venerdì 21 giugno 2013

Mirafiori Nord: oltre la Fabbrica c'è di più



Mirafiori Nord è un quartiere della II Circoscrizione di Torino, e fa parte della periferia sud-ovest di Torino. Confina con i quartieri di Santa Rita, Lingotto, Mirafiori Sud e con il comune di Grugliasco. Da Mirafiori Nord si accede alla Tangenziale ovest di Torino, attraverso Corso Allamano. Con i suoi 103.000 abitanti circa è il quartiere più popoloso di Torino. Prima dell'istituzione delle circoscrizioni era designato come "quartiere n. 12" e delimitato dai seguenti confini: a nord da via Tirreno, a est da corso Unione Sovietica, corso Siracusa e corso Cosenza, a ovest da via Crea e strada del Portone (confine con Gerbido, frazione di Grugliasco) e a sud da corso Orbassano e corso Tazzoli.



L'attuale territorio di Mirafiori Nord era compreso nel cosiddetto "feudo di Roccafranca o del Gerbo" secondo la denominazione settecentesca del Grossi. A sua volta diviso in tenute agricole, era disseminato di cascine, vigne, campi coltivati intersecati dalla fitta rete di bealere, gli antichi canali di irrigazione. Il feudo era confinante con le borgate agricole propriamente dette di Mirafiori e del Lingotto. Oltre alle cascine, uno dei primi edifici del quartiere fu il sanatorio San Luigi, costruito nel 1909 sul sito dell'odierna piazza Cattaneo e demolito nel 1970 per l'ingrandimento degli stabilimenti Fiat.
Acquistata nel 1689 da Lorenzo Ballard, e pertanto nota con il nome del suo proprietario, la Cascina Roccafranca fu rinominata nel 1734 quando il Ballard fu nominato conte di Roccafranca, il cui feudo si estendeva su tutto il territorio del Gerbido. Dopo tre generazioni la dinastia si estinse e la cascina venne acquisita dalla baronessa Chiono, che nell'Ottocento ampliò l'edificio. Con la riduzione dei terreni agricoli dovuti allo sviluppo urbanistico cadde in abbandono fino al 2002, quando il comune l'acquistò e ristrutturò su progetto dello Studio Crotti + Forsans Architetti: dal 2007 ospita l'Ecomuseo della Circoscrizione 2 e molti locali destinati ad attività culturali e associative.

 


Altra cascina del quartiere è la Cascina Giajone, di origine seicentesca, che ospita attualmente la sede della Circoscrizione 2, alcuni servizi comunali decentrati, un ufficio postale e una biblioteca civica, nei locali ad archi utilizzati un tempo come fienili. La cascina compare già nelle carte dell'assedio del 1706: il nome Giaione potrebbe derivare dal piemontese giairon (ghiaia grossa, ciottolo), dal momento che anticamente in quel sito era presente una cava. L'aspetto attuale deriva da un rifacimento del 1780. Le tre maniche originarie ospitavano gli alloggi padronali e per i fittavoli, i fienili e le stalle. La particolare torretta, perfettamente conservata, era l'antica colombaia. Nel sottuosuolo era presente invece la ghiacciaia.



Dopo lo spostamento della capitale d'Italia da Torino a Firenze nel 1865, l'amministrazione comunale scelse una politica di industrializzazione, a causa della crisi del settore terziario dovuta alla perdita del ruolo di capitale. Inizia la costruzione dei borghi lungo le direttrici cittadine e le barriere della nuova cinta daziaria del 1912. Nel 1923 comincia la costruzione, secondo il piano regolatore del 1908, di un primo lotto di villette tra via Paolo Sarpi e l'attuale corso Agnelli (allora corso Vinzaglio). L'iniziativa era stata caldeggiata dalla Fiat, a causa della forte richiesta di alloggi da parte della Commissione Interna Operaia Sezione Automobili. Si costituirà quindi la "Cooperativa case economiche dipendenti Fiat" che acquisterà dalla casa madre i terreni già in costruzione ad un prezzo simbolico. Il primo lotto è di dodici villette plurifamiliari di due piani.



Nel 1927 saranno costruite altre quindici case, arricchite con decorazioni art déco e vetrate colorate. Il quartiere continua a crescere: la crisi degli alloggi degli anni '20 è il catalizzatore per una complessa e continua collaborazione tra Fiat e comune di Torino, che pianifica la costruzione di 1300 alloggi distribuiti in otto isolati. Nel 1926 l'azienda automobilistica cede oltre 118000 m2 di terreno all'amministrazione municipale destinati alla costruzione di case popolari in cambio della realizzazione di infrastrutture stradali (sottopassaggio del Lingotto) e ferroviarie per i propri stabilimenti del Lingotto. Su quel lotto verrà costruito dall'Istituto Autonomo Case Popolari il quartiere M2, strutturato con isolati a corte chiusa circondata da palazzine a tre o quattro piani. Queste abitazioni verranno poi assegnate soprattutto alle maestranze Fiat, secondo specifici accordi.



Con la nascita dello stabilimento di Fiat Mirafiori nel 1939, il quartiere acquisirà carattere spiccatamente operaio. Nuovi isolati saranno costruiti tra il 1939 e il 1945 a nord di via Giacomo Dina: è il quartiere "Costanzo Ciano", che ricalca la stessa soluzione a corte interna della zona M2. Nel 1950 il quartiere viene completato con la costruzione del grande palazzo di corso Agnelli 148, inaugurando la stagione dei palazzi da sette e dieci piani, assai comuni nella zona con il boom edilizio e demografico degli anni '60.



Intanto nascevano nel 1941 la chiesa e l'oratorio salesiano "Don Bosco" e il complesso scolastico e professionale dell'Istituto Internazionale "Edoardo Agnelli". Costruito tra il 1938 e il 1941 su disegno dell'architetto salesiano Giulio Valotti, comprende il tipico oratorio, il cinema-teatro, e le scuole di arti e mestieri, caposaldo della dottrina salesiana: “l'insegnamento di una professione è un'opera di carità che permette ai giovani di vivere onestamente e li distoglie dal peccato”. Si svilupparono in seguito delle scuole professionali vere e proprie, su impulso della Fiat che vedeva nell'opera dell'Istituto un valido mezzo per formare operai qualificati. Dopo la guerra e i bombardamenti (che danneggiarono gli edifici) i corsi ripresero nel 1946 con l'aggiunta della scuola elementare e di una officina per le esercitazioni di 4800 m2. Nello stesso anno nasce anche l'istituto "Virginia Agnelli" dedicato all'educazione femminile, gestito dalle suore di Maria Ausiliatrice: ospitato prima in baracche di fortuna, viene ampliato a più riprese fino al 1967 con asilo infantile, scuola materna e scuole professionali per le ragazze. Oggi l'istituto Agnelli ospita la scuola media, il liceo scientifico, l'istituto tecnico industriale e un corso professionale per periti meccanici.
Progettata dall'architetto Giulio Valotti, la chiesa fu inaugurata il 19 aprile 1941 come parte del complesso dell'Istituto Agnelli. Il suo stile fonde linee dell'architettura razionalista dell'epoca con alcuni elementi tradizionali: i contrafforti, le arcate, i soffitti a rosoni e un mosaico sulla facciata. Diviene parrocchia il 20 novembre 1957.



A partire dagli anni '50 un enorme flusso di immigrati si riversa su Torino, e in particolare nella zona di Mirafiori: in soli vent'anni, dal 1951 al 1971, si passa da 18700 a 141000 abitanti. Nel 1954 viene inaugurata la scuola elementare "Giovanni Vidari", che sostituisce le precedenti sistemazioni di fortuna in barriera di Orbassano, mentre nel 1957 si inaugura la nuova Parrocchia del Redentore, come centro della nuova parrocchia creata dal cardinal Maurilio Fossati il 16 maggio 1955, su progetto degli architetti Nicola e Leonardo Mosso (padre e figlio). Il piano regolatore del 1954 prevedeva tre piazze porticate, progetto realizzato solo parzialmente: le uniche due piazze costruite sono infatti quelle intitolate a papa Giovanni XXIII (di fronte alla chiesa) e al partigiano Dante Livio Bianco. Aperte al traffico veicolare, diventano isole pedonali a partire dal dicembre 1977 su impulso dei comitati spontanei di quartiere. L'area sarà riqualificata nel 2002 nell'ambito del progetto europeo "Urban 2" con l'aggiunta di fontane (attualmente non funzionanti), giochi per i bambini e un anfiteatro all'aperto.



Tra il 1956 e il 1957 la Fiat raddoppia lo stabilimento di Mirafiori e partecipa al piano Ina-casa costruendo 1550 alloggi da assegnare ai dipendenti. Grazie alla legge n. 167 del 1962 sull'edilizia convenzionata verranno favorite le acquisizioni di terreno destinate a zone commerciali e ai servizi, ma la carenza dei servizi essenziali è un problema di gravi proporzioni, così come la speculazione edilizia che acuisce la crisi degli alloggi: il 27 gennaio 1972 cinquanta famiglie occupano un palazzo di via De Canal, appena costruito dalla Gescal. Sui terreni ancora liberi verrà costruito, tra il 1968 e il 1971 ad ovest di corso Orbassano, il cosiddetto "Centro Europa": gli alloggi ricavati, edificati su un terreno destinato all'edilizia popolare, saranno poi venduti a prezzo di libero mercato. La zona è composta di undici case a torre di dieci piani, con vialetti pedonali, una piazzetta commerciale e spazi verdi.



La tematica contemporanea del riuso e della trasformazione di aree produttive assume un ruolo fondamentale all'interno della realizzazione dello spazio espositivo del Mirafiori Motor Village, il cui design è stato curato da GTP-Gruppo Thema Progetti, coinvolto nella cooperazione con il team costituito dal Politecnico di Torino, dalla Ingest Facility e dal Gruppo Fiat.
Il riutilizzo di due capannoni industriali dismessi trasformano i volumi esistenti in nuovi spazi commerciali, restituiti alla città. La reinterpretazione contemporanea dell'esistente ha seguito una strategia progettuale e operativa di recupero e riqualificazione, riproponendo, nello studio dell'involucro esterno, i tre materiali originali quali mattone, vetro, acciaio, donando all'intervento una forte qualità tecnologica della quale si è occupato il Politecnico di Torino. Tre grandi totem in vetro posti all'ingresso del Motor Village assumono il ruolo di segnale attrattivo, riconoscibile dall'esterno. Il processo progettuale in tutte le sue parti esecutive è stato seguito da Ingest Facility con l'obiettivo di dare una nuova identità, come luogo ideale di incontro tra pubblico e azienda. Il progetto architettonico ha interessato gli spazi delle aree di service, di training academy e l'area espositiva, la quale sostituisce il capannone che ospitava la selleria.



Il quartiere è stato oggetto dal 2002 al 2009 del programma di riqualificazione urbana "Urban 2" finanziato dall'Unione Europea. Il progetto prevedeva tre tipi di intervento: miglioramento degli spazi verdi, della mobilità sostenibile e della qualità ambientale; sviluppo delle attività economiche; iniziative di integrazione sociale e di sostegno alla cultura. Gli obiettivi raggiunti comprendono l'introduzione della raccolta rifiuti porta a porta e la quota del 50% di raccolta differenziata, la riqualificazione di piazza Bianco e di molti spazi verdi, la riqualificazione e la messa a norma del Mercato Coperto Don Grioli, il restauro della cascina Roccafranca (ora centro ricreativo e culturale e sede dell'Ecomuseo urbano della Circoscrizione II) e la creazione del Centro per il Lavoro in via Del Prete.



Anche la ristrutturazione della Cappella Anselmetti è rientratata negli interventi di Urban 2; il piccolo edificio religioso del XVIII secolo, in stile barocco piemontese, faceva parte della tenuta agricola acquistata nel 1785 dal banchiere Carlo Vincenzo Anselmetti, che fece ricostruire la preesistente cascina e aggiunge una villa signorile con cappella. Nell'Ottocento è un altro banchiere, Paolo Nigra, a rilevare la proprietà. Il terreno agricolo circostante diminuì con il tempo, fino a sole 50 giornate nel 1957. L'ingresso della cappella era rivolto sull'antica via di Grugliasco (oggi via Gaidano) per permetterne l'uso anche ai viandanti. Il palazzo padronale e la cascina furono demoliti nel 1977 per far posto a un complesso scolastico: dell'antica tenuta è rimasta solo la cappella, tutelata dalla Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte per il suo valore storico e artistico. Fu restaurata con i fondi del programma Urban 2 nel 2002 e destinata, secondo un progetto di Massimo Bartolini sul tema della poli-funzionalità e incentrato sulla creazione di ambienti che coinvolgono corpo e mente di chi vi accede, a laboratorio didattico chiamato Laboratorio di Storia e Storie, per lo svolgimento di attività e archivio permanente destinato alle scuole del quartiere e della città e aperto a tutti i cittadini.



Urban 2 ha permesso di intervenire in modo decisivo anche sul parco lineare di corso Tazzoli dove sono presenti due delle istallazioni artistiche che rientrano nel progetto Nuovi Committenti a Mirafiori Nord: Totipotent Architecture, una grande scultura abitabile dalla forma di una cellula, ideata da Lucy Orta a partire dal desiderio espresso da un gruppo di committenti composto da sette studenti di due Licei del quartiere. “Un ‘atollo’, una specie di porto franco” secondo le loro stesse parole. Un luogo dove potersi incontrare, accomodare, leggere, parlare.La committenza di quest’opera è iniziata nel 2003 con una riflessione tra committenti e mediatrici sui temi degli spazi dedicati ai giovani e sulla sicurezza nei luoghi pubblici. La ricerca di Lucy Orta, incentrata sulla relazione tra corpo, environment e comunità si prestava perfettamente alle domande della committenza. Incaricata del progetto nel 2004, l’artista ha coinvolto i committenti nella progettazione di una forma che fosse ospitale e protettiva e, contemporaneamente, aperta, trasparente, luminosa e illuminata. Ne è risultata una scultura di grandi dimensioni formata da un basamento in cemento su tre livelli e da una copertura in tubolari d’acciaio.



Nascosto tra gli alberi di un’aiuola del nuovo Parco Lineare di Corso Tazzoli, realizzato dal programma Urban 2, il Multiplayer nasce nell’ambito delle azioni di riqualificazione promosse dal Progetto Cortili, a partire dalla richiesta di un gruppo di bambini e adolescenti, residenti nel vicino complesso di edilizia residenziale pubblica di via Poma, di poter usufruire di uno spazio protetto, aperto e accessibile a tutti, dove giocare senza arrecare disturbo agli altri abitanti. Il Multiplayer è un campetto multifunzionale attrezzato le cui caratteristiche sono state definite dai suoi giovani committenti in una serie di incontri con Stefano Arienti, l’artista a cui è stato affidato il progetto, le mediatrici e le accompagnatrici del Progetto Cortili.



A breve distanza l’Aiuola Transatlantico realizzata da un’idea di Claudia Losi nel complesso di edilizia residenziale pubblica di via Scarsellini, vicino allo stabilimento FIAT Mirafiori. Un’isola verde nella quale sostare, incontrarsi e fare attività con i bambini, scaturita dal desiderio di un gruppo di abitanti quale esito del lavoro di progettazione partecipata svolto nell’ambito del Progetto Cortili da Avventura Urbana.
Il progetto dell’artista – che ha affiancato il Progetto Cortili nella riqualificazione delle aree verdi delle case di via Scarsellini - è iniziato nel 2005 e ha comportato una lunga riflessione con i committenti sui temi della condivisione dello spazio collettivo, le sue conflittualità e le sue regole.



Il Palasport Tazzoli è una struttura sportiva polivalente per gli sport del ghiaccio, che si trova a Torino sul Corso omonimo vicino alle storiche officine della Fiat Mirafiori; è stato ricostruito - sul sito che ospitava una pista all'aperto - per i XX Giochi olimpici invernali e presenta all’esterno una facciata curva in mattoni rossi che ricalca in qualche modo le linee sinuose di quella barocca di Palazzo Carignano.
La struttura dispone di una tribuna da 3000 posti e le dimensioni del campo di gara principale sono di 30x60 metri, il che consente di disputare competizioni ufficiali di hockey su ghiaccio (vi giocano le squadre maschile e femminile del Real Torino HC); è presente anche una seconda pista, di dimensioni inferiori e raggiungibile attraverso un tunnel sotterraneo, che può essere utilizzata per allenamenti di hockey, curling, short-track e pattinaggio artistico e di figura. L'impianto è stato utilizzato anche in occasione delle Universiadi invernali di Torino 2007 ed attualmente viene utilizzato dalle società iscritte alla Federazione Italiana Sport del Ghiaccio della Regione Piemonte e dalle loro squadre agonistiche che competono nelle discipline dell'hockey, del pattinaggio di figura, del pattinaggio di velocità e short track e del curling.



Per una veloce e non impegnativa pausa gastronomica ci si può fermare alla Osteria Zucchero e Sale (nei locali dell’originaria Piola dell’In/contro aperta con la nascita della ristrutturata Cascina Roccafranca) che propone economici e basici menù a 7 euro (a pranzo) e 10 euro (a cena) con primo, secondo, contorno, pane e coperto: nulla di gastronomicamente trascendentale, ma un buon rapporto qualità-prezzo globale.


Per il percorso completo e approfondimenti: "L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro" da pag. 109 a pag. 128

http://it.wikipedia.org/wiki/Mirafiori_Nord

venerdì 14 giugno 2013

Vanchiglietta: tra i fiumi oltre la città


Vanchiglia (in piemontese Vanchija) è uno dei quartieri storici di Torino, situato tra il quartiere centro e la confluenza dei fiumi Po e Dora Riparia, appartenente alla VII circoscrizione, delimitato a nord dal fiume Dora Riparia (LungoDora Siena), a est dal fiume Po (lungoPo Antonelli), a sud da Corso San Maurizio, a ovest da Corso San Maurizio - confluenza in Corso Regina Margerita.



L'origine del nome è molto incerta: la tradizione popolare vuole che si tratti della contrazione dell'antico termine popolare vengh che potrebbe significare fango, oppure giunco, giustificata dall'umidità della zona e dagli arbusti dei salici sulle sponde dei due fiumi: documenti più certi del XVII secolo citano Vinchilia (o Vinchillia) la zona dei vinchi, intesi appunto come giunchi o arbusti, dal latino vallis iuncea, valle dei giunchi, appunto. Tuttavia, potrebbe originare sempre dal latino vallis aquilia, variante medievale di vallis aculia, e cioè appuntita per indicare l'area a forma di punta tra le confluenze dei due fiumi, e questo sempre in coerenza con alcuni nomi geografici extra moenia dati dagli antichi Romani (es. Valdocco).
Il quartiere comprende Vanchiglietta e Borgo Vanchiglia e ha una superficie di 9,630 km² e, in base ai dati demografici del 2006, conta circa 32.300 abitanti (14.200 Borgo Vanchiglia, 18.100 Vanchiglietta), di cui circa 2.900 stranieri.
La zona Vanchiglietta, percorsa dal primo itinerario, è una lingua di terra tra il Po e la Dora, che si associa generalmente ed amministrativamente al quartiere Vanchiglia, sebbene di urbanizzazione più recente e notevolmente più vasta. Questa si estende a nord-est del territorio di Borgo Vanchiglia, da corso Regina Margherita lungo il corso dei due fiumi fino al loro punto di congiungimento in località detta Colletta, comprendendo infatti il Parco Colletta e il Parco Crescenzio, la Stazione Merci Vanchiglia, più altre vaste aree, come il recente Campus Universitario L. Einaudi (sorto nella zona ex Italgas).



Il percorso in zona Vanchiglietta parte da quella che è diventata da qualche tempo l’aiuola privata (quasi un paradosso nell’espressione stessa) del sig. Michele Lionetti, che in un’azione di “guerrilla gardening” forse neanche troppo consapevole, ha deciso di trasformare uno spartitraffico di corso Regina Margherita all'incrocio con corso Belgio – nei pressi di largo Rosario Berardi - in un'oasi verde in mezzo all'asfalto prendendosene cura come se fosse un suo giardino privato e personale.

Vanchiglia si guadagnò il nome di Borgh dël Fum (Borgo del Fumo) a causa dei numerosi opifici e stabilimenti presenti, nell'area, nella prima metà del XX secolo; tra questi uno dei più grandi era la VENCHI, edificio costruito nel 1907 su progetto di Pietro Fenoglio come sede della Venchi S. & C. per la produzione di confetti, cioccolato, caramelle e biscotti. Al trasferimento dell’industria dolciaria in zona Pozzo Strada per formare la VENCHI UNICA, la struttura venne destinata a Opificio Militare e fu bombardata pesantemente il 13 luglio 1943 per poi cadere in disuso.



Altra ampia zona industriale era quella occupata dagli stabilimenti Italgas dei quali rimangono solo  gli imponenti gasdotti visibili da Corso Regina e Corso Belgio: su quest’area è in atto dalla fine degli anni novanta un ampio programma di riconversione urbana avviato dall’Università degli Studi per la realizzazione delle sedi delle Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche con l’acquisizione da parte dell’Ateneo torinese delle aree dismesse tra la Dora e corso Regina Margherita. Il progetto vincitore del concorso internazionale bandito dall’Università per la costruzione del Campus Luigi Einaudi è firmato dal gruppo composto da Benedetto Camerana, Foster and Partners (leading architect), Tecnimont (già Fiat Engineering, mandataria), Mellano Associati, Giugiaro Design, I.C.I.S. Il nuovo complesso si articola attorno a una grande piazza circolare, richiamo dei vicini gasometri. L’insediamento comprende due fabbricati distinti, che ospitano rispettivamente le due facoltà con i relativi dipartimenti e i laboratori linguistici, i servizi per gli studenti e la grande biblioteca interdipartimentale, affacciata sul fiume.
Gli edifici, avvolti da facciate trasparenti a linee morbide e coperti da un unico tetto ondulato, luminoso e sospeso, sono scanditi da passaggi aperti che collegano le aree pubbliche con il giardino interno, cuore circolare verde di tutti i percorsi e cinto da portici. Nell’ala delle facoltà, tra il piano terreno e il primo piano, è previsto un auditorium inclinato, mentre nei piani interrati sono sistemati i parcheggi. Il progetto enfatizza il contatto con il fiume e crea connessioni visive e prospettiche con l’arco alpino, le colline, la Basilica di Superga e la Mole Antonelliana. Il rapporto con l’ambiente circostante è cercato anche nella realizzazione della passerella pedonale sulla Dora e nella sistemazione delle sponde fluviali.



Prima di avvicinarsi a quello che è diventato il Campus Universitario Einaudi, inaugurato a settembre 2012 tra Corso Regina e Lungo Dora Siena, si possono fare alcune interessanti tappe artistico-culturali: la prima nell’area verde di C.so Farini per ammirare l’opera dell’artista Opiemme che con il writing “SOGNARE” sul cartello di Senso Vietato, un oggetto sociale diventa lo strumento di una significazione simbolica alternativa. A breve distanza in Via Pallavicino, 35 hanno sede il Turin Youth Centre (TYC) che si propone di mettere insieme differenti realtà associative del territorio che si occupano di temi diversissimi tra loro, dal cinema all’antimafia, dal design ai diritti civili, dalla mobilità internazionale all’architettura, e le Officine Corsare, spazio sociale, sotto forma di Circolo ARCI, motore di iniziative, crocevia di esperienze e punto di riferimento sociale, culturale ed artistico per il quartiere, che opera in modo parallelo e collegato a quello della rete dei collettivi universitari degli Studenti Indipendenti. Ritornando sul Lungo Dora si vede oltre al sopracitato Campus Einaudi, si notano la Residenza Universitaria Olimpia, nella struttura del Media Village Olimpico, e il Ristorante Universitario aperto non solo agli studenti.



Costeggiando il sinuoso corso del fiume è possibile percorrere la ciclopedonabile che porta fino alla confluenza della dora con il Po attraversando prima  il Parco Crescenzio e poi il Parco Colletta; tra i due alcune fabbriche (tra le quali la Torrefazione Costadoro che fornisce la maggioranza dei caffè di Torino) e alcune agenzie creative, ben riconoscibili dai coloratissimi murales esterni, tra i quali spicca il writing di un cervello con la scritta “agitare prima dell’uso”.



Il Parco Crescenzio, compreso tra Lungo Dora Colletta eVia Nievo ha una superficie di mq 66.190 ed è nato su progetto di Giuseppe Magistrini dall’interramento della Dora al fine di evitare danni al cimitero, avendo il fiume cambiato più volte il letto, in seguito a frequenti erosioni e piene.



Il Parco Colletta, erroneamente noto come Parco della Colletta, con una superficie di mq 448.000, è parte, assieme al Parco dell'Arrivore, dell'Area attrezzata Arrivore e Colletta, di 208 ha, area che a sua volta è una porzione del Parco fluviale del Po tratto torinese.
I Savoia nel XVII secolo progettarono un grande parco di caccia vicino alla città di Torino, tra la confluenza della Dora Riparia e della Stura di Lanzo con il fiume Po e il parco ottenne la denominazione di Regio Parco, rovinato poi completamente dall'assedio di Torino del 1706.
Il parco attuale è stato realizzato alla fine degli anni ottanta, recuperando una vasta area abbandonata e degradata. Prende il nome dal Lungodora che lo attraversa, intitolato a Pietro Colletta, generale, uomo politico e storico, la cui opera più conosciuta è la Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, pubblicata postuma nel 1834.



Il parco oggi copre la zona lungo il corso occidentale del fiume Po tra la confluenza della Dora Riparia, a sud, e della Stura di Lanzo, a nord, dove inoltre confina con il Parco della Confluenza. È a cavallo dei quartieri Regio Parco e Vanchiglia e prossimo a Barriera di Milano, nella parte settentrionale al confine col Parco dell'Arrivore. All'interno del parco vi è la cascina Airale, ora in stato di grave abbandono, molto antica e già citata in documenti del sedicesimo secolo, attiva sino al 1982. In tutta la zona fluviale è possibile del bird watching, attività non così comune in una grande città.
A custode del parco, nella zona della confluenza, un vecchio che da quarantanni, prima la moglie e adesso lui, gestisce un alimentare in un casotto di legno d’altri tempi.


A conclusione del percorso una curiosità poco visibile ma molto leggendaria legata alla cronaca di Vanchiglietta: al n° 20 di Via Fontanesi una casa rosa alta, di fianco a una casetta bassa e stretta, fu teatro nel 1958 dell’omicidio di un operaio FIAT, Mario Gilberti, a firma dell’assassino DiAboLich; nome che ispirò molto probabilmente le autrici Angela e Luciana Giussani (che non confermarono ma neppure negarono mai del tutto la fonte di ispirazione) per la creazione negli anni sessanta del popolare fumetto Diabolik  

 



martedì 11 giugno 2013

Santa Rita: gli adepti di Marte e gli atleti di Olimpia


Il secondo percorso a Santa Rita abbandona l’anima più residenziale e commerciale del quartiere (protagonisti della ‘stagione del boom’) e ne esplora la sua natura artistica, militare e sportiva.
 

Prima infatti di incontrare gli adepti di Marte e i successori degli atleti olimpici, è interessante soffermarsi ad ammirare la già nominata Opera per Torino dell'artista danese Per Kirkeby realizzata tra il 2004 e il 2005 nell'ambito del progetto Artecittà. 11 artisti per il Passante Ferroviario e collocata a Torino, in largo Orbassano, con inaugurazione ufficiale il 22 febbraio 2005. Si tratta di un porticato a doppia altezza realizzato principalmente in mattoni che si colloca nel quadro del vasto progetto di trasformazione urbana denominato Spina Centrale che, sfruttando il progetto parallelo della copertura dei binari del passante ferroviario di Torino, ha portato alla riqualificazione delle aree circostanti e alla creazione di un grande boulevard che attraversa la città in senso nord-sud che prevedeva anche la collocazione di alcune opere d’arte luoghi significativi del passante.
L' Opera per Torino, che segue la Fontana ad Igloo di Mario Merz e l’Albero Giardino di Giuseppe Penone collocate tra San Paolo e Cenisia, si colloca a breve distanza da queste due, in un'aiuola al centro di largo Orbassano, la cui risistemazione superficiale dopo i lavori di scavo del passante fu avviata a fine 2001. Si trova all'interno di un importante nodo del traffico veicolare urbano ed è stata concepita dall'artista in funzione del luogo, in funzione del fatto che ‘ci dovevano transitare le persone’. ‘Opera per Torino’ sin dall'inizio non è stata apprezzata dai cittadini, e continua tuttora ad essere criticata in modo anche aspro da alcuni settori dell'opinione pubblica. Reazioni di tutt'altro segno sono invece venute dalla critica, come ad esempio il giudizio lusinghiero di Vittorio Sgarbi che nel 2005 dichiarò: “Ho sentito giudizi terribili su quest’opera, in realtà mi pare una specie di ricamo tutt’altro che dannoso in quel contesto, anzi decorativo.”


Le prime strutture militari che si incontrano su Corso IV Novembre (nome viario già di per sé evocativo essendo la data della vittoria per l’Italia nella prima Guerra Mondiale) sono la Caserma MonteGrappa sulla sinistra e l’Ospedale Militare sulla destra. La Caserma Montegrappa edificata, in stile tardo eclettico, per un reggimento di bersaglieri fra il 1905 e il 1910 consta di quattro grandi fabbricati: una palazzina per il comando e tre maniche collegate fra loro tramite un portico continuo collocato a ridosso del cortile; la palazzina di comando, al contrario degli altri edifici, è decorata con archi, fregi floreali, stemmi, cornici, bugnato. Dal 1921 i bersaglieri si trasferirono alla Caserma Dogali portando con loro l’intitolazione a La Marmora. La caserma venne quindi denominata MonteGrappa (montagna delle Prealpi Venete, teatro di diversi scontri decisivi della prima guerra mondiale) e destinata al reggimento di Fanteria Superga. Oggi è la sede del comando della brigata alpina Taurinense. 



L’Ospedale Militare, gravitante sulla nuova Piazza d’Armi, fu costruito in stile liberty fra il 1903 e il 1913 e attualmente è sede del Campus Riberi e del Dipartimento Militare di Medicina Legale Riberi. L’ospedale militare fu intitolato a Alessandro Riberi (1794-1861), senatore, professore, cavaliere, innovatore nel settore della medicina, dell’università e delle strutture sanitarie, sia militari sia civili e venne realizzato con una struttura architettonica a padiglioni (in tutto 31), propria delle caserme di inizio Novecento, per consentire un’adeguata illuminazione e ventilazione degli ambienti. I vari padiglioni, che si affacciano sul cortile centrale, risultano collegati da gallerie con vetrate liberty di rigorosa funzionalità; l’unica costruzione di stile decisamente diverso è la cappella goticheggiante.
Il passaggio da esercito di leva ad esercito professionale (2004) ha imposto dei cambiamenti alle strutture ospedaliere militari in Italia; anche al complesso “Riberi” sono stati effettuati lavori di ristrutturazione: una parte struttura sanitaria ambulatoriale e medico-legale, una parte organismo alloggiativo. In occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006, l’ospedale, ampiamente ristrutturato, ha ospitato il Media Village fino all’attuale uso come Campus Militare “Riberi” - Dipartimento Militare di Medicina Legale (DMML) “Riberi” ospitato nell’ala ancora attiva all’angolo fra Via Barletta e Corso IV Novembre. 



Il parco, popolarmente noto come Piazza d'Armi, fu effettivamente utilizzato a tale scopo dall'esercito dal 1906 fino alla fine degli anni '60. Ospitò, dal 1959 al 1971, anche l'eliporto "Aldo Cavallo". Il comune acquistò due terzi del vasto terreno compreso tra corso IV novembre, corso Sebastopoli, corso Galileo Ferraris e corso Lepanto per farne un grande parco pubblico di circa 220000 m2 e fu inaugurato nel 1973. Lo spezzone centrale rimase di proprietà del demanio e attualmente ospita strutture sportive dell'esercito. La parte sud è stata radicalmente trasformata in occasione delle Olimpiadi del 2006, con la creazione di una piazza pedonale di 20000 m2 al posto del viale alberato di corso Sebastopoli e di uno specchio d'acqua in asse con la Torre Maratona. È presente anche un'oasi naturalistica con laghetto e canneto, dove nidificano varie specie di uccelli.



Lo Stadio Olimpico, già Stadio Comunale Vittorio Pozzo fino al 2006 e, in precedenza, Stadio Municipale Benito Mussolini, è un impianto multifunzionale di Torino, sito in Piazzale Grande Torino, il cui uso prevalente è calcistico, anche se è in grado di ospitare riunioni di atletica leggera e incontri di rugby.
Sorto negli anni trenta, sotto il nome di Municipale prima e di Comunale poi, fino al 1990, anno della loro migrazione allo Stadio delle Alpi, fu la sede degli incontri interni di Juventus e Torino.
Ristrutturato e ribattezzato Stadio Olimpico in occasione dei XX Giochi olimpici invernali del 2006, al termine della manifestazione lo stadio è tornato a essere utilizzato come impianto di calcio, suo uso originario, e riprese a ospitare le gare interne del Torino, che tuttora lo utilizza, e della Juventus fino al 2011, anno in cui la società è migrata verso il suo nuovo stadio di proprietà (Juventus Stadium).



Originariamente intitolato a Benito Mussolini, lo stadio Municipale, classico esempio di architettura razionalista, venne costruito per decisione del Duce stesso al fine di ospitare i Giochi Littoriali dell'anno XI, svoltisi nel 1933, e i Campionati Internazionali Studenteschi. Venne inoltre edificato per sostituire i precedenti impianti sportivi presenti nella piazza d'armi del 1909-1910. Con la fine della seconda guerra mondiale e l'avvenuta caduta del regime fascista, l'impianto perse la denominazione a Mussolini, e venne rinominato Stadio Comunale. La Juventus continuò ad essere l'unica titolare del campo fino all'inizio della stagione 1963-1964, quando il Torino abbandonò definitivamente il Filadelfia e si trasferì anch'esso in pianta stabile al Comunale. Il Comunale ha quindi ospitato le gare interne di entrambe le squadre torinesi fino al campionato 1989-90, quando l'impianto, ormai vecchio e desueto, venne abbandonato per il nuovo Delle Alpi, terminato per Italia '90. Dopo la costruzione del Delle Alpi, il Comunale venne utilizzato sempre di meno, sino ad essere destinato unicamente ad ospitare gli allenamenti della Juventus (fino al 2003) e, brevemente, del Torino. Lo Stadio Comunale è stato anche la sede di manifestazioni extra sportive, come i concerti: tra gli altri, quelli di Bob Marley, un anno prima della sua morte, dei Rolling Stones, di Michael Jackson nel Bad World Tour e Madonna per la prima volta in Italia con il Who's That Girl Tour.



In seguito ad accordi con il Comune, che affidavano lo Stadio delle Alpi alla Juventus, lo Stadio Comunale venne assegnato al Torino, in cambio dell'impegno a ristrutturarlo e a renderlo operativo in tempo per ospitare le cerimonie di apertura e chiusura dei XX Giochi olimpici invernali. Il progetto di ristrutturazione, affidato agli studi di architettura veronesi Giovanni Cenna Architetto e Arteco, ha conservato le strutture esistenti, sottoposte al vincolo della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici; ha quindi aggiunto nuove strutture verticali per reggere la copertura di tutto l'impianto, e un terzo anello di gradinate, continuo e strutturalmente collaborante alla copertura, dotato nella parte corrispondente alla precedente copertura di una parte chiusa ospitante 44 palchi. Circa un terzo del rivestimento della copertura è in materiale plastico semitrasparente, in maniera da evitare il più possibile che l'ombra proiettata dalla stessa possa danneggiare il tappeto erboso a causa della minore insolazione. La capienza complessiva è stata portata a 27 168 posti, tutti al coperto e a sedere, ridotta rispetto a quella originaria (l'impianto poteva ospitare 65 000 persone in piedi) per rispettare le moderne norme di sicurezza.


Il grande edificio, conosciuto anche come i Poveri Vecchi, fu progettato da Crescentino Caselli, allievo di Alessandro Antonelli, e costruito tra il 1881 e il 1887. Era destinato ad ospitare poveri e malati dell'Ospizio Generalissimo di Carità (ribattezzato nel 1942 Regio Istituto di Riposo per la Vecchiaia) dall'ormai inadeguata sede di Palazzo degli Stemmi. È costituito da un corpo centrale e quattro padiglioni: la struttura è di muratura e tiranti metallici a volte, con una copertura di laterizi incombustibili. La facciata misura 351,5 m e l'intera struttura occupa un'area di 25000 m2. Inizialmente poteva ospitare fino a 1800 assistiti. Attualmente solamente più la parte sud dell'edificio ospita una residenza per anziani, le due ali nord sono invece la sede di parte della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Torino e la sede centrale del Consorzio CSI-Piemonte.



Il Palasport Olimpico di Torino, detto anche Palaolimpico o PalaIsozaki dal nome del progettista, con i suoi 14.350 posti a sedere (costato 87 milioni di euro) è il più grande Palasport italiano; costruito in occasione dei XX Giochi olimpici invernali, ha ospitato insieme all'impianto di Torino Esposizioni le gare olimpiche di hockey su ghiaccio. La progettazione dell'edificio è stata oggetto di un concorso internazionale, vinto da un gruppo guidato dall'architetto Arata Isozaki, composto dallo studio Arata Isozaki & Associates di Tokyo che ne ha diretto la progettazione, ARCHA S.P.A. di Torino, Arup Italia s.r.l. di Milano, ing. Giuseppe Amaro, arch. Marco Brizio. L'avveniristico edificio si presenta come un rigoroso parallelepipedo cartesiano rivestito di acciaio inox e vetro, con una base di 183 per 100 metri. Si sviluppa su quattro livelli, due interrati (fino a 7,5 metri sotto terra) e due all'aperto (fino a 12 metri d'altezza). La lunghezza complessiva dell'impianto è di circa 200 metri.



La struttura, progettata per essere una vera e propria "fabbrica degli avvenimenti",utilizzando le parole del suo architetto, è completamente flessibile e modulabile nella sua struttura interna: nella disposizione delle tribune mobili (grazie ad un moderno sistema di gradinate mobili e retrattili e alla possibilità di movimentazione di un impalcato temporaneo), nell'acustica e nell'impiantistica. Una sorta di scatola magica, realmente progettata per una pressoché infinita potenzialità d'uso postolimpica: ghiaccio, sport indoor vari, atletica indoor, concerti, spettacoli, convention, congressi, manifestazioni, grandi eventi, parate, show, raduni religiosi, eccetera. La sua capienza massima è di 18.500 posti complessivi per i concerti.



Dopo dopo aver svoltato in Via Filadelfia, sull’area su cui sorgevano i campi di calcio Combi-Callegaris-Marchi, si incontra un’altra struttura sempre progettata dall’architetto Isozaki con ARUP, il Palazzo del Nuoto (più nota come Piscina Olimpionica) Cancellata la vecchia "olimpica" per fare spazio al PalaOlimpico, l’edificio comprende due piscine da 50 m: una Olimpionica con tribune spettatori per 1200 posti a sedere, una per allenamento ed un parcheggio seminterrato su due livelli con 210 posti auto. Il fabbricato si presenta su via Filadelfia come un semplice volume rivestito in pannelli di acciaio inox e una imponente vetrata alta 6 metri e protetta da una pensilina.


La copertura della superficie, di circa 3.300 mq con dimensioni di m 64,80 in larghezza e di m 50 in profondità, è composta da un’unica struttura portante reticolare in acciaio e superficialmente da lastre sagomate modulari in alluminio opportunamente coibentate. Il PalaNuoto è caratterizzato da soluzioni tecniche d'avanguardia e dalla scelta di rompere con lo schema classico di piscina luogo chiuso verso l'esterno, grazie all'utilizzo di grandi superfici esterne vetrate: la sola facciata verso via Filadelfia misura oltre 380 mq complessivi, per un'altezza continua di 5,5 metri. L’edificio presenta una copertura con uno sbalzo di 16 m a Nord, con struttura in acciaio e facciata strutturale tirantata in vetro; inoltre le piscine hanno un sistema di trattamento dell’acqua ad ozono che permette un efficace trattamento antibatterico.
  


Ritornando nell’area dedicata allo sport, nella rinnovata cornice di piazza d'Armi con il Palasport Olimpico e lo stadio Olimpico, si incontrano su Corso Galileo Ferraris la neo-restaurata Piscina Stadio Monumentale, progettata nei primi anni Trenta dall’architetto Contardo Bonicelli con il risultato di una facciata art-deco e una volumetria razionalista-espressionista, e a breve distanza la Casa del Teatro dei Ragazzi, ospitata nella vecchia Centrale AEM, costruita in stile liberty nel 1928 su progetto di Camillo Bornati e trasformata per la sua nuova funzionalità dagli architetti Agostino Magnaghi, Francesco Barrera, Carlo Fucini e Luc Plamondon nel 2006. 



Si finisce il percorso, come lo si è iniziato, all’insegna dell’arte contemporanea difronte alle sculture bronzee Punti di vista (alte 12 m) opera dell’artista contemporaneo inglese Tony Cragg, che creano, nell’insieme, l’effetto del dinamismo e, nei dettagli, profili di visi umani, lasciandosi alle spalle uno degli elementi distintivi dell’area: la torre Maratona, progettata dell'architetto romano Brenno Del Giudice, del prof. Colonnetti del Politecnico di Torino e ing. Vannacci e Lucherini come serbatoio dell’acqua del complesso sportivo. 



Una pausa veloce alla fine o all’inizio di questo tour per Santa Rita per gustare una buona pizza: la scelta è tra una pizza tipicamente napoletana della pizzeria Miseria e Nobiltà in Via Lesegno 69/I  e quella a lunga lievitazione croccante e morbida insieme di Mamma… che pizza in Largo Tirreno 123/B.
Da Miseria e Nobiltà l’ambiente è piccolo e ricco di immagini di Totò sulle pareti e l'impasto della pizza è ben lievitato e gli ingredienti di buona qualità: da provare in particolare l'ApeMaya che presenza un accostamento non convenzionale ma azzeccatissimo di gorgonzola, cipolle e miele; da Mamma… che pizza la scelta di pizze, focacce tipo ‘di Recco’, calzoni e saltimbocca è particolarmente ampia con la possibilità di scegliere nelle versione al mattone o al tegamino; in ogni caso la pizza risulta ben lievitata, croccante ma morbida all’interno con ingredienti rigorosamenti campani (fior di latte, bufala, farine e pomodori) e pugliesi (burrata); buoni i dolci (notevoli la torta con ricotta e fichi e la freschissima millefoglie con crema pasticcera e fragole); prezzi nella media.

Per il percorso completo e approfondimenti: "L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro" da pag. 136 a pag. 142

mercoledì 5 giugno 2013

Santa Rita: la stagione del boom


Santa Rita è un quartiere della zona sud-ovest della città che fa parte della Circoscrizione 2 di Torino, e che prende il nome dalla chiesa dedicata a Santa Rita da Cascia, costruita al centro del quartiere nella prima metà del XX secolo; il quartiere è delimitato a nord da corso Rosselli, a ovest da corso Siracusa, a est da corso Unione Sovietica, a sud da corso Cosenza.
È una zona storica sviluppatasi principalmente negli anni '60 e '70, con il grande afflusso di immigrazione meridionale; attualmente è una zona residenziale e ricca di esercizi pubblici.



L'attuale territorio di Santa Rita era diviso in grandi tenute agricole che subirono un frazionamento a partire dal XV secolo, periodo in cui vennero costruite numerose cascine. Gli edifici rurali, circondati da campi coltivati e dalle bealere, i canali di irrigazione, erano collegati con la città da due assi stradali: lo stradone di Stupinigi (attuale corso Unione Sovietica) e la strada di Orbassano (attuale corso Orbassano). La definitiva fisionomia agricola dell'area si stabilizzò nel XVII secolo: a quest'epoca risalgono le cascine ancora presenti come il Giaione, attuale sede della circoscrizione 2, la villa Amoretti e la Grangia. Quest'ultima, il cui nucleo originale risaliva al medioevo, risultò attiva fino agli anni '80 prima di essere demolita nel 2001.
Durante l'assedio di Torino la zona era compresa tra le due linee di controvallazione e circonvallazione dell'esercito francese. L'area fu scelta dal duca de la Feuillade, uno dei generali, come centro di comando. La cascina Olivero (in parte ancora visibile in corso Siracusa angolo via Arbe) ospitava il quartier generale vero e proprio del duca; la già citata Grangia, all'epoca ancora munita delle mura medievali, fu destinata a fureria mentre la Martiniana (sul cui sito sorge la Centrale del Latte di via Filadelfia) fu trasformata in forno per il pane. Tutti gli edifici furono uniti con opere di fortificazione (mura e valli) e collegate con un sistema di trincee.



Il tradizionale impianto agricolo rimase pressoché intatto fino ai primi del Novecento, quando furono costruiti i primi edifici al di fuori della cinta daziaria: lo sviluppo urbano venne fissato intorno alle barriere doganali di Orbassano e Stupinigi e alle relative direttrici stradali, secondo i piani regolatori del 1887, del 1901 e del 1908. Le case popolari di via Tripoli 71-75 sorsero tra il 1908 e il 1912, mentre nel 1913 sorse nelle vicinanze la scuola elementare Mazzini, in stile liberty.


A partire dal dopoguerra la popolazione cominciò a crescere rapidamente per l'immigrazione dalle campagne, dal sud Italia ma anche dalle zone centrali della città. Nel 1961 si registrò un aumento del 223% rispetto ai dieci anni precedenti: gli abitanti passarono da 23.000 a 74.000. Il ritmo costruttivo si accentuò ancora di più negli anni seguenti, anche in conseguenza della legge sulle case popolari n. 167 del 1962. Tra il 1963 e il 1968 il quartiere crebbe disordinatamente, evidenziando carenze di servizi per l'enorme popolazione residente. Nel 1970 si toccarono i 104.191 residenti, con soli tre mercati e nessun ospedale; anche scuole, servizi sociali e sanitari, aree verdi erano insufficienti. Nel 1972 sorse il primo comitato di quartiere, con funzioni consultive. Nel 1985, quando Santa Rita fu unito a Mirafiori Nord per formare la circoscrizione amministrativa 2, nel quartiere c'erano ancora 80.000 abitanti.



A gli anni ’60, quelli del boom demografico ed economico, appartengono anche le Torri Pitagora: sorte tra il 1964 e il 1965 in una zona allora periferica della città, sono frutto di un collaudato sodalizio tra l'architetto Elio Luzi e Sergio Jaretti Sodano che, dopo aver già progettato la Casa dell'Obelisco sulla prestigiosa collina torinese, realizzeranno anche la famosa Torre Mirafiori e il complesso edilizio circostante.
Realizzate su progetto del duo Luzi-Jaretti per l'impresa edile Manolino, le Torri Pitagora fanno parte delle cosiddette "residenze alte" della Torino del dopoguerra. Ubicate sull'area compresa tra i corsi Siracusa, Orbassano e Cosenza, con affaccio sull'antistante piazza Pitagora, il complesso edilizio comprende le due torri che, con i loro dieci piani, si distinguono per l'elevata altezza rispetto al contesto edilizio circostante, privo di una particolare coerenza. Complice dell'altezza è lo slancio conferito dalla scelta di basare l'edificio su alti pilotis, dove trovano posto anche degli spazi a doppia altezza per attività commerciali.
La scelta di una planimetria variegata giustifica la caratteristica struttura a moduli sovrapposti che, con un equilibrato gioco di sporgenze, sottolinea la varietà dei prospetti con un ritmo di crescente trasformazione verso l'alto, culminando con il tetto pensile. Impossibile non notare, infine, i ricorrenti elementi decorativi tipici della progettualità di Luzi e degli edifici dell'impresa Manolino, ovvero il largo impiego del mattone a vista con posa "a coltello" (atta a mostrare l'incavo volutamente lasciato vuoto) e l'ampio uso di moderne ringhiere in vetro armato.



Poco dopo Piazza Pitagora, su Corso Orbassano sorge il Parco Rignon: un parco urbano di 46.200 m², originariamente parco privato della famiglia Provana di Collegno, ultimi proprietari della Villa Amoretti presente al suo interno, attualmente è di proprietà della città di Torino. Il parco, "punto nevralgico" della città e con tre secoli di storia, è principalmente delimitato da Via Filadelfia a Nord e da Corso Orbassano ad ovest. Importante è il suo giardino liberty, ampliato da Chevalley nel 1906. Il parco, frequentato soprattutto per la Biblioteca, ospitata nella Villa, in estate è sede di eventi musicali e di altre manifestazioni di quartiere; è stata sede di lavori del Teatro Stabile e di varie importanti attività artistiche. Nel parco vi sono anche dei giochi per bambini ed una bocciofila.



Villa Amoretti, costruita nel 1760, fu acquistata dal comune il 20 ottobre 1970 insieme al parco che la circondava e trasformata in biblioteca civica. Nel 2004 è stato aggiunto un nuovo padiglione sul retro della villa per ospitare la nuova sede della biblioteca. Nel 1650 era ancora una semplice cascina, quando l'acquistò Giambattista Amoretti, giovane prete ligure divenuto poi elemosiniere e diplomatico presso la corte ducale di Carlo Emanuele II. Intorno al 1760 la commenda fu sostituita da una villa in stile neo-classico, costruita su progetto di Plantery; nel 1833 la proprietà passò al conte Paolo Luigi Rignon, da cui prese il nome. Nel 1912 il suo discendente Felice Rignon, già sindaco di Torino e senatore del Regno d'Italia, la donò al Comune di Torino. La villa attuale fu edificata dal nipote Giambattista di Osasio. Carlo, ultimo marchese di Osasio, ebbe una sola figlia, che morì nel 1807 lasciando la villa in eredità ai Guasco di Castelletto, famiglia della madre, e infine passò ai Provana di Collegno. Pochi anni dopo la villa fu acquistata dai conti Rignon. Il conte Vittorio Rignon, proprietario unico nel 1899, la fece ristrutturare: abbatté i rustici a lato della villa, fece ingrandire il parco e costruire le nuove scuderie e l'arancera.
Secondo il progetto recentemente approvato dalla Regione Piemonte, la zona sarà interessata dai lavori della Linea 2 di metropolitana, il cui secondo lotto prevede la realizzazione della fermata Parco Rignon.



La costruzione del Santuario di Santa Rita, cuore spirituale e sociale del quartiere, è legata alla figura del giovane don Giovanni Baloire, militare nel corpo di Sanità, che nel 1916 si trovava aquartierato nella scuola elementare Mazzini, presso il nuovo ospedale militare, ed ebbe modo di osservare il nuovo quartiere in espansione. Finita la guerra, fu nominato nel 1919 vice-parroco nella parrocchia di San Secondo a Torino, dove era già presente un culto di Santa Rita da Cascia, santificata da papa Leone XII meno di un ventennio prima. Baloire insistette per titolarle un santuario presso questa area, perché le allora chiese di Crocetta e di Lingotto erano troppo lontane per gli abitanti delle poche case e delle cascine della zona. 



Con l'appoggio di monsignor Pinardi, parroco di S.Secondo, il sostegno e il sostanzioso aiuto dei devoti della Compagnia di Santa Rita, il progetto venne approvato dal vescovo nel 1925. Il comune di Torino concedette un'area prima di 5000 e poi di 10000 m2 prospiciente la piazza che con delibera dell'11 aprile 1928 sarà ufficialmente intitolata a Santa Rita da Cascia. I lavori cominciarono il 19 maggio 1927 e terminarono nel 1933 con la costruzione del campanile. L'intera chiesa, completa degli arredi interni e dell'organo, sarà ufficialmente consacrata solo l'11 maggio 1957. L'autore del progetto, in stile neo-gotico francese, era l'architetto salesiano Giulio Valotti, già celebre per la progettazione della chiesa di Gesù Adolescente in Torino, il santuario del Selvaggio a Giaveno, numerosi istituti salesiani in Italia, e l'ampliamento della basilica di Maria Ausiliatrice e dell'Oratorio Valdocco di Torino. Ogni sera del 22 maggio, ricorrenza della Santa, si svolge la tradizionale processione per le vie del quartiere che attira centinaia di persone anche esterne al quartiere. La piazza del Santuario domina oggi una zona ricca di negozi, pubblici esercizi e a breve distanza il mercato rionale su Corso Sebastopoli.


Altra istituzione religiosa in zona, è l’Istituto Gesù Bambino in Via Monfalcone 28, costruito alla fine degli anni cinquanta su progetto di Giorgio Raynei in stile neo-liberty come succursale dei Pii Istituti Maria SS. Consolatrice e Gesù Bambino; la struttura, che ospita oggi una scuola elementare e materna con annessa cappella, rappresenta un significativo esempio di integrazioni di preesistenza eclettica con architetture moderne, tra le prime e più rilevanti testimonianze della corrente neo-liberty.



Il percorso finisce in corrispondenza della struttura progettata dal danese Per Kirkeby Opera di Torino che segna l'inizio del secondo percorso nel quartiere e intorno a cui ci si può riposare sulle panchine ammirandone il gioco metafisco di luci e ombre.

Mangiare a Santa Rita: etnico o pesce? Per il primo sicuramente Ristorante Indiano Jaipur in Corso Orbassano, 230 (aperto tutti i giorni a cena e la domenica a pranzo) che a differenza degli altri ristoranti indiani di Torino a cui lo paragono per la qualità del cibo (Gandhi, Shri Ganesh e Passaggio in India), è altrettanto buono ma con una gestione più familiare e una location più semplice tanto da considerarlo una trattoria, con l'accezione più positiva del termine. Il cibo è molto buono e con i sapori veri della cucina indiana; i prezzi sono contenuti con una buona scelta tra menù vegetariani, di carne, pesce o misti e le porzioni giuste. Un plauso alla gentilezza dei gestori che confermano la gradita familiarità del locale.



Per il pesce Osteria Civassa in Via Castagnavizze, 7 (chiuso la domenica e il lunedì) versione più rustica e low-cost del tempio del buon pesce  - Ristorante Civassa - in Borgo S. Paolo; nel locale di Santa Rita il pesce è altrettanto buono, ma con un occhio particolare alla spesa che rimane compresa per gli antipasti e primi tra i 7 e 10 euro e i per i secondi tra gli 8 e 14 euro: pochissimo considerando che si mangia pesce… buono! Notevoli l’antipasto misto con finissima di polpo, carpaccio di spada e salmone con crostini e burro e sgombro marinato al pepe verde (10 euro), i coralli freschi ai totani, gamberi e scalogno (7 euro), i fusilli sempre freschi con asparagi e gamberi (7 euro) e la tagliata di pesce spada al ginepro (8 euro).

Rimanendo in tema gastronomico Santa Rita offre un vivace mercato rionale che a prezzi e assortimento viene subito dopo quello di Porta Palazzo e Corso Racconigi, ottime panetterie tradizionali come il Panificio Pasticceria in C.so Orbassano, 165 che sforna ogni giorno tanti pani diversi (vd. calendario settimanale) e una moltitudine di prodotti da forno dolce e salati e la Gastronomia Gallo in C.so Sebastopoli, una gioiello-gastronomia d’altri tempi per ricchezza delle proposte in termini di presentazione dei piatti e tipologie merceologiche: non bisogna guardare i prezzi (insalata di polpo a 100 euro al kg1) per concedersi un lussuoso pasto take-away.


A Santa Rita in Corso Sebastopoli, 190 ha aperto da qualche anno la prima filiale (oggi tra Torino e provincia le filiali sono ormai 5) di quella che resta a mio avviso una delle migliori gelaterie di Torino, pur non essendo nata qui ma a Rimini: La Romana. Le materie prime, a partire dal latte fresco, sono di ottima qualità e i gusti proposti davvero eccezionali: sui tutti 150 anni dell’unità d’italia(crema, nocciola e gianduja), Ricotta e fichi caramellati, Bacio di dama, Mascarpone al caffè, Pere williams. Il cono piccolo (che tanto piccolo non è) continua a costare 1,80 euro ed è servito su cialda; anche qui si usano le carapine per conservarlo e mantecare leggermente il gelato, per poterlo gustare alla giusta consistenza. Il profumo di crèpes che si sprigiona spesso dalla gelateria, fa pensare che anche queste siano molto buone ma, personalmente, non le ho mai provate; le torte gelate ottime d’aspetto e gusto completano il giudizio spassionato per questo gelato d’adozione. 


 
Per il percorso completo e approfondimenti: "L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro" da pag. 131 a pag. 135