mercoledì 30 aprile 2014

Le Vallette: una periferia tutta d’un pezzo

Le Vallette (Valëtte in piemontese) è un quartiere della V Circoscrizione di Torino, situato nella periferia nord-ovest della città e delimitato a nord da strada di Druento e via Traves, a est corso Cincinnato, a ovest da via delle Primule e a sud da Barriera di Pianezza.
Il nome deriva da un toponimo medievale, ossia le Vallette di Aviglio, che a sua volta si riferisce ad un insediamento romano della famiglia patrizia Aviglia; da questo toponimo deriva il nome della cascina sul cui podere furono costruite, a partire dal 1958, le case popolari del quartiere: una cascina, a corte chiusa e con pianta a “C”, di origine seicentesca che da il nome al quartiere e ancora oggi è destinata ad attività agricole con la produzione di ortaggi e di fiori grazie all’attività instancabile di Wilma Stella, presidente della sezione Coldiretti di Torino, che qui ci è nata e ha sempre vissuto dovendo però nel tempo spostare le sue coltivazioni dell’area agricola metropolitana fra Collegno e Pianezza; ma la sede dell’azienda l’ha voluta mantenere alle Vallette, come simbolo di resistenza.

Nel 1816 la cascina era di proprietà dei Savoia e viene assegnata in dote a Marianna d’Asburgo, la quale la vende poco tempo dopo a Carlo De Filippis; per tale motivo nel Catasto particellare Gatti del 1820 viene denominata “Cascina Regia”. In quel periodo la cascina risulta composta da case rustiche, cortile, orto, prati e campi. Nel 1860 passa di proprietà a Alessandro Franchi Verrey, insigne studioso, che la trasforma in cascina modello con piantagioni di gelsi, allevamento del baco da seta e apicoltura. Quando la famiglia si estingue, la cascina viene acquistata dalla contessa Rissetti. Nella prima metà del XX secolo si registra un ampliamento che sostanzialmente ne raddoppia l’estensione, come è dimostrato dalla Carta I.G.M. del 1935.
Successivamente, per far posto alle attuali costruzioni e alla strada, sono stati demoliti la stalla (che ospitava circa 200 capi di bestiame), il fienile e il porticato. Oggi rimane solo la parte nord della cascina che risulta caratterizzata da un impianto planimetrico a “C”. Particolarmente interessanti sono i casi da terra (depositi di prodotti e attrezzi agricoli) che si affacciano sulla corte interna con grandi archi su pilastri in mattoni a vista.

L’altra grande cascina del quartiere, ora in completo stato di abbandono, è la cascina Bianco, edificata probabilmente nel 1724, su una grangia cinquecentesca distrutta durante l’assedio di Torino nel 1706. Dopo diversi passaggi di proprietà, la cascina viene acquistata dall’avvocato Carlo Emanuele e da Giovanni Battista Bianco, figli del banchiere Alessandro di Torino.
Durante l’assedio di Torino la cascina fu saccheggiata e distrutta. Dopo la ricostruzione avvenuta probabilmente nel 1724 come attesta un’incisione sull’arcata del fienile, nella cascina Bianco fu impiantata, negli anni ’60 del XVIII secolo, da Domenico Rubietto, una filatura da seta.
Nella Carta topografica della caccia, datata 1762, l’edificio presenta una planimetria a “C”, con la manica lunga rivolta verso la vicina bealera.
Nel 1790 l’architetto Amedeo Grossi la rileva come «il Bianco cascina dell’Illustrissimo sig. Conte di Sandigliano sita vicino alla Chiesa parrochiale di Lucent». In quel periodo l’edificio è inserito in un paesaggio agricolo costituito da campi, prati e dal corso delle bealere Naviglio Nuovo e Vecchio.
Nella prima metà del XX secolo alle costruzioni storiche della cascina si aggiungono ulteriori corpi di fabbrica anche isolati nella corte interna e nella seconda metà dello stesso secolo si registrano significative variazioni: la cascina viene  frammentata in due unità abitative, con altrettanti proprietari, e ampliata con nuovi corpi di fabbrica. Attualmente il nucleo più antico versa in stato di abbandono e si presenta in cattivo stato di conservazione, mentre la restante parte, dopo diversi ampliamenti e ristrutturazioni, è adibita a uso residenziale.

Edificata come cascina Brucco nella prima metà del XVIII secolo, è stata eretta a villa dopo il 1740 probabilmente su progetto di un allievo dell’architetto Filippo Juvarra. Fu trasformata in casa di cura nel 1851 dal farmacista Gabriele Grosso per volere del nuovo proprietario, il banchiere Andreis. Attualmente l’edificio, di proprietà privata, è ancora adibito a casa di cura. Villa Cristina, localizzata nell’area denominata “Feudo di Lucento”, sorge intorno al 1740 sulla preesistente cascina Brucco, dal nome della famiglia che la possedeva.
Nella Carta topografica della caccia del 1762, la Cascina Brucco, viene rilevata come corpo di fabbrica a pianta rettangolare con maestosi giardini e corte chiusa. Il paesaggio d’intorno è costituito da campi, prati, strade e dal braccio della bealera (canale d’irrigazione) Putea che scorre nei pressi. La villa, probabilmente su progetto di un allievo dell’architetto Filippo Juvarra, viene costruita intorno al 1740. Al suo interno trova spazio una cappella che faceva parte della precedente cascina Brucco. Nel 1849 il banchiere Andreis, nuovo proprietario, incarica il farmacista Gabriele Grosso della trasformazione della villa in casa di cura. Il cambiamento di destinazione d’uso avviene nel 1851. Già nel decennio successivo, come attestano le mappe del Catasto Rabbini del 1866, l’impianto architettonico di villa Cristina è interessato da interventi di ampliamento con la costruzione di nuovi corpi di fabbrica. Altri ampliamenti avvengono nel corso del XX secolo, fino agli anni ’70, quando il complesso ha assunto la forma che ancora oggi vediamo. E’ di grande interesse il prospetto dal disegno barocco con paraste, finestrature, aperture ad oculo, campanile a vela, con orologio e torretta centrale. Attualmente l’edificio, di proprietà privata, è ancora adibito a casa di cura.


La precedente lottizzazione del podere della cascina Vallette permette lo sviluppo di una piccola comunità di ortolani che ha come luogo di ritrovo una bocciofila locale. Il piano urbanistico del quartiere data 1957 e si deve all'ing.Gino Levi-Montalcini, che curò anche la progettazione di vari edifici di edilizia popolare. Rispetto al progetto originale vi furono tuttavia delle variazioni che impattarano negativamente sulla socialità del quartiere: gli impianti sportivi, sanitari e culturali previsti non vennero costruiti, come anche una parte delle case; vennero costruite solo successivamente alcune scuole in più per l'alta media di bambini per famiglia.
L'assenza di strutture di servizio pubbliche fu compensata, solo in seguito, dalle strutture associative e ricreative della parrocchia, intitolata alla Sacra Famiglia, che spicca alta sulla piazza con il suo rivestimento a mattoncini di pietre grigie. Precedentemente ai primi insediamenti, una parte delle case viene utilizzata come villaggio internazionale per i giornalisti e gli sportivi arrivati a Torino in occasione dei festeggiamenti per il centenario dell'Unità d'Italia nel 1961. I primi affittamenti delle case sono della fine del 1961, e in dieci anni il numero di famiglie arriverà a essere circa 2600, per una popolazione di circa 13000 persone. Nel corso degli anni Settanta si aggiungono alcuni servizi come l'anagrafe, il consultorio e il centro d'incontro che vengono creati intorno a quello che è sempre stato il centro del quartiere e da qualche anno è piazza Montale. Negli ultimi la piazza ha subito un significativo restyling architettonico e urbanistico con la collocazione sulla stessa di 16 globi posti sulla cima di altrettante colonne di mattoni, agli estremi due globi in maggiori, in pietra, per altrettante fontane.

Sulla piazza oltre alla chiesa si trovano l’oratorio dedicato a Don Orione e un centro di incontro polifunzionale a perto nel 2003: CAOS (Officina per lo Spettacolo e l’Arte Contemporanea) gestito da Stalker Teatro.Dalla parte opposta della piazza , oltre le panchine in pieno sole, l’ufficio postale con la facciata completamente graffittata. Dietro il consultorio e l’ufficio postale, doce c’erano garage e depositi, ora resta un altro teatro, l’ARCI - Il Muretto, teatro sociale di strada, anch’esso sufficientemente graffitato.

Una parziale rivalutazione dell’area è in corso negli ultimi tempi, anche grazie alla costruzione del nuovo Juventus Stadium e di alcune aree commerciali che, unite alla volontà dei residenti di riappropriarsi di spazi e aree prima dimenticate, hanno contribuito a migliorare i servizi dell’intera zona. Di proprietà della società calcistica Juventus Football Club, è sede degli incontri interni della sua prima squadra dalla stagione 2011-2012. Ottavo stadio italiano per capienza con 41 000 spettatori, nonché il primo del Piemonte, esso sorge sulla stessa area del preesistente, e demolito, Delle Alpi – di cui riutilizza parte delle strutture. Prima struttura calcistica italiana priva di barriere architettoniche nonché primo impianto ecocompatibile al mondo, è uno dei tre stadi italiani (assieme al concittadino Olimpico, e all'altro Olimpico di Roma) a rientrare nella categoria 4 UEFA – quella con maggior livello tecnico –, in ragione della quale è stato destinato a ospitare la finale dell'Europa League 2013-2014. Si tratta, inoltre (insieme al Friuli di Udine e al Mapei Stadium di Reggio nell'Emilia), di uno dei pochi catini di Serie A di proprietà del proprio club. Ritenuto tra gl'impianti più avanzati a livello mondiale, lo Juventus Stadium è stato premiato con lo Stadium Innovation Trophy al Global Sports Forum 2012 quale scenario sportivo più innovativo d'Europa; la sua cerimonia d'inaugurazione, avvenuta l'8 settembre 2011, ha vinto il premio come miglior evento celebrativo in Italia ai Best Event Awards Italia.

L'accesso, privo di barriere architettoniche, avviene da quattro ingressi posti sugli angoli, con ampie rampe che seguono il profilo delle collinette verdi sulle quali sorge l'impianto e portano ad un anello che circoscrive lo stadio. La copertura sospesa degli spalti, realizzata in PVC, è sorretta da un sistema di stralli e da due grandi tiranti di 86 metri d'altezza, che richiamano la vecchia struttura del Delle Alpi. Studiata nella galleria del vento, la copertura è stata realizzata ispirandosi al profilo delle ali degli aerei: una struttura di grande leggerezza, realizzata in una membrana in parte trasparente ed in parte bianca, per permettere una visione ottimale del campo, sia diurna sia notturna, ed in grado di garantire il passaggio della luce tramite i lucernari, in maniera tale che sia sufficiente per la crescita dell'erba del campo. Il risultato architettonico finale è quello di un cosiddetto stadio all'inglese, ovvero un impianto comodo, moderno ed economico. Il pubblico è molto vicino al campo, e la visuale della partita risulta ottimale da ogni punto delle tribune, creando un'atmosfera di forte impatto tra i tifosi.

Poco a nord dello stadio, nell’area della Continassa, utilizzata per qualche estate per gli eventi musicali dell’Arena Rock e del Free Village, la Juventus ha intenzione di trasferire a breve la sua sede sociale e il nuovo training center della prima squadra, realizzando un grande centro sportivo che comprenda tutta l’area tra lo stadio e via Traves, rinnovando l’antica cascina per ospitarvi i propri uffici. Per ora nella zona tra via Traves e corso Ferrara rimangono il nuovo Mattatoio di Torino e il Mercato Ittico all’ingrosso, da qualche anno tradseriti in periferia dal centro città.
Il quartiere Vallette o meglio Le Vallette è celebre per i nomi delle sue vie ispirati ai fiori (Primule, Pervinche, Glicine, Ciclamini, Magnolie) e sembra essere uno dei quartieri più verdi di Torino grazie anche ai suoi molteplici viali alberati. L'area verde del quartiere, di grandi dimensioni, è costituita dalla parte nord del Parco Carrara, più comunemente chiamato Parco della Pellerina che  si estende per lo più nei quartieri limitrofi di Parella e Lucento e dal  Parco delle Vallette, recentemente uniti da una pista ciclabile bidirezionale larga 2,5 metri che ha permesso inoltre di completare il collegamento Venaria-Stupinigi attraversoil Parco Ruffini. Un primo tratto congiunge via Pianezza con il Parco della Pellerina; un altro percorso si dirama da questo per connettersi con il parco delle Vallette e da qui la Reggia di Venaria.La lunghezza totale del nuovo percorso è di 1400 metri, che si aggiungono ai 300 già esistenti. Il Parco delle Vallette, il cui accesso principale è all’angolo tra Via delle Primule e Via dei Gladioli, ma ha anche un accesso da via Pianezza, si presenta con una collinetta verde con una siepe a spirale, un anfiteatro e alcune colonne e porte “neoclassiche”: dietro fanno da quinte due ciminiere arancio arruginite, a memoria della grande industria qui presente dagli anni cinquanta agli ottanta.

Abbandonando il quartiere su Via Pianezza (n° 300), si incontra l’ultima presenza del quartiere, il carcere Lo Russo e Cutugno, comunemente noto come “Le Vallette”: presenza spesso scomoda ma non trascurabile se non per il fatto stesso dell’identificazione e la sovrapposizione di carcere e quartiere, con l’ovvio disappunto dei residenti.
La casa circondariale fu costruita nel 1978, a seguito della legge di riforma penitenziaria del 1975, entrando in funzione nel decennio successivo. Con una capienza di circa 1000 detenuti, ed una presenza effettiva superiore di centinaia di unità, comprende una sezione femminile che ospita circa 100 donne. L’intero complesso conta cinque padiglioni, su una superficie di circa 2500 mq, e circa 3500 mq di aree verdi: la destinazione nei settori varia secondo il percorso trattamentale e il regime penitenziario imposto.

La struttura comprende: una sezione “penale”, una sezione femminile, una sezione osservativa per persone affette da patologie psichiche, una sezione ospitante sia detenuti sieropositivi sia sani, in esecuzione di un programma trattamentale noto come progetto “Prometeo”, una sezione con trattamento di custodia attenuata (Arcobaleno), una sezione per collaboratori di giustizia e una sezione di alta sicurezza; inoltre vi sono strutture destinate a un progetto trattamentale di primo livello per detenuti tossicodipendti, strutture sportive, religiose e per le attività didattiche cui sono assegnate persone iscritte ai corsi scolastici istituiti dai CPT che operano all’interno, e persone iscritte ai corsi di formazione professionale, un polo universitario, promosso dalla facoltà di Scienze Politiche, un Centro Clinico e un teatro
Da come si legge sul sito internet dell’istituto: “Pur cronicamente afflitta da una grave condizione di sovraffollamento carcerario e caratterizzata da un grande turn-over, la Casa circondariale "Lorusso e Cutugno" si è da sempre contraddistinta per la sua vocazione al trattamento, dando notevole impulso agli elementi previsti dall'articolo 15 dell'ordinamento penale attraverso i quali (principalmente lavoro ed istruzione) si realizza. Qui, e' stato anche elaborato un variegato e ricco ventaglio di offerte trattamentali il più possibile mirate e aderenti ai bisogni dei ristretti, in modo da alleviare e rendere al tempo stesso proficuo il periodo di privazione della libertà personale.”

Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro

http://it.wikipedia.org/wiki/Vallette