venerdì 27 settembre 2013

Crocetta: la città dei 'ricchi a metà' tra storia, ferrovia e servizi


 
La Crocetta (La Crosëtta in piemontese) è un quartiere della I Circoscrizione di Torino, poco più a sud rispetto al centro storico cittadino delimitato a nord da Corso Vittorio Emanuele II, a est da Corso Turati e da Via Sacchi, a ovest da Corso Mediterraneo e a sud da Corso De Nicola.
Storicamente una delle zone residenziali di maggiore prestigio, cominciò a svilupparsi a partire dal XVII secolo intorno all'omonima chiesa della Crocetta. (attuale Beata Vergine delle Grazie). Tra l'Ottocento e il Novecento ha raggiunto il suo massimo sviluppo urbanistico mantenendo la fama di quartiere aristocratico.



La zona compresa fra Corso Re Umberto e la Stazione di Porta Nuova è conosciuta come Borgo San Secondo ed è stata edificata a partire dal 1850 dopo lo spostamento della Piazza d'Armi ad ovest di Corso Re Umberto. Il nome del borgo si deve all'omonima chiesa, costruita per volontà di san Giovanni Bosco su progetto di Giuseppe Formento e consacrata l'11 aprile 1882,  che rappresenta un esempio di costruzione nel gusto neo-medievale. La chiesa è stata costruita nel 1867; mentre la canonica, sempre del Formento, nel 1874.

La Crocetta, come San Donato e Cit Turin, conserva interessanti eduifici in stile liberty, eclettico e neogotico progettati a cavallo tra l’800 e il 900.
In Corso Re Umberto 65, 67, nell’isolato compreso tra Corso Sommeiller e Via Governolo, si trova Casa Crescent, un edificio di gusto floreale ed organico di inizio Novecento, il cui nome francese si riferisce alla luna (crescente) e dunque il senso è casa a mezzaluna. L’edificio è stato progettato dal Vivarelli e realizzato nel 1911. Caratteristico è che questa casa si specchia idealmente in un'altra casa a 'crescent' poco distante, casa Gamna progettata dal Frapolli nel 1905.in corso Galileo Ferraris. Esse sono due case simili e probabilmente non a caso riflesse dall'asse di corso Einaudi.

In via Legnano si scopre un altro angolo raccolto e poco convenzionale del quartiere: ai n. 23 e 25 il medievalleggiante palazzotto d’Entereves in mattoni a vista e finestre a trifora e, poco dopo di fronte, un passaggio privato con una fila di casette di tre o quattro piani con facciate dai colori pastelli, che sembrano dei palazzi parigini in miniatura.




Spostandoci verso l’asse di via Sacchi, con i suoi portici – i più periferici dei 18 chilometri presenti in città, e via Turati, troviamo Casa Rey in Via Massena, 20, progettata dell'architetto Camillo Riccio nel 1885, Casa Giraudi costruita su progetto di Eugenio Bonelli nel 1906 in stile liberty all’angolo tra via Papacino e via Revel. 

Altro siginificativo esempio dello stile liberty in zona, è la casa progettatata da Eugenio Mollino, padre del designer Carlo, all’angolo tra via Massena e Via Filangieri.



L’Ospedale MaurizianoUmberto I lega la sua esistenza alla Sacra Religione dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’ordine cavalleresco sabaudo che venne riconosciuto da papa Gregorio XIII con la bolla del 13 novembre 1572. Investito l’ordine di compiti assistenziali, la fondazione del primo nosocomio “maggiore” era avvenuta per merito del duca Emanuele Filiberto (1528-1580), Gran Maestro della milizia, nel 1575, in seguito al dono di una casa con corte e orto nel quartiere di Porta Doranea, isola di Santa Croce, vicino alla Basilica Magistrale dei Santi Maurizio e Lazzaro (via Milano 20). Il grande ospedale sull’antico viale di Stupinigi venne progettato dal dottor Giovanni Spantigati e dall’ingegner Ambrogio Perincioli tra il 1881 e il 1885 e fu il primo nosocomio costruito in Italia a padiglioni: sintesi perfetta delle teorie igieniste dell’epoca.
Nell’Ottocento si riconobbe nella struttura l’impossibilità di procedere a migliorie. Nel 1881 il primo segretario dell’Ordine, Cesare Correnti (1815-1888), si fece promotore presso re Umberto I (1844-1900) della realizzazione di un nuovo ospedale che fosse lontano dal centro cittadino e che rispondesse a criteri di salubrità e di igiene. Individuato il sito lungo il viale di Stupinigi (all’altezza dell’attuale corso Filippo Turati), il progetto scaturì dalla collaborazione del direttore sanitario dell’ospedale, il dottor Giovanni Spantigati, e dell’ingegnere igienista, esperto in progettazione sanitaria, Ambrogio Perincioli (1840-1915). Posta la prima pietra l’11 novembre 1881, l’innovativo ospedale a padiglioni separati, il primo in Italia per tipologia, venne inaugurato alla presenza del re il 7 giugno 1885. Ampliato nel 1911-12, l’ospedale fu risistemato tra il 1926 e il 1930 ad opera dell’ingegnere Giovanni Chevalley (1868-1954).
A partire dal marzo 1944, nel reparto Infettivi del dottor Domenico Coggiola furono ricoverati e pertanto sottratti alla deportazione diversi ebrei, talora per intervento del magistrato Emilio Germano, futuro presidente di sezione in Cassazione. Con false certificazioni vennero trasferite dalle Carceri Nuove all'Ospedale Mauriziano, altre persone provenienti dall'infermeria del carcere, dove operava suor Giuseppina de Muro. L’ospedale Mauriziano fu bombardato numerosissime volte nel corso del secondo conflitto mondiale: cinque volte nel 1942 e altrettante nel 1943.

Il quartiere delle cosiddette Case Popolari di Via Arquata, delimitato dalle vie Pagano e Rapallo e dai corsi Turati e Dante, è di un certo pregio e tutelato dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici per il valore ambientale e documentario. Si è formato negli anni '20 quando furono costruite le numerose palazzine di edilizia popolare che lo compongono e che connotano l'insediamento. L'Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) si era infatti impegnato, in quegli anni, a soddisfare le richieste abitative in particolare delle famiglie operaie, artigiane, impiegatizie (quartiere 10), ma anche dei liberi professionisti e degli impiegati statali (quartiere 11). La disposizione delle palazzine attorno a sei ampi cortili verdi con alberi di alto fusto rivela uno spirito progettuale coerente con la vocazione sociale dell'IACP e particolarmente attento al disegno urbano (verso l'ideazione di una microcittà nella città). Le numerose e varie decorazioni intonacate degli edifici testimoniano un semplificato richiamo a tardive suggestioni Liberty.Nel 1968 la costruzione del moderno palazzo ATC ha modificato l'assetto edilizio in corso Dante angolo via Roccabruna. L'area di via Arquata, pur non lontana dal centro cittadino, ha sofferto per molti anni in modo sempre più accentuato di un evidente isolamento dal contesto urbano (forti barriere fisiche: due rami ferroviari e la rampa di un cavalcavia, rivelando spesso anche i segni di un alto degrado edilizio e sociale, a cui si aggiungono la carenza di servizi ed attività economiche; negli ultimi anni


Il complesso, in cui vivono oggi un migliaio di famiglie, è stato ogget­to di due importanti progetti di riqualificazione edilizia ed energeti­ca, il Contratto di Quartiere e Polycity. Il Contratto di Quartiere ha permesso di realizzare un intervento di manutenzione straordinaria grazie a un finanziamento del Mi­nistero dei Lavori Pubblici, della Regione Piemonte e di Atc. Pa­rallelamente è stato realizzato Polycity, con un investimento della Commissione Europea, della Città di Torino, di Atc, del Politecnico, del Centro Ricerche Fiat e di Iride. L’intervento è stato coordina­to dall’Università di Stoccarda e finanziato dall’Unione Europea, nell’ambito programma Concerto, che ha coinvolto tre diversi quar­tieri in tutta Euroopa: un’area alla periferia di Barcellona, un’area nei dintorni di Stoccolma e le abitazioni di via Arquata. Nell’ambito del progetto sono stati sostituiti oltre 500 infissi, è sono stati instal­lati una centrale di cogenerazione per il teleriscaldamento del quar­tiere e impianti fotovoltaici per la produzione dell’energia elettrica per i servizi comuni.

Una pizzeria in zona, che fa molto ‘crocetta’, ovvero ‘radical chic’ al punto giusto è la Pizzeria Libery in Via Legnano, 8 dove viene servita una buona pizza: buon impasto e buoni ingredienti ma lungi dalla vera pizza napoletana con il cornicione alto; camerieri gentili e solleciti, prezzi un po' più alti della media per un prodotto finale che rimane comunque discreto. 

Per un gelato in zona la scelta è tra la tradizione della Latteria Gelateria Testa in Via Re Umberto, 56 (Orario 6.30 - 20. Chiusa la domenica) che offre tra i suoi gusti una deliziosa crema chantilly, a base di panna e uova, e sembra servire (insieme al gelato o da sola) la migliore panna montata alla frusta della città oppure la più giovane, ma con già con due filiali in città, gelateria Ottimo in C.so Stati Uniti, 6/c che presenta originali e buoni gusti (best: Giandujotto, Ricotta di pecora, miele e zafferano, Caffè viennese e Bunet) preparati in modo artiginiale e genuino.


Per il percorso completo e ulteriori approfondimenti: 




Nessun commento:

Posta un commento