Il destino dei quartieri Barca e Bertolla è da sempre legato all'acqua; il nome Barca, che si sviluppa verso i confini con Settimo, è dovuto all’antica presenza nell’area di barcaioli e traghettatori prima della costruzione del ponte Amedeo VIII. La struttura urbanistica del quartiere è molto varia ed articolata su più borgate (Scarafiotti, Biasoni e Baraccone), con la presenza di case basse, palazzi, cascine, capannoni industriali, piccole aziende, laboratori artigiani ed officine. Su Strada Settimo si trova l’Abbadia di Stura, risalente al 1146 rappresenta la costruzione più antica della Circoscrizione, ma che tuttora versa in condizione di totale abbandono.
Il quartiere di Bertolla si estende invece in prossimità del confine con il comune di San Mauro, ma il destino comune di questi due quartieri di Torino è da sempre legato alla Stura, fiume posto al di fuori delle mura dell’antica Torino, che nasce dal Pian della Mussa e che è sempre stato un corso d’acqua dalle vigorose correnti che, nel tratto limitrofo cittadino dei quartieri di Barca e Bertolla, si dividono in molti bracci, ricongiungendosi e separandosi più volte.
Borgata Bertolla, situata nel tratto di confluenza tra la Stura e il Po, è luogo noto per la caratteristica attività dei lavandai o lavandieri che, dalla fine dell’Ottocento e in modo organizzato dai primi del Novecento, si occupavano di lavare i panni per tutti gli abitanti di Torino. Chi viveva, infatti, in città, non aveva la comodità dell’acqua all’interno delle abitazioni, e un’ordinanza comunale del 1934 vietava lo sciorinare dei panni nei rivi cittadini e l’asciugatura degli stessi per le vie della città al fine di evitare che questa assumesse un aspetto poco decoroso. Così tutte le famiglie erano costrette a dare da lavare tutta la biancheria: lenzuola, tovaglie, indumenti, e quant’altro. La zona di Bertolla, caratterizzata da molti canali (bealere) che servivano d’acqua i vasti campi coltivati a mais o a foraggio per il bestiame, divenne il quartiere dei lavandai: qui si sfruttava la ricchezza d’acqua e la possibilità di usare gli spazi di campagna come asciugatoi naturali, per sviluppare la redditizia ma faticosissima attività di lavanderia. Si lavò a mano fino al dopoguerra, ma i lavandai di Bertolla continuarano ad andare nelle case della città a ritirare la biancheria da lavare sino a pochi anni fa.
Inoltre, è stato allestito un museo, in Strada Bertolla 113, vicino alla Parrocchia di S. Grato, in cui sono raccolte testimonianze fotografiche e materiale dell’epoca che raccontano l’attività dei lavandai. Ogni anno, nella prima quindicina di settembre, il gruppo personaggi storici sfila in costume per le vie del quartiere Bertolla per tenere vivo il ricordo della storia della borgata e per far assaporare agli appassionati e ai nostalgici un po’ di passato.
Il nostro itinerario tra Barca e Bertolla inizia proprio sul ponte Amedeo VII che sancisce quasi un passaggio dalla città, come centro urbano, ai due quartieri che seppur non si distaccano fisicamente dalla città, conservano una natura più paesana e rilassata. Il ponte Amedeo VIII attraversa la Stura sulla direttrice della Strada di Settimo e fu costruito nel 1933 dall’impresa Defilippi su progetto di Mario Dezzutti, sostituendo un precedente ponte sul quale passava, fin dal 1884, la linea tranviaria Torino-Settimo. Presenta cinque campate e misura 138 metri di lunghezza e 20 metri di larghezza e rappresenta un tipico esempio di ponte in cemento armato a travi raccordate, degli anni Trenta.
Superato il ponte si percorre per un breve tratto strada Settimo, da sempre l’arteria più trafficata del quartiere in quanto storicamente sulla direttiva che portava da Torino verso Vercelli e poi Novara e Milano; ma la si abbandona presto, girando prima in via della Magra e poi in via Anglesio per inoltrarsi nel quartiere e raggiungere (al civico 25) lo spazio verde dove nell’estate del 2011 si è realizzato il Cantiere Barca: maturato nel programma per lo spazio pubblico situa.to, a cura di a.titolo e Maurizio Cilli, il progetto è seguito e condotto da artisti, antropologi e architetti: i cosiddetti traceurs, cioè coloro che “tracciano e intessono” trame nelle maglie dello spazio pubblico. Nel caso specifico a Barca Giulia Majolino, Alessandra Giannandrea e Francesco Strocchio hanno analizzato ed esplorato le griglie dell’area: una zona in passato caratterizzata da un molo con imbarcazioni per l’attraversamento del fiume e l’ingresso in città, ma anche quartiere che, nella sua storia recente, data la marginalità, ha vissuto disagi sociali, ma con il grande potenziale oggi dei suoi abitanti, ossia vecchi residenti, immigrati dal Mezzogiorno e extracomunitari.
Dopo un anno di lavoro preparatorio, scandito da laboratori scolastici e attività di quartiere, dal 21 al 26 giugno è stato all’opera Raumlabor, collettivo tedesco interdisciplinare noto per la progettazione urbana di architetture temporanee. “Il team ha mutuato immediatamente l’area verde antistante il centro per la terza età in una sorta di falegnameria, fabbrica dei desideri e start-up di “nuove committenze”. Nasce infatti una scritta di risulta che rappresenta l’identità del Cantiere Barca e, mentre delle assi diventano una pedana-palcoscenico per delimitare un’area di azione per ragazzi, un proprio spazio e confine, dei materiali di scarto servono per la creazione di sedute utili per la siesta pomeridiana. Non ultimi, il desiderio di giocare “a misura di bambino” genera delle minute porte da calcio trasportabili, e l’esigenza di colore coinvolge l’artista tedesca Jana Gunstheimer nell’interpretare pittoricamente colonne, mattoni e saracinesche della struttura.
Quello che poteva sembrare un non luogo oggi è uno spazio di relazione tout-court. Ma la volontà e la speranza di vivere il proprio quartiere sicuramente soggiaceva; ci voleva forse solo una barca, un quesito per interrogarsi sul senso di appartenenza, per vedere un lembo di verde nel cemento diventare un’agorà.”
Quello che poteva sembrare un non luogo oggi è uno spazio di relazione tout-court. Ma la volontà e la speranza di vivere il proprio quartiere sicuramente soggiaceva; ci voleva forse solo una barca, un quesito per interrogarsi sul senso di appartenenza, per vedere un lembo di verde nel cemento diventare un’agorà.”
Sulla strada di San mauro, l’altra direttrice della zona, si notano dsulla sinistra prima un vecchio arco di ingresso in mattoni con ufficio postale (moderno) e anche una casale alla peruviana (al 123); in via della Verna e in Torre Pellice prosperano gli orti della zona che si lasciano alle spalle per percorrere strada comunale di Bertolla per entrare nel cuore paesano dell’altro nucleo storico e abitativo della zona: al 74 si incontra la scuola materna aperta nel 1900 grazie a una sottoscrizione, e, dopo una curva, la parrocchia (al 113) e un bar.
La chiesa di San Grato, nata come cappella rurale nel XVIII secolo, fu ampliata nel secolo successivo per divenire chiesa succursale dell’Abbadia di Stura nel 1853: fin dal medioevo, tutto il territorio torinese posto oltre la Stura, rientrava sotto la giurisdizione dell’Abbadia di Stura. La borgata di Bertolla aveva comunque una sua chiesa che, nata come cappella rurale nel XVIII secolo, fu ampliata nella prima metà del secolo successivo ed eretta a chiesa succursale nel 1853. Il nuovo edificio di culto, molto probabilmente, inglobò la cappella settecentesca che costituì il presbiterio della chiesa. Dopo circa un trentennio dalla sua costruzione, la chiesa si rivelò insufficiente per le esigenze della borgata, pertanto dal 1885 si iniziarono i lavori di ampliamento che furono portati a termine nel 1900. Sul finire degli anni ’50 il sistema territoriale legato all’Abbadia di Stura fu smembrato per far fronte al sempre più imponente sviluppo urbano e il 3 gennaio 1960 la chiesa di Bertolla divenne ufficialmente l’odierna parrocchia di San Grato.
Il centro sociale di Bertolla non è pero il sagrato della chiesa ma piazza Monte Tabor, uno spiazzo come ce ne sono in campagna, ma una sorpresa all’interno di una città. Come nelle frazioni montane, per le piccole case familiari attorno alla piazza quasi non c’è distinzione tra strade e cortili di case.
Proseguendo sulla sinistra della piazzetta, via Gran san Bernardo attraversa alcuni orti privati congiungendosi al sentiero che corre lungo il canale derivatore, la corsia d’acqua che parte dal ponte diga e riprende il Po dopo il salto nelle turbine della centrale idroelettrica dell’impianto Po Stura-San Mauro dell’Azienda Elettrica Municipale, oggi IREN – qui visibile dall’altro lato.
Il canale derivatore delimita a nord la riserva naturale speciale Meisino e Isolone di Bertolla, istituita per tutelare le zone umide presenti attorno alla confluenza nel Po della Stura di Lanzo. Al suo interno è incluso il parco del Meisino, uno dei più grandi parchi della città di Torino, con un'estensione di 450.000 m² (45 ettari), collocato nella zona nord-est della città tra un'ansa del fiume Po, via Agudio il Ponte Sassi, corso Casale e la strada del Meisino. Il parco viene chiamato del Meisino dal nome Piemontese che indica la zona compresa nell'ansa del Po come “terra di mezzo”.
L'area oggi tutelata dalla riserva naturale era un tempo soggetta a ricorrenti allagamenti causati dalle piene del Po. Il problema fu risolto 1952 dalla posa di un'ariginatura in muratura, la quale aveva l'obiettivo primario di creare, assieme alla diga del Pascolo, un invaso per la produzione di energia idroelettrica. La prima realizzazione del parco del Meisino, che data 1988 e fu curata dalla sesta circoscrizione, fu messa in forse da una proposta di una variante al piano regolatore di Torino che avrebbe comportato la realizzazione di una grande quantità di fabbricati residenziali nell'area. Tale variante fu però accantonata anche per l'opposizione di varie associazioni ambientalistiche e la legge regionale 28 del 1990 istituì nell'area la Riserva Naturale Speciale del Meisino e dell'Isolone Bertolla, che venne quindi incluso nel sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po.
L'isolone di Bertolla è l'unico esempio di garzaia urbana presente in Italia. I pioppeti dell'isolone, in via di rinaturalizzazione, sono utilizzati per la nidificazione da una vasta colonia di aironi cinerini. Anche il resto della riserva presenta un notevole interesse ornitologico, potendosi osservare circa 100 diverse specie di uccelli, tra cui lo svasso e il tuffetto; mentre tra i canneti che circondano il bacino della diga del Pascolo nidificano il germano reale e la gallinella d'acqua. Il parco del Meisino, a cavallo tra i quartieri di Barca, Bertolla e Madonna del Pilone, è sfruttato dagli abitanti della città di Torino come luogo di passeggiate e di allenamenti podistici e al suo interno vi sono alcune strutture sportive, tra le quali un centro ippico, campi da calcio e da beach volley e campi da bocce. Talvolta il parco viene anche utilizzato per manifestazioni competitive (es. Royal Half Marathon), ed è sempre aperto 24 ore al giorno con la possibilità di praticarvi un interessante birdwatching urbano.