Il secondo percorso a Santa Rita abbandona l’anima più residenziale e commerciale del quartiere (protagonisti della ‘stagione del boom’) e ne esplora la sua natura artistica, militare e sportiva.
Prima infatti di incontrare gli adepti di Marte e i successori degli atleti olimpici, è interessante soffermarsi ad ammirare la già nominata Opera per Torino dell'artista danese Per Kirkeby realizzata tra il 2004 e il 2005 nell'ambito del progetto Artecittà. 11 artisti per il Passante Ferroviario e collocata a Torino, in largo Orbassano, con inaugurazione ufficiale il 22 febbraio 2005. Si tratta di un porticato a doppia altezza realizzato principalmente in mattoni che si colloca nel quadro del vasto progetto di trasformazione urbana denominato Spina Centrale che, sfruttando il progetto parallelo della copertura dei binari del passante ferroviario di Torino, ha portato alla riqualificazione delle aree circostanti e alla creazione di un grande boulevard che attraversa la città in senso nord-sud che prevedeva anche la collocazione di alcune opere d’arte luoghi significativi del passante.
L' Opera per Torino, che segue la Fontana ad Igloo di Mario Merz e l’Albero Giardino di Giuseppe Penone collocate tra San Paolo e Cenisia, si colloca a breve distanza da queste due, in un'aiuola al centro di largo Orbassano, la cui risistemazione superficiale dopo i lavori di scavo del passante fu avviata a fine 2001. Si trova all'interno di un importante nodo del traffico veicolare urbano ed è stata concepita dall'artista in funzione del luogo, in funzione del fatto che ‘ci dovevano transitare le persone’. ‘Opera per Torino’ sin dall'inizio non è stata apprezzata dai cittadini, e continua tuttora ad essere criticata in modo anche aspro da alcuni settori dell'opinione pubblica. Reazioni di tutt'altro segno sono invece venute dalla critica, come ad esempio il giudizio lusinghiero di Vittorio Sgarbi che nel 2005 dichiarò: “Ho sentito giudizi terribili su quest’opera, in realtà mi pare una specie di ricamo tutt’altro che dannoso in quel contesto, anzi decorativo.”
Le prime strutture militari che si incontrano su Corso IV Novembre (nome viario già di per sé evocativo essendo la data della vittoria per l’Italia nella prima Guerra Mondiale) sono la Caserma MonteGrappa sulla sinistra e l’Ospedale Militare sulla destra. La Caserma Montegrappa edificata, in stile tardo eclettico, per un reggimento di bersaglieri fra il 1905 e il 1910 consta di quattro grandi fabbricati: una palazzina per il comando e tre maniche collegate fra loro tramite un portico continuo collocato a ridosso del cortile; la palazzina di comando, al contrario degli altri edifici, è decorata con archi, fregi floreali, stemmi, cornici, bugnato. Dal 1921 i bersaglieri si trasferirono alla Caserma Dogali portando con loro l’intitolazione a La Marmora. La caserma venne quindi denominata MonteGrappa (montagna delle Prealpi Venete, teatro di diversi scontri decisivi della prima guerra mondiale) e destinata al reggimento di Fanteria Superga. Oggi è la sede del comando della brigata alpina Taurinense.
L’Ospedale Militare, gravitante sulla nuova Piazza d’Armi, fu costruito in stile liberty fra il 1903 e il 1913 e attualmente è sede del Campus Riberi e del Dipartimento Militare di Medicina Legale Riberi. L’ospedale militare fu intitolato a Alessandro Riberi (1794-1861), senatore, professore, cavaliere, innovatore nel settore della medicina, dell’università e delle strutture sanitarie, sia militari sia civili e venne realizzato con una struttura architettonica a padiglioni (in tutto 31), propria delle caserme di inizio Novecento, per consentire un’adeguata illuminazione e ventilazione degli ambienti. I vari padiglioni, che si affacciano sul cortile centrale, risultano collegati da gallerie con vetrate liberty di rigorosa funzionalità; l’unica costruzione di stile decisamente diverso è la cappella goticheggiante.
Il passaggio da esercito di leva ad esercito professionale (2004) ha imposto dei cambiamenti alle strutture ospedaliere militari in Italia; anche al complesso “Riberi” sono stati effettuati lavori di ristrutturazione: una parte struttura sanitaria ambulatoriale e medico-legale, una parte organismo alloggiativo. In occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006, l’ospedale, ampiamente ristrutturato, ha ospitato il Media Village fino all’attuale uso come Campus Militare “Riberi” - Dipartimento Militare di Medicina Legale (DMML) “Riberi” ospitato nell’ala ancora attiva all’angolo fra Via Barletta e Corso IV Novembre.
Il parco, popolarmente noto come Piazza d'Armi, fu effettivamente utilizzato a tale scopo dall'esercito dal 1906 fino alla fine degli anni '60. Ospitò, dal 1959 al 1971, anche l'eliporto "Aldo Cavallo". Il comune acquistò due terzi del vasto terreno compreso tra corso IV novembre, corso Sebastopoli, corso Galileo Ferraris e corso Lepanto per farne un grande parco pubblico di circa 220000 m2 e f u inaugurato nel 1973. Lo spezzone centrale rimase di proprietà del demanio e attualmente ospita strutture sportive dell'esercito. La parte sud è stata radicalmente trasformata in occasione delle Olimpiadi del 2006, con la creazione di una piazza pedonale di 20000 m2 al posto del viale alberato di corso Sebastopoli e di uno specchio d'acqua in asse con la Torre Maratona. È presente anche un'oasi naturalistica con laghetto e canneto, dove nidificano varie specie di uccelli.
Lo Stadio Olimpico, già Stadio Comunale Vittorio Pozzo fino al 2006 e, in precedenza, Stadio Municipale Benito Mussolini, è un impianto multifunzionale di Torino, sito in Piazzale Grande Torino, il cui uso prevalente è calcistico, anche se è in grado di ospitare riunioni di atletica leggera e incontri di rugby.
Sorto negli anni trenta, sotto il nome di Municipale prima e di Comunale poi, fino al 1990, anno della loro migrazione allo Stadio delle Alpi, fu la sede degli incontri interni di Juventus e Torino.
Ristrutturato e ribattezzato Stadio Olimpico in occasione dei XX Giochi olimpici invernali del 2006, al termine della manifestazione lo stadio è tornato a essere utilizzato come impianto di calcio, suo uso originario, e riprese a ospitare le gare interne del Torino, che tuttora lo utilizza, e della Juventus fino al 2011, anno in cui la società è migrata verso il suo nuovo stadio di proprietà (Juventus Stadium).
In seguito ad accordi con il Comune, che affidavano lo Stadio delle Alpi alla Juventus, lo Stadio Comunale venne assegnato al Torino, in cambio dell'impegno a ristrutturarlo e a renderlo operativo in tempo per ospitare le cerimonie di apertura e chiusura dei XX Giochi olimpici invernali. Il progetto di ristrutturazione, affidato agli studi di architettura veronesi Giovanni Cenna Architetto e Arteco, ha conservato le strutture esistenti, sottoposte al vincolo della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici; ha quindi aggiunto nuove strutture verticali per reggere la copertura di tutto l'impianto, e un terzo anello di gradinate, continuo e strutturalmente collaborante alla copertura, dotato nella parte corrispondente alla precedente copertura di una parte chiusa ospitante 44 palchi. Circa un terzo del rivestimento della copertura è in materiale plastico semitrasparente, in maniera da evitare il più possibile che l'ombra proiettata dalla stessa possa danneggiare il tappeto erboso a causa della minore insolazione. La capienza complessiva è stata portata a 27 168 posti, tutti al coperto e a sedere, ridotta rispetto a quella originaria (l'impianto poteva ospitare 65 000 persone in piedi) per rispettare le moderne norme di sicurezza.
Il grande edificio, conosciuto anche come i Poveri Vecchi, fu progettato da Crescentino Caselli, allievo di Alessandro Antonelli , e costruito tra il 1881 e il 1887. Era destinato ad ospitare poveri e malati dell'Ospizio Generalissimo di Carità (ribattezzato nel 1942 Regio Istituto di Riposo per la Vecchiaia) dall'ormai inadeguata sede di Palazzo degli Stemmi. È costituito da un corpo centrale e quattro padiglioni: la struttura è di muratura e tiranti metallici a volte, con una copertura di laterizi incombustibili. La facciata misura 351,5 m e l'intera struttura occupa un'area di 25000 m2 . Inizialmente poteva ospitare fino a 1800 assistiti. Attualmente solamente più la parte sud dell'edificio ospita una residenza per anziani, le due ali nord sono invece la sede di parte della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Torino e la sede centrale del Consorzio CSI-Piemonte.
Il Palasport Olimpico di Torino, detto anche Palaolimpico o PalaIsozaki dal nome del progettista, con i suoi 14.350 posti a sedere (costato 87 milioni di euro) è il più grande Palasport italiano; costruito in occasione dei XX Giochi olimpici invernali, ha ospitato insieme all'impianto di Torino Esposizioni le gare olimpiche di hockey su ghiaccio. La progettazione dell'edificio è stata oggetto di un concorso internazionale, vinto da un gruppo guidato dall'architetto Arata Isozaki, composto dallo studio Arata Isozaki & Associates di Tokyo che ne ha diretto la progettazione, ARCHA S.P.A. di Torino, Arup Italia s.r.l. di Milano, ing. Giuseppe Amaro, arch. Marco Brizio. L'avveniristico edificio si presenta come un rigoroso parallelepipedo cartesiano rivestito di acciaio inox e vetro, con una base di 183 per 100 metri . Si sviluppa su quattro livelli, due interrati (fino a 7,5 metri sotto terra) e due all'aperto (fino a 12 metri d'altezza). La lunghezza complessiva dell'impianto è di circa 200 metri .
La struttura, progettata per essere una vera e propria "fabbrica degli avvenimenti",utilizzando le parole del suo architetto, è completamente flessibile e modulabile nella sua struttura interna: nella disposizione delle tribune mobili (grazie ad un moderno sistema di gradinate mobili e retrattili e alla possibilità di movimentazione di un impalcato temporaneo), nell'acustica e nell'impiantistica. Una sorta di scatola magica, realmente progettata per una pressoché infinita potenzialità d'uso postolimpica: ghiaccio, sport indoor vari, atletica indoor, concerti, spettacoli, convention, congressi, manifestazioni, grandi eventi, parate, show, raduni religiosi, eccetera. La sua capienza massima è di 18.500 posti complessivi per i concerti.
Dopo dopo aver svoltato in Via Filadelfia, sull’area su cui sorgevano i campi di calcio Combi-Callegaris-Marchi, si incontra un’altra struttura sempre progettata dall’architetto Isozaki con ARUP, il Palazzo del Nuoto (più nota come Piscina Olimpionica) Cancellata la vecchia "olimpica" per fare spazio al PalaOlimpico, l’edificio comprende due piscine da 50 m: una Olimpionica con tribune spettatori per 1200 posti a sedere, una per allenamento ed un parcheggio seminterrato su due livelli con 210 posti auto. Il fabbricato si presenta su via Filadelfia come un semplice volume rivestito in pannelli di acciaio inox e una imponente vetrata alta 6 metri e protetta da una pensilina.
La copertura della superficie, di circa 3.300 mq con dimensioni di m
Ritornando nell’area dedicata allo sport, nella rinnovata cornice di piazza d'Armi con il Palasport Olimpico e lo stadio Olimpico, si incontrano su Corso Galileo Ferraris la neo-restaurata Piscina Stadio Monumentale, progettata nei primi anni Trenta dall’architetto Contardo Bonicelli con il risultato di una facciata art-deco e una volumetria razionalista-espressionista, e a breve distanza la Casa del Teatro dei Ragazzi, ospitata nella vecchia Centrale AEM, costruita in stile liberty nel 1928 su progetto di Camillo Bornati e trasformata per la sua nuova funzionalità dagli architetti Agostino Magnaghi, Francesco Barrera, Carlo Fucini e Luc Plamondon nel 2006.
Si finisce il percorso, come lo si è iniziato, all’insegna dell’arte contemporanea difronte alle sculture bronzee Punti di vista (alte 12 m ) opera dell’artista contemporaneo inglese Tony Cragg, che creano, nell’insieme, l’effetto del dinamismo e, nei dettagli, profili di visi umani, lasciandosi alle spalle uno degli elementi distintivi dell’area: la torre Maratona , progettata dell'architetto romano Brenno Del Giudice, del prof. Colonnetti del Politecnico di Torino e ing. Vannacci e Lucherini come serbatoio dell’acqua del complesso sportivo.
Una pausa veloce alla fine o all’inizio di questo tour per Santa Rita per gustare una buona pizza: la scelta è tra una pizza tipicamente napoletana della pizzeria Miseria e Nobiltà in Via Lesegno 69/I e quella a lunga lievitazione croccante e morbida insieme di Mamma… che pizza in Largo Tirreno 123/B.
Da Miseria e Nobiltà l’ambiente è piccolo e ricco di immagini di Totò sulle pareti e l'impasto della pizza è ben lievitato e gli ingredienti di buona qualità: da provare in particolare l'ApeMaya che presenza un accostamento non convenzionale ma azzeccatissimo di gorgonzola, cipolle e miele; da Mamma… che pizza la scelta di pizze, focacce tipo ‘di Recco’, calzoni e saltimbocca è particolarmente ampia con la possibilità di scegliere nelle versione al mattone o al tegamino; in ogni caso la pizza risulta ben lievitata, croccante ma morbida all’interno con ingredienti rigorosamenti campani (fior di latte, bufala, farine e pomodori) e pugliesi (burrata); buoni i dolci (notevoli la torta con ricotta e fichi e la freschissima millefoglie con crema pasticcera e fragole); prezzi nella media.
Per il percorso completo e approfondimenti: "L'altra Torino. 24 centri fuori dal centro" da pag. 136 a pag. 142
Interessante questo blog. A me piace fare la turista nella mia città e notare i dettagli interessanti, anche se non è sempre consigliabile camminare con la testa per aria.
RispondiEliminaNon hai delle foto di Piazza d'Armi prima delle Olimpiadi? In rete non se ne trovano molte, ma sarebbe bello fare un confronto. Personalmente preferivo la vecchia sistemazione con le collinette aveva un'aria più naturale e meno squadrata.