giovedì 30 gennaio 2014

Spina Reale: borgate e barriere, percorsi coperti e scoperti


Spina Reale non è un vero proprio quartiere, ma un territorio urbano della città di Torino che racchiude virtualmente  Borgata Vittoria, Borgata Tesso e Madonna di Campagna, tutti quartieri che hanno in comune il fatto essere attraversati prima a livello terra e ora in sotterranea dalla ferrovia metropolitana  Torino-Aeroporto-Ceres, nata ai tempi di Torino Capitale del Regno d'Italia e negli ultimi anni decisamente riqualificata.
La ferrovia Torino–Ceres è una linea ferroviaria che collega il capoluogo a Ceres passando per l'aeroporto internazionale di Torino-Caselle. Dal 2003 è gestita dal Gruppo Torinese Trasporti (GTT), mentre in passato fu gestita dalla SATTI, dalla Ferrovia Torino-Ceres (FTC) e dalle Ferrovie Torino Nord (FTN). La costruzione è avvenuta gradualmente dal 1868, quando viene inaugurato il primo tratto di ferrovia tra la Stazione di Torino Porta Milano e Venaria Reale, al 1916, quando il 17 giugno viene completata l'intera linea montana con tratti in pendenza massima al 35‰, curve di 200 m di raggio e lunghezza complessiva di circa 44 km.
Fino al 1988 la linea partiva dalla stazione di Torino Porta Milano situata in corso Giulio Cesare (vd. itinerario in Aurora), nei pressi di Porta Palazzo, e lungo il suo tragitto si dipartivano svariati raccordi ferroviari per le aziende: quello per l'Arsenale in Piazza Borgo Dora, quello per le Officine del Gas (in seguito Italgas) in Corso Regina Margherita 52 (stabilimento raggiunto con un ponte sulla Dora Riparia), assieme a quelli delle Officine Moncenisio e dell'ATM di Corso Tortona, per l'azienda NAFTA e per l'azienda Gilardini). Altri raccordi lungo la linea erano quelli per le Ferriere FIAT (presso la stazione di Madonna di Campagna), per la Snia Viscosa e le Manifatture Martiny di Venaria Reale. Il trasporto merci cessa definitivamente verso la metà degli anni Ottanta e quindi, da quella data, la linea è percorsa unicamente da convogli passeggeri.
 
Alla fine degli anni ottanta la linea è stata ampiamente rimodernata ed interrata nel comune di Torino; in concomitanza dei lavori è stata dismessa la stazione di Torino Porta Milano ed il capolinea è stato arretrato alla stazione di Torino Dora, costruita per l'occasione così come quella di Venaria Rigola-Stadio. A partire dal 22 settembre 1993 e fino al 2008 la ferrovia è stata interrotta e percorribile dai treni unicamente fino a Germagnano in seguito all'alluvione che aveva colpito le Valli di Lanzo. In seguito ai lavori del Passante ferroviario di Torino è oggi separata dalla rete di RFI, in attesa di costruire una nuova interconnessione al posto di quella di Torino Dora.
Secondo i progetti futuri la linea ferroviaria dovrebbe raggiungere il centro di Torino innestandosi nella stazione di Torino Rebaudengo: in tal modo l'attuale linea sarà percorsa dai treni solo fino alla stazione di Madonna di Campagna, per poi correre in un nuovo tunnel che sarà scavato sotto l'attuale corso Grosseto; così facendo la stazione di Torino Dora verrà chiusa dopo appena un ventennio dalla sua costruzione. Detta linea diventerà parte integrante del servizio ferroviario metropolitano di Torino, linea SFM2 Germagnano-Pinerolo, gestita da Trenitalia e alla conclusione dei lavori per il Passante ferroviario, inoltre, la ferrovia Torino-Ceres raggiungerà la stazione di Torino Lingotto.

Borgata Vittoria (anche nota come Borgo Vittoria, Borgh Vitòria in piemontese) è un quartiere della V Circoscrizione di Torino, ubicato nella parte nord della città. È delimitato a nord dalle Basse di Stura e dallo stesso torrente Stura di Lanzo, a est dal passante ferroviario di Torino, a sud da corso Mortara e a ovest da via Orvieto, via Casteldelfino e via Vaninetti
Il nome è memoria della battaglia finale dell'assedio del 1706, avvenuta contro le truppe franco-spagnole il 7 settembre 1706 da parte delle truppe sabaude e austriache: infatti il teatro della battaglia fu la zona sud dell'attuale borgo ed i nomi di molte vie sono il ricordo di quell'avvenimento. Borgo Vittoria è in un'area molto popolosa di Torino, il grosso dello sviluppo demografico ha avuto inizio negli ultimi anni cinquanta ed è proseguito fino a metà anni settanta dello scorso secolo sulla scia della grande immigrazione interna, prima dal nord-est poi dal sud Italia. La popolazione è rimasta sostanzialmente stabile come numero di abitanti, anche dopo l'inizio del calo demografico, grazie all'immigrazione sia extraeuropea sia comunitaria.
Da un punto di vista urbanistico la Spina 3 è una vasta area di riconversione della ex zona industriale che coinvolgeva il quartiere di Borgata Vittoria, oltre che a quelli di San Donato (vd. itinerario in San Donato) e Madonna di Campagna. Gli interventi urbanistici sono di tale portata (anche se di poca omogeneità) che i media chiamano sovente questa area Spina 3 non riferendosi più a quartieri che ancora, urbanisticamente, sarebbero di riferimento.
Borgata Vittoria è lo sbocco naturale della spina verso nord di questa opera viaria, nel parallelepipedo compreso tra Corso Mortara, Via Orvieto, Via Tesso, Via Giachino e Via Udine.
L'abbattimento della sopraelevata di corso Mortara, costruita all'inizio degli anni settanta, ha consentito ricongiungersi ai confinanti quartieri San Donato e Madonna di Campagna tramite la realizzazione di un complesso di rotonde, sottopassi stradali e un nuovo modernissimo ponte sulla Dora.


Le altre principali arterie del quartiere sono corso Venezia, corso Grosseto, via Breglio, via Stradella e via Cardinal Massaia. 
Il centro del quartiere è costituito da una piazza alberata circondata da caffetterie e negozi e dalla piazza adiacente denominata piazza della Vittoria, sede del mercato all'aperto sei giorni alla settimana.


La via principale del quartiere resta in ogni caso via Chiesa della Salute che, con i suoi negozi, rappresenta la principale arteria per il piccolo commercio, questa via deve il suo nome al Santuario della Chiesa della Salute, edificio di culto costruito tra il 1895 e il 1950 su progetto dell’architetto Angelo Reycend, intitolato a Maria come salvezza della patria e come salute degli infermi. Per soddisfare infatti il bisogno spirituale degli abitanti di Borgata Vittoria, nel 1880 si decise di costruire una chiesa e dopo vari anni, sul luogo venne costruito inizialmente un oratorio. Nel 1895 l'Arcivescovo di Torino, Davide Riccardi, benedisse la prima pietra della nuova chiesa torinese. La congregazione dei Giuseppini del Murialdo ne divenne proprietaria nel 1927. I lavori per la costruzione si protrassero fino al giugno 1950 quando furono completati il battistero, il pulpito e il pavimento in marmo. Il 17 ottobre 1992 fu benedetto l'altare mentre il 24 ottobre venne inaugurata l'urna contenente le spoglie di san Leonardo Murialdo, sormontata da una vetrata policroma imponente.

La sede della Circoscrizione V, di cui fanno parte anche Borgo Vittoria e Madonna di Campagna, è l’edificio di via Stradella, 168-192, che fu sede delle Concerie Italiane Riunite e, tra il 1905 e il 1907, al centro di opere di modifica e ampliamento firmate dall’architetto Pietro Fenoglio, seguite, tra il 1916 e il 1924, da ulteriori interventi che portano a sopraelevare la porzione adibita a ospitare i reparti di essiccatoio. Dopo la chiusura dell’azienda, avvenuta nel 1982, una parte del sito è abbattuta a vantaggio di attività commerciali, mentre la porzione affacciata sulla via Stradella è acquistata dal Comune di Torino, che nel 1997 avvia i lavori per il suo riutilizzo culminati, nel 2000, con l’inaugurazione della nuova sede della Circoscrizione V. Resta in disuso l’area prospiciente a via Cardinal Massaia, per la quale sono iniziati nel febbraio 2011 i lavori di demolizione che porteranno, con tutta probabilità, alla nascita di un parcheggio. Proprio di fronte all’Ex-CIR, una serie di 7 turet posti a raggiera in una sorta di stonehenge virtuale che purtroppo, per mancanza di fondi, sono da qualche tempo tutti a secco. 

Contiguo a Borgo Vittoria, Madonna di Campagna (già Campania Taurini, Madòna 'd Campagna in piemontese) è un quartiere residenziale ubicato nella parte nord di Torino a ovest di Borgo Vittoria, delimitato a nord dalle Basse di Stura e dallo stesso torrente Stura di Lanzo, a est dalla Strada dell’Aeroporto e da Corso Potenza, a sud da corso Mortara e via Nole e a ovest da via Orvieto e via Paolo Veronese. Il quartiere ospitò il primo convento dei Frati Cappuccini nel 1540 e per tale motivo il quartiere è strettamente correlato al Monte dei Cappuccini.
Con il termine Campania Taurini, nel medioevo, si intendeva il territorio compreso tra il Sangone, il Po, la Stura e si estendeva sino ad Alpignano, Rivoli e Rivalta. Nel medioevo e ancora oltre, fino all'Ottocento, il territorio era adibito soprattutto a campo. Da remoti frammenti storici, risalenti al XIV secolo, si ha notizia di un modesto capitello votivo raffigurante una Madonna (che in seguito prese il nome di “Madonna di Campagna”) e sorgente, tra campi e boschi, all’incirca dove oggi è situata l’attuale Chiesa Parrocchiale.
Nei pressi della Cappelletta sorse nel 1567 un Convento di Frati Minori Cappuccini, il primo della provincia torinese. I frati, che si erano stabiliti nella zona già nel 1538, costruirono la Chiesa e piantarono gli ippocastani e gli olmi nel viale tuttora esistente. Fu Madama Cristina nel 1657 ad aiutare i padri innalzando la loro costruzione. Nel 1686 nel convento venne anche stabilito un noviziato. Nel 1706, in occasione dell'assedio di Torino, tra la Madonna di Campagna e Lucento si svolse la furibonda battaglia del 7 settembre, che vide i piemontesi vincitori.
Ancora nel secondo dopoguerra era una zona prevalentemente agricola, poi progressivamente riconvertita ai settori secondario e terziario. Si ricorda che, dove ora sorgono i giardini Sospello e l'omonima piscina, una volta c'era un cimitero. La chiesa Madonna di Campagna fu bombardata e distrutta dalle forze alleate l'8 dicembre 1942. Sessantaquattro persone, compreso il Parroco e altri frati, che si erano rifugiati nei sotterranei morirono lì. Della chiesa si salvarono solamente un frate (padre Teodoreto da Torino), la statua della Madonna ed il campanile, il quale ancora oggi affianca la chiesa. Le attività scolastiche furono intraprese dal primo parroco della Madonna di Campagna, fra Nicolò Barberis. Nel 1842 grazie alle opere di carità poté aprire la scuola Beata Vergine di Campagna per la zona che contava più di 800 abitanti. Fu nel 1849 che si costruì un primo edificio per ospitarla. Nel 1882 si costruì l'edificio che oggi fa ancora parte della scuola essendo l'ala parallela a viale Madonna di Campagna.

La vecchia Barriera di Lanzo, oggi nota come Borgata Tesso è una borgata storica di Madonna di Campagna, sorta nell’ultimo quarto dell’Ottocento lungo lo stradale di Lanzo, subito fuori la cinta daziaria, e protagonista della prima industrializzazione della zona e del suo sviluppo edilizio e demografico.
Con "vecchia Barriera di Lanzo" si indica la zona di Madonna di Campagna inclusa fra la ferrovia Torino-Milano, la Torino-Ceres (ora interrata e corrispondente al primo tratto di via Stradella fino a largo Giachino), via Orvieto e corso Mortara. Questa borgata è protagonista della prima industrializzazione della zona, e da ciò segue un suo cospicuo sviluppo edilizio e demografico.
La sua nascita risale al 1877 con l’inizio delle lottizzazioni dei terreni agricoli attorno lo stradale di Lanzo, principale via di comunicazione fra Torino e le valli di Lanzo. Se ciò offre l’input al suo sviluppo edilizio, sono altre però le caratteristiche che la rendono appetibile per l’apertura di attività produttive, ovvero la presenza di due salti del canale Ceronda, la stazione della Torino-Ceres e la posizione subito fuori la cinta daziaria. Dal vicino casello del dazio non più esistente deriva il nome, la Barriera di Lanzo.
La costruzione del cavalcavia sopra la Torino-Milano e del primo tratto di via Stradella prima della Grande Guerra determinano la centralità di borgo Vittoria a scapito della barriera di Lanzo, ibernandone lo sviluppo edilizio e rendendola ancora oggi riconoscibile nei suoi tratti originari.
Nel 2009 è stato avviato un progetto di riqualificazione di Borgata Tesso, con l’obiettivo principale di tutelare e valorizzare lo spazio urbano riducendo l’impatto traffico veicolare, potenziando l’illuminazione pubblica e ampliando le aree verdi. Il progetto è stato attuato dal Comune di Torino attraverso il PISL - Programma Integrato di Sviluppo Locale e le vie soggette a intervento per Borgata Tesso sono state: via Giachino, corso Benedetto Brin, via Gramegna, via Montesoglio, via Mondrone, via Ciamarella, via Cambiano.
 
Su incarico del Settore Sviluppo Economico della Città sull’area di Borgata Tesso, in concomitanza con l’avvio del progetto FaciliTo per il sostegno alle attività imprenditoriali, il Comitato ha accompagnato i lavori di riqualificazione mediante un piano di azioni che ha previsto in primo luogo l’allestimento, in stretta collaborazione con l'Associazione Tesso, di un sistema di info point all’interno delle attività commerciali dell’area. In tal senso è stato inviduata la facciata di via Giachino angolo corso Brin, all’interno del Progetto “colori ad arte”, per la realizzazione, tramite il bando pubblico promosso dalla Fondazione Contrada Torino, di un murales realizzato dal giovane pittore torinese Mauro Fassino: un gigantesco piccione virtualmente contenuto nella voliera evocata dall’artista  nel muro alto e stretto, con il tetto a capanna. L’Associazione Tesso ha inoltre supportato la realizzazione e la comunicazione di momenti di animazione territoriale e l’attivazione di iniziative volte a valorizzare il patrimonio culturale e storico del quartiere, anche in collaborazione con il Centro di Documentazione Storica della Circoscrizione 5. 

Quasi a segnare un legame virtuale con le botteghe artigianali numerose in Borgata Tesso fino agli anni '50, la Bottega di Mestieri al 55/b di via Giachino è uno spazio dedicato alla creatività su ceramica, proponendo corsi di ceramica per adulti e ragazzi, l'atelier con le creazioni di Elena D'Oria e spazio co-working a disposizione.




Come guidati dai coloratissimi e graffittati cassoni della spazzatura, si giunge al fondo di Via Giachino al luogo cult della movida: il pub MANHATTAN, un locale che nel corso degli anni ha sempre mantenuto la stessa formula: musica in tutte le sue forme, da quella di sottofondo a quella suonata dal vivo che è indiscutibilmente il suo sigillo di qualità. Si estende su due piani di cui uno sotterraneo in cui si tengono concerti e spettacoli e che si presenta come un oscuro girone infernale. Al piano superiore si trova, invece, il vero e proprio pub con la possibilità di mangiare non solo panini, ma anche pizze, primi e secondi.

Presenza industriale storica della zona è stata la Superga, storico calzaturificio dove sono nate le scarpe da tennis in tela famose oggi in tutto il mondo, i cui capannoni dismessi tra via Orvieto e via Verolengo ne rappresentanol’ultima traccia. Lo stabilimento fu costruito nel 1913 dalla Martiny, società in seguito confluita nella Frigt (Fabbriche Riunite Industria Gomma Torino) poi Superga. Eretto in via Verolengo, su un’area occupata in precedenza da uno stabilimento degli Albesiano (utilizzato dai fratelli Pio e Angelo inizialmente come magazzino e impianto per la produzione di vernici), arriva a estendersi fino a via Orvieto, via Luini e via Assisi. Specializzato nella lavorazione di tipo calzaturiero (stivali, tacchi, ecc.), negli anni Dieci produce anche pneumatici per il comparto automobilistico. Nei suoi reparti, dove lavoravano maestranze prevalentemente femminili, nascono le famose scarpe da tennis di tela conosciute ancora oggi come “Superga”. 

Durante la seconda guerra mondiale la fabbrica subisce i bombardamenti alleati e diventa un centro della lotta antifascista. Nel 1951 con il passaggio alla Pirelli s’inaugura un ventennio di forte sviluppo. Nei reparti sono impegnate quasi duemila operaie in gran parte residenti nelle borgate circostanti. Sotto il rigido controllo dei capireparto si lavora a cottimo e, spesso, a contatto con sostanze nocive. Gli anni Settanta e Ottanta sono segnati dalla crisi e dalla ristrutturazione. Nel 1976 la manodopera si riduce a 751 unità. Nel 1998 cessa la produzione e, dopo vari passaggi di proprietà, il marchio nel 2002 è rilevato dalla Basic Net. Oggi al posto dei reparti abbattuti è sorto un complesso residenziale con giardini e fontana al centro mentre per quelli tutt’ora esistenti, dove sul retro sono stati realizzati ampi murales, si prospetta un riutilizzo come ambulatori medici.

Per un pasto in zona si può scegliere tra l’Osterante (via Villar, 30), una via di mezzo tra osteria e ristorante che, aperto recentemente, offre un ottima cucina di terra e mare a prezzi più che contenuti in particolare a pranzo dove il menù con primo, secondo (di terra), contorno, acqua/vino e coperto è servito a 10 Euro, 13 quello di pesce e proprio il pesce la fa da padrone: gli spaghetti ai frutti di mare e la milanese di spada assaggiati nell’utlima visita ne sono stati un’ottima  prova; 

a poca distanze le Cantine Vittoria (in Piazza della Vittoria, 31/b) rimanendo a prezzi assolutamente contenuti offre un ampissima scelta e anche qui un ottimo e vario di menù a pranzo a 10 euro (comprese bevande) che spazia in una scelta fra tre primi, almeno dodici secondi e dieci contorni; si può scegliere inoltre (sia a pranzo che a cena) tra vari piatti con un prezzo tra i 5 e 9 euro spaziando tra primi e secondi di carne o pesce (Plin di carne con sugo di salsiccia e gorgonzola, Penne con fonduta valdostana e salciccia, Polenta concia, Strozzapreti con melanzane, peperoni, pancetta e provolone, Pappardelle con gamberetti, fiori di zucca e zafferano, Seppie in umido con funghi e olive, Coniglio alla ligure), dolci a 2,50; si beve (e si può acquistare sfuso) il vino delle Cantine Vinchio Vaglio (barbera, dolcetto, bonarda, nebbiolo, arneis, chardonnay) le cui botti in acciaio circondano i tavoli come in una vera cantina.
A poca distanza dalla piazza del Mercato, due ottime panetterie: ruspante e popolare, la Sfornata in Via Vibò, 44, shabby and chic, Voglia di Pane in Via Chiesa della Salute, 23. 




Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro

mercoledì 15 gennaio 2014

Madonna del Pilone: piacevolmente scollinando

Madonna del Pilone (Madòna dël Pilon in piemontese) è un ampio quartiere precollinare e collinare, situato nella VII Circoscrizione di Torino e posto al confine nord-orientale della città.
Il quartiere confina nord con il quartiere Barca e il comune di San Mauro, a ovest con Vanchiglia (e il Po a segnare il confine), a sud con Borgo Po e  a ovest con i comuni di Pecetto e Pino Torinese; il quartiere è delimitato da Corso Chieri, Strada Mainero, Strada Val San Martino, Corso Gabetti, il fiume Po, e il confine con i comuni di San Mauro, Pecetto e Pino Torinese; in dettaglio la linea di confine sale dal Po lungo la Valle del Rio di Costa Parigi, corre in gran parte fra boschi, interessando zone con ridotta presenza abitativa e ridiscende al Po lungo la Val San Martino.


Il nome del quartiere deriva dalla Chiesa della Madonna del Pilone situata in corso Casale 195, che a sua volta prende il nome da un pilone votivo che rappresentava la Ss. Annunziata, eretto sulla riva del Po nel 1587, nei pressi del quale il 29 aprile 1644 si verificò un evento ritenuto miracoloso, in ringraziamento del quale fu eretta la chiesa che inglobò il pilone. La costruzione, finanziata con le offerte dei fedeli e sostenuta da Maria Cristina di Francia, iniziò nel 1644, e l'edificio venne aperto al culto il 25 marzo 1645. Nel 1779 si effettuò un ampliamento, mentre il battistero e il coro risalgono rispettivamente al 1807 e al 1817. La chiesa presenta interno a navata singola con due cappelle laterali, e cupola con tiburio ottagonale; la facciata è sormontata da un timpano semicircolare. L'altare maggiore conserva l'immagine cinquecentesca dell'Annunziata, che però è stata ridipinta nel corso degli interventi di restauro effettuati nel 1925 e negli anni 1960, che comportarono anche modifiche degli interni. Tra gli artisti che lavorarono alle decorazioni originali Giovanni Antonio Mari, Giovanni Andrea Casella, di cui rimangono gli stucchi, e Bartolomeo Guidobono, al quale sono da attribuire gli affreschi della cupola.

Il quartiere ha visto la presenza d'insediamenti umani da epoche remote. La fertilità del suolo insieme alla ricchezza ittica del fiume Po hanno da sempre attratto soprattutto agricoltori e pescatori ma dal periodo rinascimentale iniziarono ad insediarsi anche piccole botteghe artigiane. Sul finire del settecento alcune botteghe artigianali si trasformano in organizzate attività industriali. Sulle rive del Po nacquero fabbriche di maiolica, vetro, sapone, tintorie. Nella maggior parte dei terreni collinari venivano invece coltivati vigneti: la coltivazione della vigna per produrre un vino sempre migliore assunse una connotazione di status symbol tra le famiglie nobiliari torinesi e questa competizione stimolò la ricerca mettendo le basi del futuro successo piemontese in ambito enologico. A partire dalla seconda metà dell'ottocento, vennero edificate molte case residenziali di pregio nell'area vicina al fiume, il piccolo borgo agricolo diventò negli anni uno dei quartieri residenziali torinesi più amati ed ambiti e anche la collina subì profonde trasformazioni, dove sparirono le vigne per far posto a lussuose ville di facoltosi torinesi.

Il nostro percorso nel quartiere inizia su corso Casale in corrispondenza del Parco Michelotti, che sorge sui resti del canale che l’omonimo ingegnere costruì nel 1817 per fornire d’energia tutta la zona di Madonna del Pilone, allora ricca di realtà produttive. I nuovi sistemi di approvvigionamento energetico ne decretarono il suo abbandono funzionale e nel 1935 fu riempito con le macerie provenienti dalla demolizione degli edifici di via Roma. Il parco sorge vicino al centro della città ed è rimasto nella memoria dei torinesi come sede del vecchio zoo. Aperto dal 1955 al 1987 il giardino zoologico di Torino è stato un’importante attrazione turistica per la città basti pensare che nel 1971 ospitava più di 2500 animali tra mammiferi, uccelli, pesci e rettili.
Dopo la chiusura dello zoo nel marzo 1987 l’area all’ interno della recinzione è chiusa al pubblico e solo parzialmente utilizzata: la zona centrale ospita gli animali rimasti, la parte verso la Gran Madre è scuola di giardinaggio per i ragazzi di una cooperativa, la zona vicino al ponte Regina Margherita è occupata dalla bocciofila e in parte recuperata a parco e chiusa. Nell’estate 1991 il parco è stato “palcoscenico di intrattenimento” per il pubblico della città: piano bar, ristorante, spettacoli teatrali, sfilate di moda hanno richiamato un folto pubblico. La circoscrizione 8 il 25 giugno 1991 in un’assemblea aperta nella biblioteca Geisser ha discusso le prospettive di utilizzo del parco e la richiesta, con la raccolta di firme, della riapertura immediata della parte chiusa al pubblico e delle trasformazioni, della manutenzione e della sicurezza dei vari impianti. La delibera programmatica del 1988 con il progetto preliminare al Piano Regolatore di Torino del 1991 dà una notevole importanza alla “Valle del Po” prospettando possibili e consistenti trasformazioni. Il parco del Po diventa una grande area per lo svago con attrezzature ricettive agli estremi, attrezzature sportive e nautiche diffuse, luoghi di sosta e di ristoro. Il fiume diventa navigabile grazie a due chiuse in tutta la sua estensione.


Si prosegue quindi lungo il Po, scegliendo se passeggiare sotto i platani sulla riva del Po incontrando i numerosi runner oppure seguire corso Casale ricca di locali e spazi commerciale, soprattutto in piazza Borromini dove si tiene giornalmente uno dei mercati rionali più storici della città, per raggiungere sulla destra il Motovelodromo Fausto Coppi, che, esempio di architettura strettamente funzionale alle attività sportive degli anni Venti, come lo Stadio Filadelfia, ha ospitato in passato gare di ciclismo su pista, partite di calcio e di rugby, ed è faticosamente sopravvissuto ai giorni nostri perdendo però l’originaria funzione. 

Il Motovelodromo viene costruito nel 1920 su progetto di Vittorio Ballatore di Rosana, che con lo Stadium si è dimostrato come uno dei più qualificati tecnici di grandi impianti sportivi. Il Motovelodromo inizialmente, oltre all’ingresso – un arco a tre fornici neoeclettico – e alle biglietterie, presenta due tribune sui lati lunghi della pista; nello spazio vuoto all’interno di quest’ultima vi è un campo da calcio (il Torino vi giocherà il campionato 1925-1926); sotto le tribune vi sono servizi e locali per gli atleti. Tutta la struttura è in calcestruzzo armato a vista, completamente priva di decorazioni, con copertura lignea. In un secondo tempo la Società Anonima Motovelodromo Torinese, animata dall’impresario Riccardo Filippa, che lo ha costruito, chiede di erigere un’ulteriore tribuna sulla curva ovest, sotto la quale vengono ricavati ulteriori servizi. Le intemperie e la grande affluenza di pubblico (circa settemilacinquecento posti) accelerano il degrado dell’impianto, che richiede costi di manutenzione elevatissimi. La Società proprietaria non ha i fondi necessari per la manutenzione, mentre l’amministrazione comunale concede solo contributi una tantum, quando le manifestazioni sportive che vi si tengono (1927, 1928, 1932) sono indette dalla città. Nel 1935 l’impianto viene acquistato dal Comune che successivamente lo cede all’Unione Velocipedistica Italiana. Nel 1943 il Motovelodromo viene colpito dai bombardamenti e subisce notevoli danni alle tribune e alla pista, ovviate con ricostruzioni provvisorie in legno.

Nel 1947 l’impianto viene ricostruito secondo il progetto e con i materiali originali. Oltre al ciclismo, il Motovelodromo ospita, nel campo interno, partite di rugby. Qui, nel 1947, la sezione dedicata alla “palla ovale” della Reale Società Ginnastica vince, per la prima e unica volta, il campionato italiano. Intorno agli anni Ottanta l’interesse del pubblico per il ciclismo su pista cala notevolmente; la Soprintendenza intanto pensa a un progetto di tutela e vincolo dell’impianto, ufficialmente dedicato a Fausto Coppi nel trentennale della morte del campione, mentre la mancanza di manutenzione, i vandalismi e gli incendi accelerano il processo di degrado. La città di Torino redige un progetto di ristrutturazione con il rifacimento e il restauro delle tribune, delle coperture, dei locali di servizio ma non della pista; nel 1994 il complesso viene vincolato dalla Sovrintendenza, bocciando quindi il progetto comunale di radicale trasformazione.
Attualmente viene utilizzato solo il campo sportivo all’interno del grande anello per attività non sportive, come la manifestazione “Mercanti per un giorno”.

Proseguendo ulteriormente sul Corso Statale, la strada, discontandosi leggermente dal lungo Po, porta verso le due borgate del quartiere che confinano con il quartiere Barca: Borgata Rosa e Borgata Sassi. Le due borgate, per realtà territoriale chiamate con un unico nome Borgata Rosa-Sassi, sono situate in territorio precollinare e dispongono sul loro territorio di ampi territori adibiti a verde.
Agli inizi dell'Ottocento, sul lato destro di Corso Casale, la famiglia Rosa aveva impiantato una fornace per la fabbricazione dei mattoni, dal quale si presume che derivi il nome dato alla borgata. Viene, infatti, citato in zona un gruppo di case denominato tetti Rosa. Borgata Rosa è nota per il Parco del Meisino situato sul suo territorio su un'area di 450.000 m². Tra Madonna del Pilone e Sassi non sboccano valli, ma si estende un pendio relativamente ripido, che domina l'ansa del Po in corrispondenza della confluenza della Dora. La posizione era strategica, perché controllava il traghetto sul Po (dove si trova l'attuale ponte di Sassi), la strada lungo il fiume, il bosco del Meisino, l'imbocco delle valli di Mongreno e di Reaglie e quindi gli accessi a Chieri. Non si stupisce pertanto che sin dal medioevo qui si trovasse un castrum, appartenente alla famiglia Necchi, che godeva anche dei diritti di pesca e di navigazione sul Po in questo tratto.

Borgata Sassi è sita al termine delle vallate di Mongreno e del Cartman ed anche della strada per Superga ed è posta tra Borgata Rosa e Madonna del Pilone. L’ex chiesa parrocchiale di Sassi in stile romanico (anticamente alle dipendenze di quella di Madonna del Pilone) sormonta  un nucleo consolidato, ora ricco di attività commerciali, che si snoda lungo la vallata con numerose ville, edifici di pregio, mentre lungo il Po corrono le piste ciclabili. A Sassi sono state trovate le tracce (un anellone in pietra del neolitico) delle prime presenze dell’uomo nel torinese e sempre a Sassi la presenza di mulini e fornaci fino al secolo scorso testimoniano l’importanza di questa borgata nella storia. Una tra le ville signorili della precollina è sicuramente Villa Sassi, , già Di Roddi, la cui struttura planimetrica a «C» fornita dal Grossi risulta già variata all'inizio dell'Ottocento, quando viene aggiunto un corpo di fabbrica sul lato Sud.  Oltre a Villa Sassi, altre interessanti sono Villa Capriglio e Villa Bocca, entrambe settecentesche. Borgata Sassi è nota però soprattutto per l'omonima stazione di testa della Tranvia Sassi-Superga.

La Tranvia Sassi–Superga (nota anche come Dentiera) è una linea tranviaria collinare a cremagliera di Torino, facente parte della rete tranviaria cittadina, gestita dal GTT. Essa collega il quartiere precollinare con la collina di Superga ad un'altitudine di 672 metri. Sulla sommità del colle, uno dei più alti dell'area collinare torinese, è presente la nota basilica omonima, da cui si gode un notevole panorama sulla città attraversata dai fiumi Po e Dora, con lo sfondo dell'intero arco alpino.
La linea venne inaugurata il 27 aprile del 1884 come prima funicolare a vapore adottante il sistema Agudio, che consisteva in un cavo di acciaio che, scorrendo accanto al binario, azionava due grandi pulegge a lato del convoglio che, a loro volta, muovevano gli ingranaggi che spingevano il treno. Dopo un incidente la linea venne convertita in una cremagliera elettrica e venne riaperta il 16 aprile del 1935; lungo la linea si possono ancora vedere le guide dei cavi usati in precedenza. Caduta in disuso negli anni settanta, la cremagliera venne riattivata negli anni ottanta a seguito di una necessaria manutenzione e un restauro delle vetture, tornando ad essere una delle principali attrazioni turistiche del capoluogo piemontese.

La linea attuale utilizza una cremagliera Strub a binario unico: si sviluppa su 3.100 metri con uno scartamento ordinario di 1.445 mm che tuttavia consente di superare agevolmente il dislivello di 425 metri con una pendenza massima del 21% nell'ultimo tratto. La linea è elettrificata con una terza rotaia a 600 V a corrente continua e, sebbene viaggi interamente su sede riservata, la linea ha molte caratteristiche di una ferrovia secondaria ma la "marcia a vista" la fa classificare come semplice tranvia.
Il percorso sinusoidale, che comprende tre ponti e due gallerie, è costituito complessivamente da quattro stazioni e prevede, solo su richiesta, anche due fermate intermedie: Raddoppio e Pian Gambino. Il treno ha una capienza di 210 passeggeri e, con una velocità massima di 14 km/h, impiega approssimativamente sedici minuti per completare il tragitto tra le due stazioni. Le motrici sono state realizzate nel 1934 contestualmente all'elettrificazione e alla trasformazione della linea in cremagliera, mentre le vetture a rimorchio sono quelle originali e risalgono al 1884. Il deposito presente alla stazione Sassi non ha cremagliera, né terza rotaia elettrificata, quindi i locomotori vengono manovrati da un piccolo tram elettrico a pantografo.

Sulla Collina di Superga, svetta imponente secondo gli stilemi del barocco piemontese l’omonima Basilica; voluta da Vittorio Amedeo II a compimento di un voto e dedicata alla natività di Maria, la basilica venne eretta da Filippo Juvarra nel 1717 – 1731, in posizione strategica. L’esterno, con profondo pronao, è caratterizzato dalla svettante cupola con alto tamburo, affiancata dai due campanili simmetrici, che si innestano sulle ali dell’annesso convento. Nell’interno a pianta circolare si aprono due cappelle principali e quattro secondarie. Alla destra dell’altare maggiore si accede alla sagrestia, ed alla sinistra alla Cappella delle Grazie o del Voto, con la statua della Madonna. Dall’ingresso a sinistra della basilica si scende nei sotterranei dove sono collocate le tombe dei Re, da Vittorio Amedeo II a Carlo Alberto, e dei principi, sepolti dal 1731 in poi.
Una galleria conduce alla cappella centrale (1773 – 1778), ornata di marmi e stucchi, dove si possono ammirare le statue della Fede, della Carità, della Speranza e del Genio delle Arti, opere spettanti ad Ignazio e Filippo Collino (1778). 

Il 4 maggio 1949 l'aereo che, di ritorno da Lisbona, stava trasportando i giocatori del Grande Torino, si schiantò contro il muraglione della basilica di Superga, causando la morte dei giocatori, dei dirigenti, degli accompagnatori, dell'equipaggio e di tre giornalisti sportivi. L'impatto emotivo fu enorme, anche perché la squadra torinese era stata uno dei vanti della nazione in ambito sportivo: quasi un milione di persone parteciparono ai funerali, a Torino. I muri distrutti dall'impatto sono ancora visibili, in quanto si è deciso di non ricostruirli. Il tragico evento è ricordato da una lapide sul retro dell'edificio meta di pellegrinaggi di sportivi e non; ogni 4 maggio infine si celebra una messa solenne in ricordo delle vittime.

A detta di molti, quello che si vede dalla Collina dI Superga è il più bel panorama sulla città di Torino con le Alpi sullo sfondo.

Ritornando a valle si possono imboccare altre due valli ad alta valenza naturalistica: Mongreno e Reaglie. La zona di Mongreno è posta nella valle che, grazie alla realizzazione della statale 10 e del “Traforo”, unisce Torino con Pino Torinese e Chieri e si compone di residenze sparse lungo le valli che segnano la collina torinese. Reaglie, che ha un significativo nucleo abitativo, si trova a metà dell’ampia vallata dove scorre il Rio Reaglie e dove convergono alcune vallate  minori. La valle è fin dall’antichità un’importante via verso Pino Torinese e Chieri, comune in età basso medievale molto più potente della stessa Torino e che affittava un mulino sul Po a dimostrazione degli scambi intensi di popolazione che usavano le valle. Numerosi sentieri nei parchi e nei boschi collegano queste località con gli altri punti d’interesse della collina torinese e le loro numerose “piole” sono da sempre mete di torinesi e turisti.

Le origini dell’insediamento di Reaglie risalgono all’antichità, quando ancora il resto della collina torinese era scarsamente coltivato o abitato. I documenti attestano, almeno sin dal 1474, che l’Ordine di Malta era proprietario nella valle di tre cascine, prevalentemente dedite alla coltura della vite e del bosco: l’Osteria, corrispondente all’attuale civico 153 di Corso Chieri, la Commenda, la più nobile e ora appartenente al civico 47 di Strada Calleri, il Tetto di Abramo, non meglio identificata. La chiesa stessa, intitolata all’Assunzione di Maria Vergine, faceva parte dei possedimenti dell’Ordine: da piccola cappella della Commenda Gerosolimitana di epoca medioevale, diventò Parrocchia nel 1630, quando la Valle era già popolata da circa 450 abitanti. Seriamente danneggiata dalle truppe mercenarie operanti a servizio della Spagna durante l’assedio di Torino del 1640, fu riparata nei tre anni successivi. Fino ad inizio dell’Ottocento la chiesa si presentava di ridotte proporzioni (15×4,5 mt), ad una sola navata, con annessi sulla destra, guardando la facciata, un piccolo campanile, la sacrestia ed i locali per l’abitazione del parroco. Nel 1883 l’impresa reagliese dei fratelli Gilardi costruì l’attuale campanile che, alto ed esile, posizionato a filo della facciata, dall’altra parte della navata rispetto al precedente, convisse per sedici anni con la vecchia e bassa chiesa. Quest’ultima, anche se nel corso dei secoli fu oggetto di numerosi interventi di restauro e di ampliamento, venne, infatti, ricostruita nel 1908, ingrandita ed innalzata e fu creato il transetto laddove prima era situata la fossa cimiteriale. Anche il fronte, dall’austero impianto di origine medievale, venne sostituito con una ricca e decorata facciata di ispirazione barocca, caratterizzata da due grandi colonne binate che sostengono l’architrave del frontone.

Da Reaglie è possibile raggiungere i Tetti Forni e Goffi; Tetti Forni costituiscono un’amena borgata che, pur essendo esposta a settentrione, declina dolcemente verso il fondovalle, venendo così lo stesso raggiunta dai raggi del sole; il nome della borgata sembra abbia origine non tanto per l’eventuale presenza di forni per la panificazione, ma piuttosto per la zona di provenienza di alcuni suoi precedenti abitanti:  Forno Canavese. In corrispondenza dell’incrocio per Tetti Goffi, altra borgata della zona collinare, si trova un quadrivio che gli abitanti della frazione chiamano in modo ironico per la sua relativa centralità Piazza Castello. La villa sovrastante denominata a fine Settecento col nome di “Gros, vigna del signor Caresana”, ebbe a metà Ottocento un insigne proprietario nel conte e scrittore Canubio di Torretta.

In zona è possibile sperimentare una delle migliori osterie tradizionali della collina torinese: l’Unione Familare Reaglie (Corso Chieri 124), che, seppur a pochi km dal centro di Torino, sembra di essere altrove; una trattoria come ne rimangono poche in Langa o in montagna con le sedie in legno lavorato e i paralumi di stoffa a quadrettini rossi e bianchi. La madia all'ingresso con le bottiglie di vino, gli antipasti freddi sui lunghi piatti di portata e i dolci in belavista ti fanno entrare nell'atmosfera della trattoria e ti fanno pregustare quello che sarà (davvero) un ottimo pranzo, rigorosamente a menù fisso (nel fine settimana a 27 euro con 5 antipasti, 2 primi, 2 secondi con contorno, dolce, acqua, vino e caffè).

Si inizia con un saporito e morbido cotechino verace (distante anni luce da quelli precotti e della grande distribuzione) servito con lenticchie (anche queste con un ottimo sughetto di verdure), peperoni con bagna cauda, tomino elettrico, uova ripiene con salsa aurora ed un eccezionale vitello tonnato, risotto al rosmarino (con perfetta cottura e mantecatura), discreti ravioli al sugo di pomodoro, deliziose costine di maiale al forno e saporito spezzatino di vitello al vino, accompagnati da abbondanti e buone patate al forno; per concludere noi abbiamo scelto una panna cotta e un bunet della tradizione (entrambi ottimi), ma avevano un ottimo aspetto anche la crostata cioccolato e pere, le pere cotte al vino con le prugne, le arance caramellate e una torta alle nocciole ripena, caffè Vergnano e un amabile e buono Barbera sfuso. Servizio veloce e attento, da ritornare anche nella bella stagione (quando si mangia sotto il pergolato) e si assaporà un po’ della frescura tipica della collina torinese.

Da qui il confine con il comune di Pino Torinese è vicino e vale la pena fare qualche km in più (con la bicicletta o l’auto) e spingersi fino all’interessantissimo “Infini.to - Parco Astronomico” (Via Osservatorio, 8 - Pino Torinese ) che nasce nel 2007 come centro di didattica e divulgazione dell'astronomia e della fisica spaziale. Adottando le moderne tecniche espositive basate sull'interattività, offre al pubblico le più avanzate conoscenze sull'Universo; in questa prospettiva la vicinanza del Museo e del Planetario allo storico Osservatorio Astronomico di Torino è intesa a favorire un contatto diretto tra ricerca e divulgazione. 

Infini.to unisce un'area espositiva dedicata all'esposizione delle più recenti scoperte della moderna astronomia a uno dei Planetari più avanzati d'Europa. Il museo interattivo è uno spazio per ripercorrere l'avventura dell'uomo al cospetto dell'Universo, andare alla scoperta dell'origine del cosmo, capire com'è fatto e quali forze lo regolano, vivere lo spettacolo dello spazio.

Si comincia dal piano terra e si scende per tre livelli, entrando sempre più in profondità nei segreti dell'Universo. Ipazia, Galileo, Lagrange, Hubble, Einstein, alcuni fra i più importanti scienziati accompagneranno i visitatori in un viaggio che percorre le tappe fondamentali delle scoperte astronomiche a partire dalle antiche civiltà sino ad oggi. Alla fine del percorso si entra nel Planetario digitale: seduto una poltrona è possibile immergersi negli infiniti spazi dell'Universo per rivivere le origini del cosmo, visitare pianeti, osservare il cielo lontano dall'inquinamento luminoso e molto altro ancora.

Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro