Lucento (Lusengh o Lusent in piemontese) è un quartiere di Torino nell'area nord-ovest della città, facente parte della V Circoscrizione insieme a Le Vallette, Borgata Vittoria, Borgata Lanzo-Rigola, Borgata Tesso, Borgata Ceronda, Madonna di Campagna, Parco Dora, Spina Reale, Continassa e dista 4 km dal centro di Torino. Il quartiere è delimitato a sud dal parco Carrara (la Pellerina), ad est da corso Potenza, ad ovest da corso Cincinnato e a nord da via Terni e confina con i quartieri Madonna di Campagna, Vallette, Parella e Campidoglio. A differenza di tutti i quartieri di Torino, Lucento possiede una bandiera a forma rettangolare divisa da due rettangoli, uno di colore blu e uno rosso oramai unicamente utilizzata come drappo della squadra di calcio del Lucento.
Nel 1706 Lucento fu teatro di battaglie tra le truppe francesi e quelle sabaude che ritardarono l'assedio di Torino avvenuto poi nel medesimo anno. Si pensa che il nome di Lucento abbia origine proprio da questo evento storico poiché le esplosioni ed i riflessi delle baionette al sole rendevano lucente l'area fin da esser vista da Superga. Nella metà dell'Ottocento Lucento fu inglobata dalla città di Torino, nell'ormai quartiere vennero costruite fabbriche e ad esse seguirono case, infrastrutture e servizi. Fu solo negli anni cinquanta dello scorso secolo che Lucento diventò morfologicamente unita al contesto metropolitano di Torino. Il boom edilizio continuò fino agli anni '80, dove molte fabbriche chiusero, in seguito da quartiere industriale Lucento divenne area residenziale. Ancora oggi è ben visibile la ciminiera delle acciaierie che svetta come ricordo di un passato industriale della zona. A sud di Lucento risiede solo l'acciaieria Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni, ormai dismessa anch'essa dopo l'incidente avvenuto nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007.
Numerose sono le aree verdi del quartiere: la principale è costituita dal Parco Carrara, più comunemente chiamato Parco della Pellerina, primo parco in ordine di grandezza della città di Torino, anche la sua area maggiore appartiene al quartiere Parella (vd. itinerario ). Altra area importante è il parco di via Calabria adiacente a quello della Pellerina, diviso in due dal canale della Ceronda, ultimato nel 1869 per derivare il corso dell’omonimo torrente dal letto originale e portare l’acqua fin qui da Venaria, in un percorso in gran parte sotterraneo; il canale è attraversato da una passerella, in cemento a mattoni, che collega parte del parco al nucleo originario di Lucento, superando i ‘ruderi industriali’ della città novecentesca: una pensilina di cemento armato, i binari divelti dal tempo delimitati da un guardrail rosso di ruggine (in un’atmosfera quasi da periferia americana) e il tutto sospeso su una scarpata di terra e cemento con spessi e neri tubi appesi a mezz’aria e sotto una strada larga che finisce in una galleria buia; è quanto resta di una stazione della variante della ferrovia Torino-Milano che passava, parallela alla strada per i camion, nelle basse di Dora, sotto corso potenza e e le vie Borgaro, Forlì e Pianezza, collegando in unico trincerone le sezioni della Fiat Ferriere prima di finire la sua corsa allo scalo Bonafous.
Nel quartiere sono presenti diverse strutture sportive tra cui la piscina comunale di corso Lombardia, il campo della squadra di calcio del Lucento sempre in corso Lombardia e il centro polisportivo con campi da calcetto e tennis in via Val della Torre. Sul territorio è situata anche una biblioteca civica in corso Cincinnato angolo corso Molise.
Le vie commerciali di Lucento sono: via Pianezza, via Borsi, corso Toscana, via Foglizzo, la continuazione verso Venaria di via Foglizzo che dopo corso Toscana cambia nome in strada Altessano, corso Lombardia, via Luini e via Val della Torre.
Lucento non possiede molti monumenti poiché alcuni di essi nel corso degli anni sono stati sostituiti da moderne costruzioni a causa dell'enorme richiesta di case, alcuni però sono ancora ben visibili.
Il castello di Lucento, ora sede di alcune imprese e precedentemente sede dell'Istituto Agrario Bonafus rientra all'interno delle residenze sabaude perché divenne proprietà di Emanuele Filiberto di Savoia nel 1574, rilevando i beni della famiglia Beccuti a Lucento, in realtà lasciati in eredità alla Compagnia di Gesù, applicando la norma dello statuto della città di Torino che impone agli ordini religiosi di alienare a favore di laici i beni ricevuti in lascito; il castello di Lucento, insieme a quello più noto del Valentino, è la sola residenza sabauda ancora esistente ubicata nella parte piana dell’area urbana torinese.
La prima attestazione documentaria in cui viene segnalata la presenza di questa costruzione nel territorio di Lucento è del 1335. Se incerta è la sua data di costruzione, anche se i recenti restauri sembrano datare la casaforte al XIV secolo, certa è invece la sua funzione difensiva.
La famiglia Beccuti, la cui proprietà del castello è attestata dal 1363, si impegna, in un atto comunale del 1397, a mantenere costantemente un custode sulla torre con funzioni di avvistamento e di allarme in caso di pericolo per la città.
La prima attestazione documentaria in cui viene segnalata la presenza di questa costruzione nel territorio di Lucento è del 1335. Se incerta è la sua data di costruzione, anche se i recenti restauri sembrano datare la casaforte al XIV secolo, certa è invece la sua funzione difensiva.
La famiglia Beccuti, la cui proprietà del castello è attestata dal 1363, si impegna, in un atto comunale del 1397, a mantenere costantemente un custode sulla torre con funzioni di avvistamento e di allarme in caso di pericolo per la città.
Nel XVI secolo il duca Emanuele Filiberto di Savoia avvia un processo di accorpamento dei terreni della zona in cui è situato il castello al fine di realizzare un parco per la sua attività venatoria, e la struttura viene trasformata in una prestigiosa e pacifica residenza di campagna che da allora in poi sarà una delle mete preferite e maggiormente frequentate dal duca. Egli crea un imponente parco cintato, vi insedia gli animali selvatici necessari alle sue battute di caccia, giardini provvisti di cascate d'acqua, ponticelli e un labirinto e tenta di introdurre nuove colture, tra cui quella del gelso. Il complesso comprendeva un territorio più ampio dell'attuale parco Carrara fin verso il confine di Collegno e delimitato dalle bealere (in piemontese sono i canali di irrigazione dei campi) Saffarona a nord e Colleasca a sud.La cronaca dell’epoca riferisce che, durante il viaggio di trasferimento della Santa Sindone da Chambéry a Torino voluto dal duca di Savoia per abbreviare il pellegrinaggio di San Carlo Borromeo, allora vescovo di Milano, il sacro lino fece tappa nel castello di Lucento dove fu accolto dal duca in persona e da tutta la corte il 5 settembre 1578, e qui rimase sino al 14 settembre quando fu trasportato processionalmente con grande solennità a Torino nella nuova cappella ducale di San Lorenzo.
Il feudo di Lucento rimane ufficialmente appannaggio degli Este fino al 1654, quando viene donato da Carlo Emanuele II di Savoia alla madre Cristina di Francia, la quale successivamente lo cederà al marchese Federico Tana d’Entracque.
In realtà, però, i Savoia godranno dell’usufrutto della tenuta almeno sino al 1619 confermandone la funzione attribuitale dal duca Emanuele Filiberto, vale a dire di centro per le battute di caccia.
In realtà, però, i Savoia godranno dell’usufrutto della tenuta almeno sino al 1619 confermandone la funzione attribuitale dal duca Emanuele Filiberto, vale a dire di centro per le battute di caccia.
Nei primi anni del Settecento nel castello, sul lato verso la Dora, sorge un filatoio di seta. Durante l’assedio del 1706, la chiesa e il castello di Lucento fanno da cerniera fra il fronte nord, a sinistra della Dora Riparia, e il fronte sud-ovest, a destra del fiume, della linea di controvallazione degli assedianti franco-spagnoli. I Francesi ne fanno un punto forte nelle linee d’assedio perché la posizione, su di un ciglio dominante la riva sinistra della Dora Riparia, favoriva il controllo delle comunicazioni con la Francia. Il Castello è anche il luogo dell’ultimo focolaio di resistenza nel corso della battaglia con gli austro-piemontesi il 7 settembre 1706, prima della ritirata degli assedianti.
Acquistato nel 1834 dall’Ospedale San Giovanni, nel 1848 vede insediarsi un’altra manifattura, la tintoria di cotone stampato di Felice Bosio, che subentra al filatoio sfruttandone il movimento dei mulini; nel 1879 il complesso architettonico viene acquistato dalla Città di Torino per adempiere al lascito di Carlo Alfonso Bonafous e istituire una scuola per la formazione all’attività agricola di giovani poveri. Infine, diviene sede degli uffici della ditta Teksid.
Oltre al castello, l’altro edificio stotrico è la Chiesa diSan Bernardo e Brigida, che può essere considerata la parrocchia madre da cui sono nate le altre parrocchie della zona di Lucento e la cui prima cappella fu costruita nel 400 ad opera dei contadini che abitavano quello che ancora era solo un villaggio; La chiesa dei SS. Bernardo e Brigida, nella struttura attuale, venne edificata in esecuzione al testamento di Ribaldino Beccuti, feudatario di Lucento, in cui si ordinava la costruzione di una chiesa parrocchiale nel proprio territorio e fu consacrata il 20 maggio 1462. Il nuovo edificio sostituì la precedente cappella intitolata a Santa Brigida, non più sufficiente a soddisfare le esigenze di più ampi spazi conseguenti a una forte crescita della popolazione nei possedimenti della famiglia Beccuti. In questo periodo si verificò un grande sviluppo della comunità lucentina, così come di tutto il contado torinese.
Al 1605 datano i primi lavori di ampliamento: furono costruite le due navate laterali e la volta a botte sulla navata centrale. Nel 1654 la reggente Maria Cristina di Francia, che aveva il giuspatronato sulla chiesa, conferì l’incarico della ricostruzione dell’edificio all’architetto Amedeo di Castellamonte (1610-1683). Relativamente a quest’epoca si è conservata la parte anteriore della chiesa attuale, vale a dire il portico con le due prime cappelle con decorazioni a stucco. Nel 1658 la famiglia Tana subentrò ai Beccuti nel possesso del castello di Lucento e nel superpatronato della chiesa, che insieme alla casa parrocchiale furono nuovamente e gravemente danneggiate circa cinquant’anni più tardi durante la battaglia finale per la liberazione di Torino dall’assedio franco-spagnolo del 1706. Durante l’assedio, la chiesa e il castello di Lucento si trovarono a far da cerniera, fra il fronte nord a sinistra della Dora Riparia e il fronte sud-ovest a destra del fiume, della linea di controvallazione degli assedianti franco-spagnoli; in questo punto si era stabilito, inoltre, l’ultimo focolaio di resistenza nel corso della battaglia con gli austro-piemontesi il 7 settembre 1706.
Al 1605 datano i primi lavori di ampliamento: furono costruite le due navate laterali e la volta a botte sulla navata centrale. Nel 1654 la reggente Maria Cristina di Francia, che aveva il giuspatronato sulla chiesa, conferì l’incarico della ricostruzione dell’edificio all’architetto Amedeo di Castellamonte (1610-1683). Relativamente a quest’epoca si è conservata la parte anteriore della chiesa attuale, vale a dire il portico con le due prime cappelle con decorazioni a stucco. Nel 1658 la famiglia Tana subentrò ai Beccuti nel possesso del castello di Lucento e nel superpatronato della chiesa, che insieme alla casa parrocchiale furono nuovamente e gravemente danneggiate circa cinquant’anni più tardi durante la battaglia finale per la liberazione di Torino dall’assedio franco-spagnolo del 1706. Durante l’assedio, la chiesa e il castello di Lucento si trovarono a far da cerniera, fra il fronte nord a sinistra della Dora Riparia e il fronte sud-ovest a destra del fiume, della linea di controvallazione degli assedianti franco-spagnoli; in questo punto si era stabilito, inoltre, l’ultimo focolaio di resistenza nel corso della battaglia con gli austro-piemontesi il 7 settembre 1706.
In epoca successiva vennero svolti altri lavori: il prolungamento della chiesa, con la costruzione di due ambienti laterali, e la ricostruzione del coro, interventi resisi necessari a causa di un nuovo incremento della popolazione che all’epoca giunse a superare i mille abitanti.
Nel 1884, a causa di un’ulteriore crescita demografica, il Municipio di Torino deliberò un nuovo ampliamento dell’edificio prolungandone la navata centrale, costruendo le due cappelle laterali e portandolo in tal modo alla conformazione attuale. Tra gli altri lavori effettuati si annovera la costruzione della nuova canonica, il probabile rialzamento del pavimento della chiesa, gli interventi sulla facciata, la costruzione di un organo nuovo da parte dell’artigiano torinese Giuseppe Lingua; infine, la ricostruzione dei muri dell’orto della chiesa sulla fiancata destra; nel 1928 venne rifatta la casa canonica, che nell’arco di qualche anno fu ulteriormente ampliata con l’aggiunta di un altro corpo di fabbrica, e furono eseguiti i lavori di costruzione del nuovo campanile su progetto dell’ingegner cav. Franceschetti, con realizzazione dei fratelli Antonio e Filippo Gibbone. Negli anni successivi proseguirono gli interventi con il restauro del battistero della chiesa parrocchiale su progetto dell’architetto Cesare Filippi nel 1965, la manutenzione e ristrutturazione dell’impianto di riscaldamento della chiesa e della casa parrocchiale tra il 1965 e il 1973: infine, il restauro e la pulizia dell’organo di Giuseppe Lingua. Gli ultimi restauri sono del 2001
Nel 1884, a causa di un’ulteriore crescita demografica, il Municipio di Torino deliberò un nuovo ampliamento dell’edificio prolungandone la navata centrale, costruendo le due cappelle laterali e portandolo in tal modo alla conformazione attuale. Tra gli altri lavori effettuati si annovera la costruzione della nuova canonica, il probabile rialzamento del pavimento della chiesa, gli interventi sulla facciata, la costruzione di un organo nuovo da parte dell’artigiano torinese Giuseppe Lingua; infine, la ricostruzione dei muri dell’orto della chiesa sulla fiancata destra; nel 1928 venne rifatta la casa canonica, che nell’arco di qualche anno fu ulteriormente ampliata con l’aggiunta di un altro corpo di fabbrica, e furono eseguiti i lavori di costruzione del nuovo campanile su progetto dell’ingegner cav. Franceschetti, con realizzazione dei fratelli Antonio e Filippo Gibbone. Negli anni successivi proseguirono gli interventi con il restauro del battistero della chiesa parrocchiale su progetto dell’architetto Cesare Filippi nel 1965, la manutenzione e ristrutturazione dell’impianto di riscaldamento della chiesa e della casa parrocchiale tra il 1965 e il 1973: infine, il restauro e la pulizia dell’organo di Giuseppe Lingua. Gli ultimi restauri sono del 2001
Nei pressi della chiesa si trova una stele commemorativa ai caduti del 1706, che, ignorata dalla maggior parte degli stessi abitanti di Lucento, si trova in via Foglizzo al numero 4, pietra che commemora i caduti durante l'assedio del 1706. Nel 2006, nella rotonda su cui confluiscono le vie Verolengo, Foglizzo e Pianezza, è stata collocata una scultura commemorativa (in acciaio inox) 1706. Canto per una data realizzata dall’artista Luigi Nervo, originario del quartiere, per celebrare il tricentenario della vittoria dei piemontesi contro l’esercito francese, che strinse d’assedio la città per 117 giorni, prima di essere definitivamente respinto. L’opera trae spunto da un disegno dello stesso artista per un dramma sullo stesso evento, intitolato appunto “Canto per una data”: ultima fatica che Luigi Nervo fece insieme ai ragazzi del Centro di addestramento diurno disabili, “un adattamento teatrale dove la storia si concede alcune licenze poetiche e, in un susseguirsi di cambi scena, si svolge un ardito parallelismo storico tra la guerra di Troia raccontata da Ulisse e le vicende dell’assedio del 1706 così come le ricordava da Maria Bricca pescivendola in Lucento nonchè profonda conoscitrice dei sotterranei dell’attuale Circoscrizione 5.”
Sempre nei pressi della chiesa e della scultura 1706, si erge il Palazzo Principessa Isabella che, costruito nella metà dell'800, ospitò fino al 1977 una scuola materna e, dopo un abbandono di circa dieci anni, venne restaurato nella metà degli anni novanta ed riqualificato come centro culturale e congressi.
Il disastro della Thyssen Krupp sembra ricordare il Medioevo e indelebili rimangono infatti la brutalità e l’atrocità dell’incidente: poco dopo l’una di notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prende fuoco. Alle 4 del mattino muore il primo operaio; nei giorni che seguiranno, dal 7 al 30 dicembre 2007, moriranno le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente. I sindacati e le testimonianze degli altri operai accorsi sul posto dell’incidente denunciarono immediatamente l’inadeguatezza delle misure di sicurezza nello stabilimento che era in via di dismissione, facendo emerge il fatto gravissimo che da tempo l’azienda non investiva adeguatamente nelle misure di sicurezza e nei corsi di formazione.Sebbene all’inizio La ThyssenKrupp nega di avere alcuna responsabilità e mostra fin dal primo momento un atteggiamento piuttosto ostile alla magistratura e all’opinione pubblica, Le indagini si chiudono in un tempo relativamente breve, la procura chiede il rinvio a giudizio per sei dirigenti dell’azienda tedesca e il giudice dell’udienza preliminare accoglie le tesi dell’accusa: il presunto reato è omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso.
Il primo luglio del 2008 la ThyssenKrupp ha versato quasi 13 milioni di euro alle famiglie dei sette operai uccisi – con l’impegno di queste a non costituirsi parte civile – e sono state emesse condanne più o meno gravi all’amministratore delegato della ThyssenKrupp, al responsabile dello stabilimento di Torino, al responsabile della sicurezza e ai membri del comitato esecutivo.
Oggi lo stabilimento di Torino della ThyssenKrupp non esiste più. È stato chiuso nel marzo del 2008 con un accordo tra la ThyssenKrupp, i sindacati, le istituzioni locali e i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, in anticipo sulla data prevista.
A sei anni dall'incendio alla Thyssenkrupp di Torino le famiglie dei sette operai morti quella notte aspettano la decisione della Cassazione su quelli che considerano i responsabili del loro inferno personale.
Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti:
L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro
http://it.wikipedia.org/wiki/Lucento