piano.
L'Isolato Santa Croce, ovvero la zona compresa tra piazza della Repubblica, via Milano, via della Basilica e via Egidi, ospitava il Palazzo dei Cavalieri che, dal 1575 al 1884, fu la prima sede dell'Ospedale Mauriziano. Nel 1729, l'architetto di corte Filippo Juvarra coinvolse l'Isolato Santa Croce nella grande ristrutturazione già avviata per la confinante piazza, mentre, con l'avvento del dominio francese, l'Ospedale Mauriziano venne chiuso. Al ritorno dei Savoia fu riaperto ma nel 1884 l'Ordine Mauriziano trasferì l'ospedale presso l'attuale struttura di corso Stupinigi (l'attuale corso Turati). Nel 1888 l'ormai vetusto edificio dell'ex ospedale fu venduto alla Ditta Bancaria Fratelli Marsaglia, che si occupò del suo recupero con il progetto dell'ingegner Rivetti, che prevedeva la realizzazione di una galleria commerciale intitolata al nuovo sovrano Umberto I. Terminata nel 1889, la galleria si sviluppa su una pianta a forma di croce, sfruttando i volumi che un tempo costituivano le corsie dell'ospedale. Essa collega la retrostante via della Basilica con piazza della Repubblica e il suo storico mercato; al suo interno si può ammirare la pregevole copertura in vetro e metallo, nonché la storica Farmacia dell'Ordine Mauriziano, che ivi ha sede dal 1575.
Oltre al mercato di porta Palazzo, l’altra anima commerciale della zona è il Balôn, ovvero lo storico mercato delle pulci di Torino nato verso la fine del Settecento, anche se originariamente ubicato nei pressi dell'attuale piazza Emanuele Filiberto. Il mercato del Balôn prende il nome dall’omonima zona alle spalle di Porta Palazzo. A metà dell’Ottocento il luogo era frequentato dai rigattieri torinesi; oggi è il posto ideale per scoprire le botteghe che propongono prodotti e manufatti di ogni specie. Il sabato è il giorno del mercato che diviene il cuore pulsante di quest’area legata alla tradizione popolare.
La seconda domenica del mese 250 bancarelle, 50 negozi, bar e ristoranti danno vita invece al Gran Balon, da 28 anni mercato dell'antiquariato minore della Città di Torino. Nelle vie Lanino, Mameli, Canale Carpanini, Borgo Dora e Cortile del Maglio antiquari, rigattieri, operatori dell'ingegno espongono con cura le loro merci, mobili, ceramiche, libri, abbigliamento, vintage, prodotti di artigianato. All'interno del Cortile del Maglio manufatti e prodotti in materiale cartaceo si fondono col vintage e creano particolari ed interessanti esposizioni che attirano un pubblico di appassionati.
La seconda domenica del mese 250 bancarelle, 50 negozi, bar e ristoranti danno vita invece al Gran Balon, da 28 anni mercato dell'antiquariato minore della Città di Torino. Nelle vie Lanino, Mameli, Canale Carpanini, Borgo Dora e Cortile del Maglio antiquari, rigattieri, operatori dell'ingegno espongono con cura le loro merci, mobili, ceramiche, libri, abbigliamento, vintage, prodotti di artigianato. All'interno del Cortile del Maglio manufatti e prodotti in materiale cartaceo si fondono col vintage e creano particolari ed interessanti esposizioni che attirano un pubblico di appassionati.
Inoltre tutti i giovedì sera fino a dicembre viene organizzato in via Borgo Dora il Baloné: antiquariato, rigatteria, bancarelle dell'usato, creatività, giovani stilisti, riciclo, ambientazioni usate, gioielli etnici, mostre fotografiche e d'arte, laboratori ed esibizioni.
L'etimologia del toponimo Borgo del pallone è molto antica ed è riconducibile a molteplici interpretazioni tra cui anche al termine piemontese "balon" che significa, appunto, "pallone".
Tuttavia, sin dall'epoca medievale quest'area era nota come burgum ad pillonos, da cui potrebbe essere derivato, storpiandolo, il nome Borgo del pallone. Secondo quanto riportato da una carta topografica francese risalente al periodo dell'Assedio di Torino del 1706, il Borgo del Pallone risultava già allora tradotto in Faubourg de balon. Questa testimonianza, tra l'altro, smentirebbe la più diffusa e fantasiosa interpretazione sull'origine del nome, che la vorrebbe ricondurre al primo decollo di una mongolfiera, evento accaduto parecchi decenni più tardi nella vicina Francia.
Un'altra ipotesi, di matrice prettamente popolare, sarebbe invece più recente e riconducibile all'inizio del Novecento, facendo derivare il toponimo dall'abitudine degli operai delle vicine concerìe che si ritrovavano a scommettere i loro pochi guadagni presso uno sferisterio e una bocciofila, di cui oggi rimane la sola facciata nella vicina via Cigna, recante scritto "Giuoco Bocce". L'origine del nome potrebbe essere connessa al detto piemontese degli operai "Andoma a gieughe al balon" (ovvero: "andiamo a scommettere sulla partita di pallone elastico").
Nell'estate del 2012 in corrispondenza di piazza Borgodora, come a riprendere uno dei possibili rimandi etimologici del quartiere, è stato posizionato un aerostato che, ancorato con un cavo di acciaio, effettua voli turistici fino a 150 metri di altezza, dando la possibilità di godere di un vasto panorama sulla città e divenendo il nuovo simbolo di questo storico quartiere.
Il numero dei ricoverati (che Cottolengo chiamava "buoni figli") iniziò presto ad aumentare, e con esso le spese della struttura. La Casa attraversò fasi di gravissimo indebitamento, ma il canonico fondatore e i suoi successori non si arresero mai. Usando di donazioni, lasciti ed inattese prebende, il consolidamento fu perseguito attraverso l'acquisto di terreni ed edifici. Alla morte del suo fondatore, nel 1842, l'istituto contava già 1.300 ricoverati. Col passare del tempo, la Casa divenne una piccola città. Quando i "buoni figli" superarono il migliaio, si vissero momenti difficili: i locali non bastavano, così come le provviste alimentari. Ma Torino si dimostrò generosa e sensibile anche in queste circostanze. Nel 1936 fu aperta una Scuola-convitto professionale per infermiere religiose. Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti causarono la distruzione di quattro reparti e la morte di circa 100 persone. Dal 1975 nella Scuola-convitto per infermiere opera anche personale laico.
A breve distanza dal Cottolengo, operava nell’Ottocento un altro dei Santi ‘sociali’ di Torino: San Giovanni Bosco che nella zona di Valdocco crea nel 1846 il suo primo oratorio radunando circa 300 ragazzi su di un prato e sotto una tettoia appoggiata a casa Pinardi, nei pressi del Rondò della Forca, all’epoca quasi completamente circondata da prati, piccole officine e laboratori artigianali.
Il complesso di Valdocco, che costituisce la Casa Madre e il centro spirituale dell’Opera Salesiana, ospita anche la Cappella Pinardi e la Chiesa di San Francesco di Sales. Intorno proliferano le attività gestite dai Salesiani prettamente dedicate ai giovani, quali scuole dell’obbligo e professionali e oratori.
Nel 1864 Don Bosco pose la prima pietra del Santuario di Maria Ausiliatrice: realizzato come atto di riconoscenza all’Ispiratrice della sua Opera e per diffondere la devozione dell’Ausiliatrice, venne consacrato nel 1868 e conserva oggi le sue spoglie. Eretto su progetto dell'ingegnere Antonio Spezia nella seconda metà del XIX secolo, ha una facciata in stile rinascimentale sul modello palladiano della chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, con un timpano, retto da quattro colonne, sul quale sono poste le statue dei martiri Solutore, Avventore e Ottavio mentre a lato del timpano sono le statue di San Massimo e di San Francesco di Sales.
Sull'architrave sotto il timpano si legge la scritta: "Maria auxilium christianorum ora pro nobis" e sotto il rosone la statua in marmo di "Gesù tra i fanciulli". Tra le colonne, a destra e a sinistra della fascia centrale, due altorilievi rappresentano "S. Pio V annuncia la vittoria di Lepanto" e "Pio VII incorona Maria". Nel 1867 la cupola venne ornata da una statua dorata della Madonna opera di Camillo Boggio.Infine, nel 1920 sulla rotonda di fronte alla chiesa venne collocato il monumento a don Bosco, di Gaetano Cellini.
Sull'architrave sotto il timpano si legge la scritta: "Maria auxilium christianorum ora pro nobis" e sotto il rosone la statua in marmo di "Gesù tra i fanciulli". Tra le colonne, a destra e a sinistra della fascia centrale, due altorilievi rappresentano "S. Pio V annuncia la vittoria di Lepanto" e "Pio VII incorona Maria". Nel 1867 la cupola venne ornata da una statua dorata della Madonna opera di Camillo Boggio.Infine, nel 1920 sulla rotonda di fronte alla chiesa venne collocato il monumento a don Bosco, di Gaetano Cellini.
Poco più a nord, stretto tra il Cottolengo, palazzine residenziali degli anni ’30 e la Dora, si trova il cimitero di San Pietro in Vincoli progettato nel 1777 dall'architetto Francesco Dellala di Beinasco su iniziativa di Vittorio Amedeo III, a seguito della disposizione normativa che vietava, per motivi igienici, la pratica delle inumazioni presso le chiese: fu così che si diede avvio alla costruzione di un'opera che rappresentava il primo cimitero costruito fuori dalla cinta muraria cittadina. Il cimitero si presenta con una tipologia a corte e porticato coperto su 3 lati. Sulla facciata, in stile neoclassico, compaiono 2 ordini di lesene: la prima presenta capitelli con ghirlande mentre l'altra raffigura teschi alati; sul timpano del pronao è rappresentato l'angelo della morte. Lo spazio centrale è adibito ad ossario, circondato da 44 pozzi adibiti a sepoltura comune per le salme dei non abbienti mentre sotto i portici (quindi al coperto) ci sono 72 tombe private, distribuite tra lapidi e busti, dove venivano seppelliti i nobili (famiglie Saluzzo di Paesana, Alfieri di Sostegno, Vernazza ecc.). Attorno al cimitero vennero riservate un'area per i non battezzati ed i morti suicidi ed un'altra per gli impiccati e gli esecutori di giustizia. All'ingresso del cimitero compariva una piccola cappella funeraria al cui interno vi era una statua di stile neoclassico denominata La morte velata, in pratica una figura di donna con volto coperto da un velo che le conferiva l'aspetto di un fantasma con sembianze femminili. Tale statua fu realizzata nel 1794 dallo scultore Innocenzo Spinazzi in commemorazione della prematura morte (1792) della principessa russa ventottenne Varvara Belosel'skij, moglie di Aleksandr Michajlovič Belosel'skij-Belozerskij, ambasciatore russo presso la corte sabauda. Nel 1975 la Velata fu trasferita su decisione dell'ufficio tecnico del comune di Torino nei sotterranei della Mole Antonelliana a causa del degrado in cui versava la cappella e il cimitero di San Pietro, ma la leggenda vuole che di notte il suo fantasma passeggi ancora intorno al cimitero, e che qui porti i suoi inconsapevoli amanti.
Con la costruzione del cimitero monumentale a partire dal 1829 il cimitero di San Pietro in Vincoli cadde in uno stato di disuso e pochi anni dopo fu chiuso al pubblico. Nel 1852, a seguito dello scoppio della polveriera del vicino arsenale militare il cimitero subì gravi danni e nel 1854 venne decisa la sua abolizione come cimitero dei giustiziati. Per lungo tempo oggetto di vandalismo, profanazioni e teatro di messe nere, nel 1988 venne radicalmente ristrutturato. Gran parte dei resti dei cadaveri (tranne le cripte del prato centrale che sono state sigillate) sono stati trasferiti al cimitero monumentale e attualmente l'area del cimitero è adibita a luogo di eventi culturali.
Ritornando sul lungo Dora si incontrano due storiche bocciofile torinesi: il Fortino in strada del Fortino, 20/b e il Circolo Ricreativo Mossetto in lungo Dora Agrigento, 16.
A.S.D. Fortino, è nata nell'anno 1922 quando un gruppo di amici, amanti del gioco delle bocce, creò questa bocciofila che si è sempre distinta nell'organizzazione di gare, incontri e manifestazioni ad altissimo livello sportivo e sociale. La struttura, appena rimodernata dal Comune, è un complesso sportivo boccistico a livello Internazionale e l'attività sportiva della squadra bocce è presente nelle Categorie B/C/D. La bocciofila dispone di un punto ristoro e di un servizio bar, dieci campi da bocce, di cui quattro coperti. Il Circolo Ricreativo Mossetto nasce nel 1947, fondatore l'ingegnere Giovanni Mossetto, come circolo ricreativo "Ferrovieri Torino Nord" (dopolavoro ferroviario ferrovia Ciriè Lanzo). La struttura è sede di gare a livello nazionale ed internazionale. Dispone di undici campi da bocce (di cui sei coperti), servizi bar ristoro, sala riunioni e area verde.
Ci si allontana un po’ alla Dora e sembra di essere sulla Sprea, in una delle Kultur Haus berlinesi che uniscono la formazione culturale a occasioni ludiche e sociali: il Cecchi Point in Via Antonio Cecchi, 17. L’HUB Multiculturale Cecchi Point nasce nel 2011 grazie al contributo per la ristrutturazione di varie fondazioni. L’Associazione Il Campanile Onlus, che si occupa dal 1997 di educativa sul territorio nella Circoscrizione 7 e che ha sempre svolto le sue attività nello spazio del Cecchi Point, è il capofila del progetto. Nel 2012 l'HUB multiculturale ha conosciuto un consolidamento della sua struttura, attraverso una maggiore coordinazione e sincronizzazione delle attività e dei progetti svolti all'interno del centro, ed attraverso l'allargamento della rete, sia quella interna, con l'adesione di nuovi soggetti e il maggiore impegno e investimento da parte di alcuni soggetti già presenti, sia quella esterna, attraverso il contatto con enti e associazione che in qualche modo portano iniziative simili a quelle che il centro porta avanti. Grazie alla versatilità degli spazi della struttura, l’HUB offre proposte diversificate (Cecchi Mangia, spettacoli, conferenze, feste, mostre, doposcuola, laboratori, ecc) che incentivano una maggiore frequentazione del centro stesso.
Per ritornare in borgo Dora, si può percorrere il Ponte Carpanini, costruito nel 2004 su progetto dell’arch. Giorgio De Ferrari e ing. Francesco Ossola e nato per sostituire l'ottocentesco ponte a tre campate Principessa Clotilde, irrimediabilmente danneggiato dall'alluvione dell'autunno 2000, all’interno nel più ampio intervento di riqualificazione di Borgo Dora. Esso è costituito da un'unica campata lunga 43 metri e larga 12 e su di esso hanno sede due corsie veicolari, una ciclabile, a due sensi di marcia, e un percorso pedonale, lungo il quale una gradinata / seduta in legno, che si protende verso il fiume, offre la possibilità di godere di una suggestiva vista panoramica.
La struttura portante in acciaio - interamente saldata (oltre 10 chilometri di saldatura), del peso di 700 tonnellate è costituita da due travature longitudinali collegate superiormente, il cui impatto visivo è attenuato dai giochi d'ombra della particolare forma romboidale delle sezioni. I bastioni delle spalle sono rivestiti in pietra naturale proveniente dai materiali recuperati dalla demolizione del vecchio ponte. In caso di piena il ponte si solleva di circa un metro grazie all'azione di martinetti idraulici collocati entro vani interrati ricavati nelle spalle. Nel movimento di sollevamento il ponte porta con sé due paratie verticali che tamponano i varchi dei parapetti in corrispondenza degli accessi stradali, garantendo la sicurezza idraulica delle aree circostanti.
Ritornati nel borgo si incontrano sulla destra il Sermig, nell’ex-Arsenale militare di Torino, e subito dopo l’ex-caserma Cavalli che, ristrutturata recentemente, ospita da settembre 2013 la Scuola Holden di scrittura e storytelling diretta da Alessandro Baricco.
La struttura portante in acciaio - interamente saldata (oltre 10 chilometri di saldatura), del peso di 700 tonnellate è costituita da due travature longitudinali collegate superiormente, il cui impatto visivo è attenuato dai giochi d'ombra della particolare forma romboidale delle sezioni. I bastioni delle spalle sono rivestiti in pietra naturale proveniente dai materiali recuperati dalla demolizione del vecchio ponte. In caso di piena il ponte si solleva di circa un metro grazie all'azione di martinetti idraulici collocati entro vani interrati ricavati nelle spalle. Nel movimento di sollevamento il ponte porta con sé due paratie verticali che tamponano i varchi dei parapetti in corrispondenza degli accessi stradali, garantendo la sicurezza idraulica delle aree circostanti.
Ritornati nel borgo si incontrano sulla destra il Sermig, nell’ex-Arsenale militare di Torino, e subito dopo l’ex-caserma Cavalli che, ristrutturata recentemente, ospita da settembre 2013 la Scuola Holden di scrittura e storytelling diretta da Alessandro Baricco.
Il Servizio missionario giovani (spesso indicato con la sigla SERMIG, da "SERvizio MIssionario Giovani") è un gruppo fondato a Torino il 24 maggio 1964 da Ernesto Olivero insieme ad un gruppo di giovani, con il desiderio di sconfiggere la fame nel mondo tramite opere di giustizia, promuovere lo sviluppo, vivendo la solidarietà verso i più poveri. Nato inizialmente come gruppo missionario con l'intento di cooperare con vari missionari sparsi nel mondo, successivamente il Sermig ha iniziato ad occuparsi anche della povertà presente in Torino, allargando nel contempo la sua opera ad altri luoghi in tutto il mondo. Dal 3 agosto 1983 la loro sede è l'ex arsenale militare di Torino, ribattezzato Arsenale della Pace, una superficie di quarantamila metri quadrati che migliaia di giovani, di donne e uomini, con il loro lavoro gratuito e i con contributi volontari, hanno trasformato in una casa di accoglienza per i poveri, offrendo rifugio per la notte, pasti, cure sanitarie, sostegno a persone che vogliono cambiare la loro vita; una casa di formazione per i giovani (Università del Dialogo per l'educazione alla convivenza tra culture, alla pace e per affrontare i grandi temi dell'esistenza; scuola per artigiani restauratori, laboratorio del suono per il perfezionamento musicale); una casa dove "ognuno può ritrovare silenzio e spiritualità, se stesso e il respiro del mondo".
La Scuola Holden è una scuola di scrittura e storytelling fondata nel 1994 da Alessandro Baricco, Antonella Parigi, Dalia Oggero, Marco San Pietro, Alberto Jona, che trassero l'intitolazione da Holden Caulfield, protagonista del romanzo Il giovane Holden di J.D. Salinger. L'idea era quella di creare un percorso di studi inedito per obiettivi, contenuti e metodi didattici. Vi si insegna a produrre oggetti di narrazione per la pagina, per il cinema, il teatro, la radio, il fumetto, il web e tutti i campi in cui si può sviluppare la narrazione.
L'8 ottobre 2012, in occasione della lezione inaugurale del Biennio in Scrittura e Storytelling 2012/2014 tenuta dallo scrittore Jabbour Douaihy, il preside Alessandro Baricco insieme a Carlo Feltrinelli annunciò che nel 2013 la Scuola Holden sarebbe rinata in una forma diversa (Holden Reborn) con l’aumento del numero degli di studenti (da 60 all'anno a 400), e la variazione dell'offerta didattica articolata in sei college: Scrivere, Filmmaking, Acting, Series, Real World e Crossmedia.
Per accogliere i nuovi aspiranti storyteller è cambiata anche la sede: dalla storica palazzina di corso Dante 118 all'ex Caserma Cavalli e l’inaugurazione della nuova sede ha avuto luogo il 14 settembre 2013.
Il percorso in Aurora si conclude vicino a dov’era iniziato, all’interno del Cortile del Maglio, ovvero in una piazza quadrata, di quaranta metri per quaranta, racchiusa da quattro maniche perimetrali con al centro il grande maglio che domina la scena del cortile coperto e tuttìintorno loxcali, spazi commerciali, studi di design e agenzie di comunicazione.
Il Cortile del Maglio fa parte di un grande complesso architettonico di Borgo Dora che costituiva l'Arsenale Militare. Già alla fine del ‘500, costituì la prima fabbrica delle polveri e raffineria. Alla fine del XVIII secolo, dopo esser divenuto proprietà dei Savoia, fu ricostruito su progetto del colonnello Antonio Quaglia. Nel 1852 fu quasi raso al suolo da un’esplosione che coinvolse anche alcune abitazioni del borgo. Dopo il tragico avvenimento, Vittorio Emanuele II decise di trasferire la Regia Fabbrica delle Polveri in una località più idonea, lontana dal centro abitato e lo stabilimento di Borgo Dora fu invece destinato ad ospitare alcune delle lavorazioni del Regio Arsenale di Torino dove si concentrarono la produzione e la riparazione di affusti di artiglieria e carreggi.
L’edificazione dell’Arsenale di Borgo Dora, ufficialmente denominato Arsenale delle Costruzioni di Artiglieria di Torino, fu seguita e diretta dal Genio Militare, che nel 1867 iniziò a fabbricare l’edificio in stile neomedioevale con un porticato e una torretta. Gli alberi metallici inclinati che sostengono l'ampia copertura esaltano l’antico maglio, importante reperto storico che permette a questo spazio suggestivo di tramutarsi facilmente in sede di svariati tipi di eventi: spettacoli teatrali, saggi di danza, concerti, mostre, fiere e altro ancora.
Da qualche anno, linfa e vitalità al rione di Borgo Dora derivano inoltre dal famoso mercatino natalizio nell’area del Cortile, sempre più intensamente di anno in anno, le prime settimane di dicembre, richiama in zona numerosi turisti e curiosi.
Per una pausa gastronomica quasi dentro il mercato, il consiglio è il ristorantino marocchino Le Gran Maghreb all’angolo nord di Piazza della Repubblica (civico 24) nei pressi dell’altorielievo dedicato a Francesco Cirio: il posto giusto per assaggiare un ottimo couscous di verdure o un tagine di pollo con olive verdi e citrons confits a stretto contatto con famiglie e singoli avventori maghrebini; poco distante sulla piazza al n° 30 – nei pressi del mercato coperto dei contadini sotto la Tettoia dell’Orologio – si trova la grande panetteria e pasticceria marocchina Mouharba che produce, oltre a ottimo pane arabo, deliziosi pasticcini della tradizione nordafricana e mediorientale a base di mandorle, pistacchi, datteri e frutta secca.
Per rimanere nella tradizione occorre spingersi a Borgodora che offre una trattoria (Valenza – Via Borgodora, 39 ) e un circolo ricreativo (Mossetto – Lungo Dora agrigento, 16) per sfamarsi senza grandi soddisfazioni con una cucina popolare modesta e per palati non troppo raffinati.
Un dolce ricordo di Borgo Dora? Un gelato equo-solidale alla Gelateria Popolare (via Borgodora, 3) oppure un'inebriante bacca di vaniglia del Madagascar (o altre profumatissime spezie) da Edith Eloise Jeomazawa nel suo Atelier Madagascar in via Borgodora, 21.
Per il percorso completo e ulteriori informazioni:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro
http://it.wikipedia.org/wiki/Aurora_(Torino)
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro
http://it.wikipedia.org/wiki/Aurora_(Torino)
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